Non profit

20 miliardi all’anno d’intermediazione filantropica negli USA

di Bernardino Casadei

La crescente importanza dell’intermediazione filantropica nella costruzione di un nuovo welfare non nasce solo da considerazioni filosofiche, ma è suffragata dai dati empirici. Si tratta di una crescita che si manifesta sia dal lato dell’offerta, sia dal lato della domanda. Le organizzazioni che offrono servizi di intermediazione filantropica si stanno moltiplicando, articolandosi in un crescente numero di diverse tipologie e diffondendosi in tutti i continenti. Nel contempo i cittadini e le imprese che decidono di utilizzare l’intermediazione filantropica per conseguire i loro obiettivi caritatevoli sono sempre più numerosi, così come le somme da loro impiegate attraverso questo strumento.

Particolarmente interessante è l’analisi della situazione negli Stati Uniti, indubbiamente il punto di riferimento della filantropia istituzionale. Secondo il 2015 Donor -Advised Fund Report[1] pubblicato dal National Philanthropic Trust[2], un intermediario filantropico costituito nel 1996 che in meno di vent’anni ha raccolto oltre 5 miliardi di donazioni di cui circa uno nel solo 2015[3], la crescita dei fondi con diritto d’indirizzo, lo strumento principe dell’intermediazione filantropica, è stata impressionante. Dal 2010 al 2014 questi fondi hanno raccolto donazioni per 70,62 miliardi di dollari, passando dai 9,35 miliardi del 2010 ai 19,66 del 2014 con una crescita di oltre il 110 percento. Un’evoluzione analoga è riscontrabile anche per quel che riguarda il patrimonio di questi fondi che è passato in 5 anni da 33,60 a 70,70 miliardi.

Alla fine del 2014 esistevano negli Stati Uniti ben 238.293 fondi con diritto d’indirizzo con una crescita di circa il 30% rispetto al 2010 e del 8,81% se confrontati con l’anno precedente. A tal proposito è interessante notare come l’intermediazione filantropica stia diventando l’opzione preferita per i donatori americani. Le fondazioni private non raggiugono le 90.000 unità e hanno avuto una crescita nel 2014 del 3%, mentre il numero delle diverse forme di trust è addirittura sceso rispetto ai dati dell’anno precedente. Naturalmente il patrimonio gestito dalla fondazioni private è molto più consistente rispetto a quello dei fondi, circa 10 volte tanto, ma anche da questo punto di vista può essere opportuno notare che, mentre il patrimonio delle prime è cresciuto nel 2014 del 6,3% (pari a 41 miliardi di dollari), quello dei fondi ha avuto un incremento del 23,9% (quasi 14 miliardi di dollari).

Lo sviluppo del numero dei fondi con diritto di utilizzo è avvenuta parallelamente alla diversificazione degli intermediari filantropici. Se, infatti, vent’anni fa le uniche organizzazioni che offrivano questa tipologia di servizi erano praticamente solo le fondazioni di comunità, alla fine del 2014 esse non rappresentavano che il 27% dei fondi con diritto d’indirizzo esistenti negli Stati Uniti e circa un terzo delle donazioni raccolte e dei contributi erogati. Accanto alle fondazioni di comunità sono infatti sorti ben 48 intermediari che operano su scala nazionale. Si tratta di organizzazioni spesso create da istituti finanziari con l’obiettivo di offrire servizi filantropici ai loro clienti.

Apripista è stata la società d’investimenti Fidelity che attraverso la sua Fidelity Charitable[4], costituita nel 1991, ha erogato per iniziative di pubblica utilità in 24 anni oltre 22 miliardi di dollari di cui più di 3 solo nel 2015. Se si pensa come al 30 giugno 2015 le donazioni raccolte dalla sua costituzione erano pari a quasi 31 miliardi di dollari[5] di cui oltre 4,6 solo nell’ultimo anno[6], con una crescita rispetto al precedente di quasi il 20%, apparirà evidente l’enorme successo di una strategia che, oltre a catalizzare importanti risorse per finalità d’utilità sociale, ha certamente contribuito alla crescita, anche imprenditoriale, di questa società, la quale è incaricata della gestione finanziaria delle donazioni raccolte in attesa che vengano erogate, il che le ha permesso di generare ulteriori 4,2 miliardi di dollari con cui integrare le erogazioni per finalità d’utilità sociale.

Un’ultima tipologia di istituzioni che offrono servizi di intermediazione filantropica è data da enti aventi una finalità specifica. Si tratta di università, di organizzazioni a sfondo religioso come le federazioni ebraiche o di enti che perseguono degli obiettivi ben definiti in ambito ambientale, di promozione della giustizia sociale, di intervento in caso di calamità e emergenze internazionali. Benché l’utilizzo di tali intermediari sia continuato a crescere in termini assoluti, in questi ultimi anni la loro quota del mercato dell’intermediazione filantropica si è ridotta. Così, se nel 2011 essi avevano raccolto 2,72 miliardi di donazioni, pari ad oltre il 26% del totale, i 3,51 miliardi del 2014 rappresentano meno del 18% di quanto complessivamente catalizzato dagli intermediari filantropici.

L’esperienza americana mostra chiaramente come lo sviluppo di un’infrastruttura volta ad incentivare l’intermediazione filantropica possa rivelarsi un ottimo investimento, anche economico, oltre che sociale, trattandosi di un settore in cui l’offerta genera la domanda. In particolare, attraverso lo sviluppo di sinergie con le istituzioni finanziarie, è possibile mobilitare consistenti risorse per perseguire finalità d’utilità sociale e nel contempo mettere al servizio del bene comune competenze ed energie che troppo spesso hanno avuto delle evidenti responsabilità nell’innescare le crisi che hanno caratterizzato questi ultimi anni e da cui non siamo ancora usciti.

[1] http://www.fondazione-comasca.it/wp-content/uploads/2015/12/donor-advised-fund-report-2015.pdf

[2] http://www.nptrust.org/

[3] http://www.nptrust.org/annual-report/contributions.html

[4] http://www.fidelitycharitable.org/

[5] http://www.fidelitycharitable.org/2015-annual-report/investment-growth.shtml

[6] http://www.fidelitycharitable.org/docs/2015-Annual-Report.pdf

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