L’assenza del padre lascia un vuoto incolmabile nei figli. Mi ha molto colpito, a venti anni dalla sua morte, che Fabrizio De André abbia risposto alla domanda “Qual è il desiderio che vorresti realizzare? Sicuramente, in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, rincontrare mio padre."
Il processo di svalutazione del padre non abbraccia solo una dimensione individuale, ma anche quella più ampia: sociale. Una società senza padre è una società che rifiuta l’autorità, nonché il senso religioso e dunque la capacità di dare un significato, una traccia ben definita alla propria esistenza.
Per me non è stato così. Anche nel periodo adolescenziale, anche quando sembrava non ci fosse alcuna comunicazione, anche quando le preoccupazioni della vita prendevano il sopravvento sulle emozioni, il padre è stato un preciso punto di riferimento, un ormeggio sicuro nella tempesta della vita.
“Abbi pazienza” dicevo a mio padre, “nella mia vita è successo qualcosa di fantastico e inspiegabile. Ho scoperto l’amore e ho ritrovato la serenità. Abbi pazienza con me, cerca di capirmi e soprattutto prega per me, affinché io riesca a trovare la mia strada, la strada che Dio mi indicherà”
Il 2005 è stato un anno molto particolare, perché ho vissuto il distacco da mio padre, ed ho compreso che aveva segnato la mia vita molto più di quanto mi fossi potuto accorgere. Ma, soprattutto, la riempie ogni giorno di nuovi valori ed insegnamenti, ancora sono vive e presenti le cose che ci ha detto della sua vita e quelle che abbiamo vissuto insieme. Quello che sono oggi, anche come padre, è la traccia di ciò che lui ha vissuto:
La guerra, per ricordare sempre il sentimento di pace, di perdono, di tolleranza, di fratellanza.
La fame e la precarietà, per ricordarci di vivere del necessario, senza sentimenti di arroganza e di arrivismo
La perseveranza, che hai maturato conseguendo la Laurea nonostante le mille difficoltà morali e materiali, in viaggio e lontano da casa
La solidarietà, che ti ha portato a scegliere gli ultimi e ad accoglierli nel tuo cuore e nelle tue opere
La famiglia, come luogo dell’amore profondo che supera ogni ostacolo ed ogni incomprensione
Da tutte queste cose, ho maturato un profondo senso di giustizia, che mi ha portato sempre a lottare per costruirla e preservarla.
La sua “traccia” adesso è unita alla mia, mi sento chiamato a lasciare ai miei figli un tempo “dopo il Padre”, in cui possano seguire la mia “traccia”, l’insieme dei momenti spesi per il Bene. È la stessa traccia lasciata per noi da chi ci ha preceduto, nella considerazione di quanto sia effimero il nostro tempo e di quanto valga la pena di viverlo per consegnarlo a chi verrà dopo di noi.
Questi 15 anni “dopo il Padre” per me sono stati una lunga e dolce carezza, quella che ci siamo scambiati sul letto del dolore, del passaggio, del silenzio. Quella che ancora sento quando ti penso, quando ti ascolto, quando ti annuso. Cosa potevi desiderare di più del grande amore che hai ricevuto, della profonda compassione sul tuo povero corpo martoriato lungo i sentieri della tuta dolorosa malattia, dell’enorme dignità e serenità con cui hai condotto tutta la tua vita e con tutti noi al tuo fianco.
Cosa posso desiderare io oggi, “15 anni dopo il padre” se non di proseguire lungo la traccia che hai lasciato e ribadire l’importanza del padre per ogni figlio e l’importanza di un figlio per ogni padre.
Vorrei dire a tutti coloro che – per qualsiasi ragione – immaginano che una persona cara possa vivere e morire in una struttura di ricovero, che è un errore imperdonabile, il cui senso si potrà comprendere solo quando il distacco sarà avvenuto…il filo che lega la vita non si può spezzare, anche quando tutto sembra dire il contrario.
Così il mio sguardo si perde nell’infinito mare del ricordo e vengo ancora bagnato di lacrime di rugiada, sapendo che ci sarà un nuovo incontro, un nuovo giorno, un punto di approdo per noi.
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