Non profit

2000: il non profit parlerà in digitale

«Il volontariato e la Rete sono destinati a camminare assieme. Arriveranno i portali delle grandi associazioni, con le loro battaglie.

di Federico Cella

Internet e il non profit: due percorsi simili, due strade parallele di partecipazione diffusa e attiva della società civile, che un giorno potranno, o forse dovranno, incontrarsi. Il panorama americano, in tal senso, è già ricco di virtuosi esempi di reciproche contaminazioni tra il mondo digitale e quello della solidarietà: vi suggeriamo, per esempio, di visitare i siti I Give www.igive.com, Net-Aid www.netaid.org e OneWorld www.oneworld.org. In Italia, invece, a fronte di un’ancora limitato numero di utilizzatori della Rete – fra i 3 e i 5 milioni a fine anno, di cui però un buon 10% con la bussola puntata sull’area non profit -, le realtà del Terzo settore presenti in Internet sono ancora poche e poco sviluppate.
Ma anche nel nostro Paese il futuro della partecipazione sociale non potrà che parlare digitale. Con quali modalità? E, soprattutto, con quali conseguenze? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Marescotti, uno dei creatori di Peacelink, la rete telematica per la pace nata nel 1991, che si propone come dei più maturi soggetti della Rete italiana.
Fra cinque anni. «Bisogna distinguere due settori diversi, che potremmo definire del “non profit organizzato” e del “volontariato puro”. Due settori che determinano uno sviluppo diverso della relazione fra la Rete e la società civile. Quest’ultima, in una fase iniziale, potrà non essere sufficientemente matura per utilizzare al meglio lo strumento telematico. Allora potrebbe accadere che gli utenti inizino a comunicare fra loro in modo orizzontale, ma senza regole: tutti lanciano messaggi, creano campagne e perorano cause senza ascoltarsi, senza compartecipare. In questo scenario di confusione improduttiva, le grandi associazioni, che all’inizio saranno spiazzate perché internet è disintermediazione, dovranno scendere in campo per coordinare questa Babilonia digitale. Fra cinque anni potrebbe quindi accadere che un limitato numero di realtà forniscano dei “portali” per l’utente che vuole ritrovarsi nella dispersione delle informazioni».
Fra dieci anni. «La società civile inizierà quindi ad assumere una propria consapevolezza telematica. Allora si aprirà la possibilità di uno scenario che vede Internet come uno spazio fatto di movimenti nascenti: i diversi membri della società civile che sentono loro uno stesso problema, si incontrano in Rete e danno vita a una campagna comune. Un movimento che parte dal basso, destinato continuamente a esaurirsi e a rinnovarsi.
In questo modo prenderebbe vita una nuova forma di volontariato, il volontariato dell’informazione, dove non esiste più la funzione dell’associazione nazionale, ma entrano in azione dei singoli gruppi che hanno la caratteristica di essere delocalizzati. I cittadini potranno finalmente uscire dal loro ruolo passivo e diventare dei redattori sociali. Dando un significato definitivo al concetto di società civile».

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