Formazione

18 anni nel 2018

A scuola, nel cantiere della vita

di Luca Doninelli

L’ombra del fotografo che si stampa a terra, lì, a sinistra, non turba l?allegria di una scolaresca russa molto mista, con la supermamma stanca che tiene per la mano una bambina allegrissima, che a sua volta stringe quella di un bambino più grande, il quale si sente già adulto e regge il fascio d?erba tentennando la testa, come chi ne ha viste già tante. Scuola, andare a scuola.

Che cos?è? Programmi ministeriali, progetti pedagogici, riforme, controriforme? Scuola all?antica, scuola all?avanguardia? Tutte parole che passeranno. Quello che non può passare, quello che è coetaneo all?Uomo, è quello che vedete in queste immagini splendide.

La scuola egiziana multicolore tutta tappezzata di immagini e disegni. La smorfia di una bambina cinese, tutta tesa nell?attenzione, tutta proiettata fuori da se stessa, verso il mondo, verso l?universo. Le facce da bulletti di due ragazzini giordani nascosti dietro i loro zaini di marca. La straordinaria bellezza di quei bimbi del Bangladesh, in una scuola fatta di giunchi, così orgogliosi di sapere la risposta giusta. Quelle facce intente a segnare parole su un quaderno. Parole arabe, cinesi, latine, cirilliche: non conta l?etnia, conta il gesto. Dalla multiculturalità, dalla multietnicità, dal melting-pot alla cultura del gesto, dell?azione. Trasmettere conoscenze è come dare da mangiare. Semplificare, semplificare. Il cuore dell?uomo è uno solo, dietro occhi malesi o parigini. È nell?azione, nel gesto che l?uomo, ossia il cuore, si rivela, bisogna perciò comprendere l?azione, farla propria. Quei bambini sono tutti figli nostri.

Che splendida immagine quella dei due fratelli di Bagdad che vanno a scuola. Non pensiamo all?autobomba che potrebbe ucciderli di lì a qualche metro. Pensiamo al fratellino più grande, che cammina un passo avanti alla sorellina, e canta una canzone a squarciagola. Di cosa parlerà quella canzone? Di vittoria, credo: quella, ad esempio, della squadra del cuore. O dell?eroe preferito dei cartoon.

Non sono stato anch?io come quel bambino? Non siamo stati tutti come lui? Non sentiamo la sua canzone bruciarci nel petto, qui, adesso? Di una promessa di gioia infinita? Spesso però qualcosa interviene a corrompere quella semplicità nativa, e all?allegria commossa si sostituisce un tormento rabbioso. Come è accaduto a me davanti all?immagine della bambina brasiliana che, sotto gli occhi della sua bella maestra, sfila come su una passerella camminando come una modella, sognando il giorno in cui i guru della moda saranno lì a contare i suoi passi. Sognando il giorno in cui qualcuno, semplicemente, la comprerà.

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