Nel 2009 l’Italia è in fondo?
?alla lista europea dei Paesi donatori di aiuti economici ai Paesi in via di sviluppo. Lo stanziamento per la cooperazione è stato di meno di 3 miliardi di euro, pari allo 0,16 % del Pil. Il tutto a fronte di una media europea dello 0,44%. Da un lato dei 25 membri UE ci sono Lussemburgo, Norvegia e Svezia che dedicano agli aiuti oltre l’1% del loro Pil, dall’altro il “Belpaese”, fanalino di coda dietro a Grecia, Portogallo, Malta e Cipro. A dircelo è il rapporto «L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo» dell’ong ActionAid: 40 pagine in cui vengono esaminati i pochi pregi e le crescenti lacune dell’impegno italiano nella cooperazione internazionale, «soprattutto alla luce delle promesse fatte al G8 dell’Aquila: contribuire con 450 milioni di dollari al programma Afi – Aquila food initiative, attuare nuovi strumenti per aumentare l’aiuto allo sviluppo italiano (che nel 2009 è risultato il 56% in meno rispetto all’anno prima, ndr)». Il report, che ha l’eloquente sottotitolo «2010, cala il sipario», misura anche l’interesse calante dei politici verso la cooperazione. Spazio, infine, ai “voti” che danno 12 dei 110 Paesi partner all’aiuto italiano: nel complesso, il giudizio è insufficiente. Insomma, una bocciatura secca, senza se e senza ma.
Oltre alla quantità, anche la qualità?
?dell’aiuto italiano non sempre eccelle. Almeno questo veniva da pensare martedì 15 giugno nel vedere le manifestazioni di protesta di fronte alla Farnesina da parte di un folto gruppo di ong. Obiettivo? Cercare di convincere il ministro Frattini a non concedere un credito d’aiuto di 250 milioni di euro richiesto dal governo etiope per la realizzazione della diga Gibe III. «Una diga controversa», spiega Stephen Corry, direttore generale di Survival International, «che se verrà finita segnerà la condanna a morte delle tribù della bassa valle dell’Omo, un luogo riconosciuto dall’Unesco come “Patrimonio dell’Umanità”. L’Italia non deve farsi complice di questo disastro». Dopo la manifestazione è stata consegnata alla direzione della Cooperazione italiana una petizione contro la diga, firmata da oltre 300 associazioni tra cui Crbm-Mani tese, l’Associazione ong italiane, Cipsi, Cocis, Cini e Link 2007 – il network che raggruppa Avsi, Cesvi, Cisp, Coopi, Cosv, Cuamm, Gvc, Icu, Intersos e Lvia. A rischio la vita di 200mila persone che vivono nella regione.
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