Cultura

100 cartelli nel segno di Alfredino

Ottobre 1981: a Vermicino in un pozzo artesiano si spegne Alfredo Rampi. La mamma Franca giura in tv che passerà la vita a lottare perché a nessuno tocchi più la sorte di suo figlio. Oggi ci raccont

di Alessandra Camarca

Sedici anni fa la vicenda che la vide protagonista tenne attaccati davanti al televisore milioni di italiani. Una tragedia,che per tre giorni e tre notti commosse e sensibilizzò l?opinione pubblica, e che cambiò completamente la vita di Franca Rampi, la mamma di Alfredino, il bambino che nel mese di ottobre dell?81 perse la vita dopo essere caduto in un pozzo artesiano a Vermicino, un paese in provincia di Roma.

Furono tre giorni infiniti, per tutti, familiari, soccorritori, volontari accorsi sul luogo dell?incidente per tentare con ogni mezzo di salvare il bambino, e anche per Emilio Fede instancabile conduttore delle dirette del Tg1. I tentativi di salvataggio, tuttavia, si rivelarono insufficienti: si parlò nei giorni seguenti di errori tecnici e di sbagli umani, ma anche di impossibilità a fare di meglio. «Giorni che non riuscirò mai a cancellare dalla mente, durante i quali ogni minuto trascorso era un minuto in più in cui perdevo la speranza di rivedere mio figlio». Sono parole di Franca Rampi, che ?Vita? ha incontrato a tanti anni da quella vicenda di cui lei non ama parlare. Le piace piuttosto raccontare, spiegare quanto in questi anni abbia costruito, che cosa è nato dal quel giorno tragico.

Oggi Franca Rampi è presidente del Centro Alfredino Rampi, oltre che vicepresidente del Comitato nazionale della protezione civile, organo nato nel 1992 quando venne approvata la legge 225, proprio sulla protezione civile.
La sua associazione, che ha base a Roma ma è presente con altre sette sedi sul territorio nazionale, ha come finalità principale di insegnare ai bambini, in particolare a quelli delle scuole elementari e medie inferiori, a riconoscere i rischi ambientali che li circondano e verso i quali sono spesso indifesi. Pericoli di tutti i tipi, che si possono celare all?interno di una casa, oppure fuori, per la strada, o ancora nei boschi, in montagna, al mare, ovunque insomma si muovano i bambini e dove spesso mancano indicazioni precise per evitare il verificarsi di incidenti.

«Nei giorni immediatamente seguenti ai fatti di Vermicino», racconta Franca Rampi, «lanciai una specie di appello in televisione, dicendo che avrei voluto fare qualcosa perché fatti del genere non si ripetessero e che avevo bisogno di aiuto per attuare questo mio proposito. Non ero certa di quello che volevo ottenere, sapevo soltanto che dovevo darmi da fare per evitare che altre persone vivessero tragedie come quella che si era abbattuta improvvisamente sulla mia famiglia. Al mio grido di allarme rispose più di una persona, in particolare mi ricordo di un?insegnante di lettere, moglie di un noto giornalista del ?Corriere della Sera?, e di un giovane che vennero a trovarmi per offrirmi il loro aiuto. Fu durante quegli incontri che maturò in me l?idea di costituire un?associazione di volontari per sensibilizzare l?opinione pubblica sulla necessità e sul buon funzionamento di un ministero per la Protezione civile. Negli stessi giorni fui ricevuta anche dal presidente della Repubblica, che in quegli anni era Sandro Pertini. Mi fece chiamare e con lui ebbi un colloquio che non posso dimenticare. Pertini», ricorda la mamma di Alfredino, «era imbarazzato per quanto era accaduto, quasi incredulo. Disse che era convinto che qualcosa nei soccorsi non aveva funzionato come avrebbe dovuto e mi promise che avrebbe fatto qualcosa. Passarono pochissimi giorni, e ricevetti una nuova telefonata. Il presidente della Repubblica mi disse che era nato, per suo volere, il Dipartimento per la Protezione civile, costituito all?interno della Presidenza del Consiglio».

Gli anni che seguirono furono anni importanti, di battaglie, di incontri, di vittorie e di sconfitte. Infatti non esisteva ancora una legge che regolasse la materia, e l?obiettivo dell?associazione all?inizio fu quello di battersi per sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sul tema fondamentale dei soccorsi e sull?importanza di una normativa che ne regolasse l?applicazione.
«Le lacune davanti alle quali ci trovavamo erano enormi. In scala erano le stesse che avevo percepito e provato sulla mia pelle nei giorni dell?incidente di Alfredo. Quello che più mi aveva colpito era l?assoluta mancanza di coordinamento nei soccorsi, la totale indifferenza di un gruppo di esperti verso un altro, e la poca professionalità con la quale vennero condotte le operazioni. Mancava completamente lo spirito di equipe e questo, a mio avviso, ebbe un grosso peso nell?esito negativo della vicenda di mio figlio. Ecco: trovai riprodotti su scala nazionale tutti questi difetti. Gli stessi disagi e mancanze nell?applicazione dei soccorsi. Basti pensare a come vengono affrontate dallo Stato le situazioni di rischio ambientale, come le alluvioni, i terremoti, situazioni in cui i danni andrebbero preventivati e non rimossi fino al momento dell?espolosione dell?incidente. In Italia siamo vittime di una cultura dell?emergenza e fino a quando non ci troviamo in mezzo al pericolo non ci sforziamo per trovare soluzioni preventive. È il caso delle case antisismiche, la cui realizzazione salverebbe la vita a centinaia di persone e che troppo spesso viene rimandata».

