Politica

22mila euro per ogni migrante non ricollocato? Schiavone: «Trattativa di basso profilo»

Contributi economici al posto dell’accoglienza. È questa l’ultima prova di mediazione dell’Ue. «Una mediazione inaccettabile», dice Gianfranco Schiavone, dell’associazione studi giuridici sull’immigrazione - Asgi. «Non è pensabile sostituire le quote di redistribuzione con contributi economici. In Europa siamo fermi sempre allo stesso punto: un blocco politico e culturale che non rispetta il principio di solidarietà»

di Anna Spena

22mila euro, questa sarebbe la cifra, il condizionale è d’obbligo perché il dato ufficiale non è stato ancora confermato, con cui l’Unione Europea, all’interno del meccanismo volontario di solidarietà, vorrebbe supportare gli Stati, come l’Italia, dove il numero di sbarchi è più alto. A pagare questa cifra dovrebbero essere i Paesi che si rifiutano di partecipare ai processi di ricollocamento.

«Il patto in tema di immigrazione e asilo è una questione controversa. Da anni si parla di superare il modello del regolamento di Dublino. Si è discusso di ripartizione obbligatoria, tra i vari Paesi europei, dei migranti che arrivano, si è detto che bisognava tener presente la valorizzazione dei legami significativi per chi arriva», dice Gianfranco Schiavone, dell’associazione studi giuridici sull’immigrazione – Asgi. «Ovviamente quei tentativi di riforma sono rimasti fermi, bloccati dagli Stati che i migranti non li vogliono. Il Parlamento europeo ha votato a maggioranza un testo di riforma che riprende i contenuti di fondo della riforma del 2017 (che aveva visto come prtagonista l'allora europarlamentare Elly Schlein) con un impianto più sfumato in alcuni aspetti, cercando già una "mediazione" con gli stati. La proposta che si sta facendo strada in questi giorni, di sostituire le quote di redistribuzione con contributi economici non è invece accettabile. L'Unione Europea non può accettare un' ideologia culturalmente violenta che si basa sul seguente assunto: non voglio accogliere una persona e pago perché un altro Stato lo accolga al posto mio. Come se le persone fossero un oggetto di mercato “economicamente quantificabile”. Anche solo far passare il concetto che si possa pagare perché altri accolgano di più e altri non accolgano per niente è solo una continua, inaudita e concreta resistenza al concetto di redistribuzione». In Europa siamo fermi sempre allo stesso punto: «un blocco politico e culturale che non rispetta il principio di solidarietà di cui all'art. 80 del TFUE. Che trattativa da mercato di basso, bassissimo profilo».

Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, il gruppo Visegrad, da sempre contrario alla politica di redistribuzione, si è già detto contrario alla proposta. «E cosa fa l’Italia?», dice Schiavone. «Adesso il Governo deve cominciare ad esporsi. Vuole davvero la redistrubuzione dei migranti come dice? Oppure siccome non la vogliono i suoi alleati politici, i governi nazionalisti di ultradestra, continuerà ad essere tiepido? O ancora se dovesse accettare di accogliere un maggior numero di rifugiati in Italia a fronte di un contributo economico, come spiegherà ai suoi elettori che in cambio di denaro si possono accettare quote più alte di rifugiati? Come farà a continuare ad urlare alla finta emergenza sono troppi, non abbiamo abbastanza posti in accoglienza, non possono stare tutti in italia?”».

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