Il 5 febbraio una carovana di mille donne si è mossa in bus da Istanbul, Ankara e altre città della Turchia per raggiungere Diyarbakir, il capoluogo ufficioso del Kurdistan turco, e monitorare la situazione.
“Women for peace initiative”, donne per la pace, è un’iniziativa spontanea di attiviste della società civile, della comunità LGBTI turca, giornaliste e donne comuni, organizzata in solidarietà con le donne di che vivono nelle aree curde sotto il coprifuoco imposto dall’esercito turco. All’iniziativa si è affiancata una campagna online di raccolta firme per richiedere un cessate il fuoco, a cui hanno aderito più di 5000 donne.
La delegazione è la più grossa finora giunta nel Sud-est dallo scoppio del conflitto a fine luglio 2015, quando il governo turco ha iniziato a bombardare alcune postazioni del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), rompendo il processo negoziale in atto dal 2013 e dichiarando guerra aperta a quelle città curde che il mese successivo avevano dichiarato “autonomia dalla Turchia” in alcuni quartieri cittadini.
E’ il caso di Cizre, Silopi, Silvan, Yuksekova, Nusaybin e Diyarbakir, dove le unità giovanili urbane del PKK, le YDG-H combattono una guerra urbana contro le forze turche.
Il PKK è considerato un’organizzazione terrorista dalla Turchia, che cerca di contrastare ogni tentativo del movimento non solo di guerriglia, ma anche della fascia moderata e politico-istituzionale, il partito curdo dei Popoli (HDP), di ritagliarsi un maggiore spazio di autonomia locale.
“Pace”, “verità”, “negoziati”: questi gli slogan della marcia, soprattutto rivolta alle donne che abitano nel quartiere di Sur, il centro storico del capoluogo, cintato da alte mura bizantine, che dallo scorso novembre è sotto assedio. A meno di due chilometri dal raggruppamento, il suono degli spari che provengono da Sur echeggia ripetutamente.
Alla fine di gennaio 2016 sono 29 le donne che hanno perso la vita nel conflitto nel Sud-est turco, che in tutto ha mietuto 198 vittime civili, secondo la Human Rights Association.
“Siamo testimoni delle migrazioni forzate che le famiglie di Sur hanno dovuto subire e delle difficili condizioni di vita a causa dell’imposizione di un coprifuoco che continua 24 ore su 24”, hanno dichiarato in un comunicato congiunto le partecipanti durante il forum a Sumerpark, un parco della città. “Quello che abbiamo visto è troppo, non possiamo renderci complici di questo crimine”.
“Diyarbakir è il vostro nido” hanno ribadito le esponenti del KJA, il Congresso delle Donne libere – un’organizzazione di cui tutte le donne curde attive in politica e nella società civile fanno parte – “sarete sempre le benvenute qui”.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.