Famiglia
2046, la bellezza torna a parlare
Recensione del film "2046" di Wong Kar Wai (di Andrea Leone).
di Redazione
Qual è il ruolo della parola in un film? Un film deve assomigliare più a un quadro o a un romanzo? La profondità, come ha detto qualcuno, va nascosta alla superfice? Domande simili sorgono spontanee alla visione di 2046, il cui tema, preannunciato già dal titolo, è il Tempo. Non c?è uno sviluppo narrativo vero e proprio: uno scrittore chiuso in una stanza d?albergo cerca di scrivere un romanzo di fantascienza, che si svolge nel 2046; ma la stanza 2046 è anche quella dove l?uomo si incontrava con l?unica donna veramente amata nel corso della sua vita.
Lo scrittore è attraversato da incubi e ricordi, una sorta di misteriosa, indecifrabile galleria onirica delle donne che ha conosciuto; l?uomo cerca di fuggire dal passato ma il passato lo ossessiona. La sua malattia è l?incapacità di afferrare l?istante e vivere pienamente l?esistenza; solo quando è trasformata nella dimensione della memoria riesce ad amare veramente la realtà. Wong Kar Wai cattura ogni sfumatura e ogni traccia del tempo precario in una sorta di enciclopedia della perdita, guarda una sontuosa, fascinosa architettura del nulla, legge il complesso libro dell?estinzione inarrestabile, compie un viaggio rapinoso e onirico tra kitsch e invenzione. In questo film la visione è un?avventura, che avviene da angoli inauditi, un labirinto della percezione dove gli esseri umani affondano nel mare della materia e oggetto e soggetto del vedere si scambiano i propri ruoli; ma sotto queste composizioni calcolate, si cela la ferocia sanguinosa di un eros represso. Il film ha un solo difetto: quello di essere il seguito di In the Mood for Love, lo sconcertante capolavoro che si impose qualche anno fa come portatore di una rivoluzione estetica. 2046 costituisce una sorta di amplificazione e dispiegamento delle potenzialità stilistiche di quel film, ma non sempre ne ripercorre l?oggettiva felicità.
Qualcuno potrebbe accusare un?opera come questa di manierismo, scarsa adesione alla realtà, compiacimento estetico, prevalenza di forma rispetto al contenuto, ma si potrebbe obiettare che quando l?elemento linguistico è portato avanti in termini così radicali e maniacali, esso stesso costituisce un contenuto.
Ogni singola immagine di questo film è una collezione di significati in cui ogni segno emana senso. Per molti è difficile accettare il fatto che la bellezza parli da sola, senza intermediari, elemento dominante superiore alla logica, alla retorica buonista, all?organizzazione mentale condivisa e costituita.
Andrea Leone
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