Welfare

171 suicidi nel 2009

Eguagliato il record del 2001. L'ultimo caso è quello di un detenuto che si è impiccato venerdì scorso

di Lorenzo Alvaro

Marco  Toriello, 45 anni, tossicodipendente, gravemente ammalato, venerdì scorso  si è ucciso impiccandosi nella sua cella del carcere di Salerno. Si tratta  del sessantanovesimo recluso che si toglie la vita dall’inizio dell’anno.  Viene così eguagliato il triste “record” del 2001: il numero più alto di  detenuti suicidi nella storia della Repubblica. Il totale dei detenuti  morti nel 2009 sale così a 171. A renderlo noto è il Centro Studi di Ristretti Orizzonti. Anche  per Marco, come in altri casi recenti, i famigliari non credono al  suicidio e vogliono che la magistratura intervenga, disponendo  un’indagine. E se è vero che ogni nuova morte in carcere si presta ad  alimentare sospetti e polemiche (e i parenti hanno il sacrosanto diritto  di chiedere e ottenere una verità certa), l’attenzione alla singola  vicenda non deve far dimenticare che le “morti di carcere” rappresentano  sempre e comunque una sconfitta per la società  civile. Negli ultimi 10 anni nelle carceri italiane sono morte 1.560 persone, di queste 558 si sono suicidate. Per la maggior parte si trattava di persone  giovani, spesso con problemi di salute fisica e psichica, spesso  tossicodipendenti.
Ma è davvero scontato ed inevitabile che i detenuti muoiano, seppur giovani,  con questa agghiacciante frequenza di 1 ogni 2 giorni?
No, assolutamente  no! I  morti sarebbero molti meno se nel carcere non fossero rinchiuse decine di  migliaia di persone che, ben lontane dall’essere “criminali  professionali”, provengono piuttosto da realtà di emarginazione sociale,  da storie decennali di tossicodipendenza, spesso affette da malattie  mentali e fisiche gravi, spesso poverissime. Oggi  il carcere è pieno zeppo di queste persone e il numero elevatissimo di  morti ne è conseguenza diretta: negli anni 60, come dimostra la ricerca  allegata, i suicidi in carcere erano 3 volte meno frequenti di oggi, i  tentativi di suicidio addirittura 15 volte meno frequenti e non certamente perché a  quell’epoca i detenuti vivessero meglio. Oggi  il 30% dei detenuti è tossicodipendente, il 10% ha una malattia mentale,  il 5% è sieropositivo hiv, il 60% una qualche forma di epatite, in carcere  ci sono paraplegici e mutilati, a Parma c’è una sezione detentiva per  “minorati fisici” e si potrebbe continuare. Le  misure alternative alla detenzione vengono concesse con il contagocce: prima dell’indulto del 2006 c’erano 60mila detenuti e 50mila condannati in  misura alternativa; oggi ci sono 66mila detenuti e soltanto 12mila persone  in misura alternativa. Più  della metà dei detenuti sono in attesa di giudizio, mentre 30.500 stanno scontando una condanna (vedi allegato): di questi quasi 10mila hanno un  residuo pena inferiore a 1 anno e altri 10mila compreso tra 1 e 3  anni. Molti  di loro potrebbero essere affidati ai Servizi Sociali, anziché stare in  cella: ne gioverebbero le sovraffollate galere e, forse, anche la conta  dei “morti di carcere” registrerebbe una pausa.


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