Mondo

13 aprile: dimenticato il mondo

In campagna elettorale i grandi assenti sono stati i temi internazionali. Come se l'Italia fosse un'isola. La denuncia delle riviste missionarie

di Emanuela Citterio

In campagna elettorale i grandi assenti sono stati i temi internazionali. Come se l?Italia fosse un?isola. A denunciarlo sono le tre principali riviste missionarie, contemporaneamente, negli editoriali del mese di aprile.

«La sensazione è che abitiamo mondi diversi. Che ci separi un?abissale distanza nel leggere fatti e fenomeni che segnano la vita quotidiana, uno scarto incolmabile fra quel che per noi è prioritario e quello che i politici nostrani considerano importante» scrive Gerolamo Fazzini, condirettore di Mondo e Missione edita dal Pime. «È la sensazione provata nelle settimane che hanno preceduto il voto del 13 aprile. Al di là delle posizioni specifiche dei rispettivi schieramenti, avvertiamo una complicità dif¬fusa nella classe politica, il vero, preoccupante «grande inciucio»: pensare e far pensare che le sorti dell?Italia si decidano (tutte e solo) a Palazzo Chigi e dintorni».

«C?è un errore di prospettiva che vizia tutti i discorsi. Come se l?Italia fosse quella degli anni Ottanta, quando gli extracomunitari non rappresentavano – come accade oggi – il 9 per cento del Pil nazionale. Come se non ci fosse mai stato l?11 settembre (e il problema di misurarsi con la galassia islamica a 360 gradi). Come se la globalizzazione fosse una mera ipotesi accademica. Come se tutti i problemi del Paese si risolvessero nel far quadrare i conti dell?economia».

La rivista dei gesuiti Popoli elenca cinque punti che ritine sotto-considerati in queste elezioni. Nell’ordine: Quale politica dell’immigrazione? Nel nostro Paese il fenomeno migratorio viene ancora gestito in termini emergenziali (sbarchi, sicurezza, sanatorie); eppure, da tempo, che l’Italia, da nazione di emigranti, si è trasformata in meta di immigrazione. Si fatica a capire quale modello di convivenza tra differenti culture, religioni e identità si intenda perseguire. Quale politica estera? Si chiede Popoli. E ancora: Quale sviluppo per il Sud del mondo?Quale sviluppo per l’Italia? E infine: Quale politica? «Senza una riscoperta dell’agire politico come servizio al bene comune, il nostro Paese non potrà che proseguire il suo inesorabile declino, morale prima ancora che economico» conclude l’editoriale di Popoli.

Anche Nigrizia, la rivista dei comboniani sull’Africa, in un editoriale di fuoco denuncia le attese frustrate, citando gli obiettivi del millennio, la mancata riforma della cooperazione, e ancora, una mancanza di visione su come gestire il fenomeno migratorio.

«Pensare globalmente, agire localmente, ci hanno insegnato. Vuol dire, in questo caso, andare alle urne per il Parlamento italiano con l?obiettivo di scegliere politici che, innanzitutto, abbiano coscienza degli scenari attuali, in costante e vorticosa mutazione» scrive Fazzini.

«E l?Africa? Forse che la sorte del continente più povero del mondo non si intreccia col destino di una Penisola che si allunga nel Mar Mediterraneo e sulle cui coste sbarcano ogni anno migliaia di disperati? Forse che il «Rinascimento africano», faticosamente perseguito, non dovrebbe entrare nell?agenda politica di un Paese come l?Italia, per non dire dell?Unione Europea?»

Ma l’editoriale di MM chiama in causa anche le responsabilità della chiesa.

«Ebbene, ci saremmo aspettati un soprassalto della coscienza dei credenti e dei loro pastori. E invece constatiamo un deficit di profezia della Chiesa italiana. Non è un po? poco – a parte il doveroso richiamo alla centralità della questione-vita e l?appello in difesa del ruolo della famiglia – proporre solo un patto bipartisan contro il carovita? Sarà anche un segno concreto di attenzione alle fasce deboli. Ma ci pare tradisca un orizzonte di riferimento provincialistico.
Dov?è finita la Chiesa «esperta in umanità», la Chiesa che apriva gli orizzonti al mondo, ai «popoli della fame»? Dov?è finito lo slancio profetico del Giubileo, sull?onda del quale la comunità ecclesiale si impegnò in una significativa e capillare iniziativa contro il debito estero dei Paesi poveri? Oggi le priorità sono altre, si dice: la «questione antropologica» in testa a tutte.
Non saremo noi a sottovalutarne l?importanza. Ma possiamo dimenticare che in Italia ci sono ormai quasi quattro milioni di immigrati? Che sui banchi di scuola, accanto ai nostri figli, aumenta costantemente il numero di ragazzi magrebini, cinesi, dell?Est Europa e via di questo passo? Come si fa a non tener conto di una variabile che sta già da tempo ridisegnando a fondo i contorni della nostra convivenza sociale?
Oltre quarant?anni fa don Lorenzo Milani scriveva: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l?avarizia». Pensare di «salvare l?Italia» immaginando di perseguire esclusivamente il suo-nostro bene sarebbe avarizia. Di più: un?illusione pericolosa».
«O ci salviamo tutti insieme, oppure saranno guai per tutti»conclude la rivista del Pime.

Gli editoriali completi:
Mondo e Missione
Popoli
Nigrizia

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