Politica

12 settembre

di Franco Bomprezzi

12 settembre. Il giorno dopo. Un giorno qualunque. Nel 1973 avevo 21 anni. L’11 settembre fu il giorno del golpe in Cile. La fine del socialismo di Salvador Allende. Una delle mie utopie possibili finiva nel sangue. Lo ricordo bene, come tanti della mia generazione. Nel 2001 sappiamo tutti che cosa successe a New York. Avevo 49 anni  e molte delle utopie si erano consumate. Ma il vero problema, in entrambi i casi della storia, è il giorno dopo. Il giorno nel quale ti interroghi sul senso della vita. Della tua vita. Non di quella delle vittime più o meno illustri. Non quella della Storia globale del mondo. No, proprio la tua, di singolo individuo immerso qui e oggi nella storia con la “s” minuscola. Alle prese con la mediocrità di una cittadinanza non illustre, ma che per te è l’unica forma di vita conosciuta e in qualche modo organizzata.

Noi tutti, cittadini del mondo normale, ricominciamo ogni giorno come se fosse il 12 settembre. Restiamo attoniti di fronte ai grandi eventi planetari, che ci vengono distribuiti in megaschermo e in alta definizione, come spettacoli imperdibili. Ci rendiamo conto che alcune cose accadono in modo a volte inesplicabile, determinate da comportamenti incredibili, di gruppi organizzati, di eserciti irregolari che si muovono in cerca di egemonie primordiali. Ma sappiamo che non ci riguardano, che non ci possiamo fare niente. Noi dobbiamo vivere e dare un senso alla nostra esistenza terrena ben sapendo che sarà molto difficile entrare nella Storia, quella dei Grandi della Terra. Rimaniamo abbacinati dalla luccicanza degli eventi drammatici, forse perché in qualche misura, almeno per un attimo, possiamo considerarci protagonisti, ricordiamo esattamente che cosa stavamo facendo mentre cadevano le Torri Gemelle, possiamo parlarne con gli amici, con i vicini di casa, e commentare un fatto che appartiene al globo e alla memoria collettiva.

Ma il 12 settembre ci sentiamo meno importanti, alle prese con i conti di casa, con il lavoro precario, con le difficoltà familiari e personali, con la mancanza di un progetto di vita da condividere. Eppure è il 12 settembre il giorno più importante. Quello in cui dare un senso a questa storia, la nostra. Riscoprire, ad esempio, le relazioni umane più prossime. I gesti di affetto, la condivisione umana, le operazioni quotidiane che implicano, comunque, una nostra responsabilità di cittadini, di esseri umani. Per chi ha una fede è più facile, perché c’è la possibilità di legare direttamente la propria storia personale a un disegno divino, che ci rende persone uniche e irripetibili, importanti e decisive per quell’altra Storia, quella universale, che resta avvolta nel mistero, ma che, a tratti, ci illumina attraverso squarci di luce improvvisi.

Il 12 settembre tutti noi possiamo reagire di fronte all’annichilimento della globalizzazione dei sentimenti, che si nutre della retorica della vita e della morte. Certo non posso non commuovermi ancora adesso pensando ai morti innocenti delle Twin Towers, ma rimane aspro il contrasto con l’oblio di tutti gli altri morti altrettanto innocenti che in questi dieci anni hanno segnato le tante Storie delle guerre “umanitarie”.

E poi c’è questa sensazione evidente di non contare nulla, di essere del tutto impotenti di fronte agli accadimenti universali che comunque condizionano, poi, la nostra esistenza di persone normali. Non è così. Dobbiamo dedicare il 12 settembre al cittadino anonimo, al protagonista della quotidianità, fatta di gesti, di abitudini, di consumi, di scelte, di relazioni umane, di attenzione agli altri. I nostri eroi sono i volontari, sono le persone più fragili e silenziose, sono i lavoratori che non rinunciano a combattere in trincea, nella scuola, in fabbrica, in ufficio, nei servizi pubblici, nella comunicazione. A volte noi tutti vorremmo essere protagonisti e testimoni di eventi eccezionali. Vorremmo poter dire: “Io c’ero”. Ma nella lotteria dell’esistenza è assai più probabile essere spettatori, nelle ultime file. Ma non per questo la nostra vita vale meno. Non per questo. Auguri a tutti, per il 12 settembre. Andiamo avanti.

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