Osservo con crescente preoccupazione l’aumento dello spread fra i brezeln di Monaco e la michetta di Milano. Lo champagne, anche di mezza tacca, è inarrivabile. Un buon whisky di malto oltre ad essere merce rara segue le quotazioni del petrolio, e diventa un bene rifugio. Ripiego su cotechino con lenticchie, un dignitoso spumante di zona Franciacorta (ma non proprio di eccelso glamour), prosaiche lasagne da confezionare in casa, limitando l’uso del forno elettrico allo stretto indispensabile. Cenino di San Silvestro a quattro, io e la mia compagna assieme a una coppia di amici, più il gatto Ibra, al quale per l’occasione posso aprire una scatoletta speciale di tonno pescato a mano e cruelty free.
Lo ammetto, sono fra coloro che hanno bruscamente ridotto le spese per le Feste. Mi ha aiutato assai la temporanea situazione di mobilità ridotta, anzi ridottissima. Una vera fortuna, dati i tempi. Innanzitutto ho risparmiato sulla benzina in doppia cifra, ed è stata una sensazione gradevole, mentre dai telegiornali mi rimbalzavano i totalizzatori delle pompe di carburante, con l’immancabile servizio su quelli che fanno 200 chilometri per risparmiare e fare il pieno in Svizzera.
Ho fatto di necessità virtù, come dicevano i nonni. Mi sono alleato con l’inevitabile. Ho cercato di applicare, nel mio piccolo, strategie di sopravvivenza economica, e i risultati non sono del tutto soddisfacenti, solo perché, nonostante i miei sforzi, implacabili sono arrivate le scadenze fiscali, previdenziali, il mutuo della casa incamerato dalla banca con puntualità cronometrica, due giorni prima della mezzanotte perché non si sa mai.
Osservare il conto on line è ormai un sottile gioco d’azzardo. Cerchi di prevedere prima quanto esattamente è ancora rimasto a tua disposizione, e due volte su tre scopri di essere stato sin troppo ottimista, poi ti consoli pensando che un italiano su quattro è a rischio povertà, anche se da Cortina (esemplare servizio di Sciortino a Piazzapulita) arrivano immagini e battute degne del peggior cinepanettone dei fratelli Vanzina, autentiche coltellate nello stomaco dell’italiano medio-mediocre-che paga le tasse anche perché non può fare diversamente.
Detto questo, mi domando: che cosa succederà nel 2012? Escludendo la fine del mondo (che sarebbe comunque un incentivo fortissimo ai consumi per i primi undici mesi) vorrei tanto che il prossimo anno ci portasse lontani dalla Grande Paura. Respiriamo solo cupi presagi di sventura, nonostante i ristoranti pieni e gli aerei prenotati da Silvio e dai suoi amici. E’ tutto troppo fosco, tetro, quasi surreale. Non è la prima volta che ci troviamo nei guai. Ho abbastanza anni e ancora sufficiente memoria per ricordare l’austerity, le domeniche a piedi, il taglio drastico dei consumi, negli anni Settanta. Eppure allora la crisi venne affrontata con maggiore solidarietà e – a tratti – leggerezza e voglia di cambiamento.
Vorrei che nel 2012 ripartissimo tutti dai “fondamentali” delle relazioni umane: attenzione ai nostri cari, il tempo per una parola in più, per un gesto, per un pensiero non necessariamente costoso. La riscoperta dello stare insieme, nelle associazioni, nella vita pubblica, nei momenti di aggregazione reale e virtuale. La ricerca autentica di un senso, di una direzione, di una prospettiva. Un anno per ripensare, riorganizzare, ripartire. Anche nel lavoro, che è diventato spesso un incubo, o un sogno, o una vana speranza per troppi. Anche nel tempo libero, da difendere e coltivare, per riprendere la voglia di un buon libro, di una sinfonia, di un film da vedere insieme.
La verità è che negli ultimi vent’anni ci hanno insegnato e spinto solo a spendere, a comprare, a consumare, a invidiare, a coltivare l’estetica, anche nel corpo, nell’immagine che vogliamo o dobbiamo fornire agli altri, in un gioco di specchi crudele, che esclude dalla festa e dalla ribalta, non a caso, chi non può competere: gli anziani, le persone con disabilità, i poveri e i quasi poveri. Non credo di essere un vecchio moralista, anche a me piacciono le cose belle, gli accessori raffinati, i viaggi confortevoli, gli accessori tecnologici. Ma cerco solo di non farmi dominare dall’ansia compulsiva dei centri commerciali, dell’acquisto obbligatorio.
Un 2012 nel quale fuggire dalla paura, e ritrovarsi con un sorriso, magari un po’ malinconico, ma pur sempre un sorriso. Abbiamo ancora tante cose da fare, da dire, da mettere in comune. Auguro a tutti un anno non banale, da riempire di valori, di diritti, di buone azioni, di bei ricordi, di nuove amicizie, di gesti fraterni e solidali. Insieme, forse, ce la possiamo fare.
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