Formazione

11settembre: parola alle immagini

A colpi di flash dentro la storia. Un anno fa nasceva una piccola agenzia fotografica. Si chiama "VII" perché 7 sono i fotografi che ne fanno parte.

di Redazione

L?11 settembre il mondo si è svegliato di fronte all?inferno di Ground Zero. L?immagine simbolo di quel giorno, che spalancò la porta dell?inferno alle coscienze dei cittadini dei Paesi ricchi, fu scattata da James Nachtwey, fotoreporter americano che in quelle ore si trovava a pochi passi dalle Torri che crollavano: nei suoi scatti le nubi di fumo di un cielo pesante come il piombo sembrano schiacciare impassibilmente le Twin Towers. Da quel flash nacque l?agenzia fotografica VII. Ancora una volta un numero (come 11/9 e Ground Zero), per identificare una frattura insanabile e un modo diverso, più maturo e coerente, di utilizzare le immagini. Perché se siamo stati capaci di commuoverci per il disastro di New York, altrettanto dovremmo fare per la guerra civile che da anni devasta Kabul e affama il suo popolo o per l?inarrestabile mattanza di uomini, donne e bambini di Israele e Palestina. Allora i 7 fotografi dell?agenzia (oltre a Nachtwey, Alexandra Boulat, Antonin Kratochvil, Christopher Morris, Gary Knight, John Stanmeyer e Ron Haviv) provenienti da ogni angolo del globo, da Parigi a Hong Kong, da Mosca alla Florida, propongono una rassegna d?autore per raccontare l?anno che ha cambiato il modo di pensare e di osservare le cose. E quindi di fianco all?espressione angosciata di un Bush che a bordo dell?aereo presidenziale pare ricordare quando fu costretto per ore sullo stesso veivolo, mentre la sua gente disperata si buttava a testa in giù dai grattacieli infuocati, hanno almeno la stessa dignità di raccontare il mondo con le immagini della preghiera antiamericana delle donne pakistane di Quetta o lo sfondo devastato di Kabul al passaggio di una vecchia bici. La mostra di Verona rappresenta con maestria ed equilibrio la tragedia di un pianeta incapace di convivere.


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