Un altro obiettivo per il quale l?associazione Alfredo Rampi per la protezione civile si batte da anni è quello di creare uno spirito di collaborazione tra esperti, scienziati e istituzioni. «Su un terreno argilloso», dichiara la presidente del Centro, «è inutile, e soprattutto pericolosissimo, costruire case se quel terreno si trova in una regione dove piove spesso. La collaborazione di un geologo alla costruzione delle abitazioni eviterebbe tragedie irrimediabili. Eppure nel nostro Paese si continua a lavorare per compartimenti stagni, quasi che chiedere consigli limitasse l?autorità di qualcuno».

Franca Rampi, 54 anni, bella e decisa signora, in tutti questi anni si è costruita una vera e propria cultura in materia di protezione civile e sorridendo ammette di sapere cose che non avrebbe mai pensato di conoscere e di studiare. «Prima della morte di mio figlio lavoravo in un?azienda di macchine da cucire, all?interno della quale avevo anche una buona posizione. Mai mi sarei immaginata di entrare a far parte così attivamente del mondo del volontariato».

Un universo che conosce bene e di cui ne sottolinea l?assoluta necessità. «Senza volontari in Italia non si andrebbe da nessuna parte. Durante i terremoti, o le catastrofi naturali, per esempio, chi è che si rimbocca le mani se non i volontari? Le Istituzioni fanno quello che possono: mettono a disposizione i loro mezzi, che però spesso si rivelano del tutto insufficiente. Ma sono i volontari ad arrivare dove nessun altro potrebbe».
È pur vero che le istituzioni, il Comune di Roma in primo luogo, qualcosa per l?associazione intitolata ad Alfredo l?hanno fatto. Intanto procurando al centro una sede e poi ascoltando le sollecitazioni che venivano dagli incontri e dai convegni organizzati dai volontari dell?associazione. Così è nata la legge e così è sorto il Comitato per la protezione civile diretto da Francesco Giannelli, presidente delle Misericordie.

L?attività del centro Alfredo Rampi, è finalizzata soprattutto alla sensibilizzazione dei giovani, alla loro educazione verso il mondo esterno. Conoscere la propria città, sapersi muovere per le strade senza correre pericoli, sapersi difendere dalle insidie ambientali, non è solo socialmente utile ma assolutamente vitale: sapere, per esempio, che toccare la presa della corrente può essere fatale, salva la vita a un bambino, al di là di tutte le chiacchere.

«Mi auguro che tutte queste attività», ci dice salutandoci Franca Rampi, «serva davvero ad aiutare qualcuno. Per me in ogni caso stato un modo per salvare il ricordo di mio figlio, per portarlo ad esempio di quanto non deve assolutamente accadere ad altri bambini. Senza questo lavoro, quotidiano, di impegno civile e di volontariato, forse oggi non starei qui con voi a raccontare la mia storia. Potrei non averne la forza».

Segnaletica
Una strada più facile

Cartelli stradali a misura di… bambino. Colorati, chiari e di facile comprensione. È questo il fine dell?iniziativa, promossa dal ?Centro Alfredo Rampi per la protezione civile?, e nata per tentare di contrastare i tanti incidenti in cui, sempre più spesso, vengono coinvolti ragazzi ed adolescenti.
L?iniziativa, presentata a Monterotondo, in provincia di Roma, è stata concretizzata il mese scorso proprio nel piccolo comune laziale, il primo in Italia a disporre di cartelli stradali per bambini . Gli esperti del centro, istituito dai familiari del piccolo ?Alfredino?, vittima nel 1981 di un pozzo artesiano a Vermicino, sono partiti dal risultato di una statistica che trovava pericolosa, in strada, la fascia di età dai 6 ai 14 anni.

La convinzione della necessità di una iniziativa di questo tipo, si è rafforzata attraverso i dati finali di un test effettuato su un campione di ragazzi: soltanto il sedici per cento ha saputo riconoscere i segnali stradali più semplici e comuni (come, per esempio, il divieto di transito o di accesso).
Da qui è nato l?invito ai ragazzi affinché ideassero loro una segnaletica più comprensibile e vicina al loro mondo.
Questi, con l?aiuto di genitori e insegnanti, si sono messi al lavoro, inventando disegni per cartelli stradali sicuramente più comprensibili anche per gli adulti.

Di questi, ne sono stati scelti quattro (ognuno con il nome del bambino che lo ha realizzato) che, con la collaborazione della Regione Lazio e dell?assessorato alla Pubblica Istruzione della città, sono stati realizzati in lamiera e installati in numerose strade di Monterotondo. Una segnaletica innovativa che, si spera, farà il giro d?Italia.

Per informazioni sull?attività del Centro Alfredo Rampi si può chiamare il numero 06/77208197.
Oppure si può contribuire alle loro iniziative sottoscrivendo il conto corrente postale n.17568007.

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