Politica

13 agosto 2003:una rivoluzione

Nuovi scenari per la responsabilità sociale.

di Francesco Maggio

Blitz di ferragosto? L?inizio di una rivoluzione? Oppure un ?passaggio? burocratico come tanti altri? Appena un piccolo passo di un impervio cammino? Forse è ancora troppo presto per poter esprimere un giudizio esaustivo sull?approvazione, il 13 agosto scorso a Ginevra, da parte della sottocommissione delle Nazioni Unite sui diritti umani, del documento che prevede norme molto stringenti in fatto di responsabilità sociale d?impresa. Ma una prima pietra miliare è stata posta. Il granello di sabbia che potrebbe inceppare i meccanismi (apparentemente inarrestabili) del cosiddetto capitalismo selvaggio, si è in questi comunque intrufolato. Il testo, infatti, denominato Norms on the Responsibilities of Transnational Corporations and other Business Enterprises with regard to Human Rights, stabilisce che le aziende che non rispettano l?ambiente e i diritti umani saranno passibili di sanzioni così come lo sono oggi gli Stati che commettono simili violazioni. Si tratta, hanno sottolineato in un comunicato congiunto le 80 organizzazioni non governative (in rappresentanza di oltre un migliaio) che si sono mobilitate per l?adozione del provvedimento, di un?interpretazione autorevole della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Mentre finora le norme internazionali sui diritti umani, dicono le ong, si rivolgevano solo agli Stati, ritenuti responsabili della loro applicazione, i mutamenti dell?economia e il potere sempre più incisivo delle multinazionali, hanno imposto un adeguamento dei principi della Dichiarazione universale allo specifico settore economico. «Il tratto più innovativo di questa decisione», spiega Giovanni Moro, presidente della Fondazione per la cittadinanza attiva e autore, insieme ad Alessandro Profumo, di Plusvalori (Baldini & Castoldi), volume dedicato alla responsabilità sociale d?impresa, «risiede non tanto nella circostanza che alle imprese viene chiesto di rispettare i diritti umani. Gli ?appelli? ad andare in questa direzione non sono nuovi. Quanto, piuttosto, nel fatto che la corporate social responsibility acquista valore di norma cogente come quelle che riguardano i crimini contro l?umanità, nell?ambito di un quadro di norme sovranazionali che non dipendono dall?ordinamento dei singoli Stati. «Purtroppo finora», aggiunge Moro, «ciò che è mancata è stata proprio la cogenza delle norme, lo stesso Global Compact che pure, a mio avviso, ha molti pregi, ha questo problema: noi, per esempio, come suoi membri, abbiamo posto alle Nazioni Unite il problema del comportamento nella vicenda Enichem di Priolo dell?Eni, gruppo che aderisce al Global Compact». Ora, il documento approvato un mese fa, comincia il suo iter per l?approvazione definitiva che non si prospetta né facile né breve. Tuttavia la macchina si è messa in moto. «Cinquant?anni fa», afferma Moro, «quando è stata emanata la Carta dei diritti fondamentali dell?uomo, nessuno avrebbe mai immaginato che sarebbe stato istituito un tribunale chiamato a giudicare sulla base di quelle norme». Un paragone che è un gran bell?auspicio.


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