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L’ex calciatrice Carolina Morace: «L’Europa vieti le scommesse sullo sport: è una questione di civiltà»
Per l'ex calciatrice ora parlamentare europea, i campi di calcio «non sono bancomat per speculatori e affaristi». Nell'intervista a VITA spiega come e perché è necessario farlo con urgenza. E chiede di aprire una procedura d'infrazione contro Malta, quartier generale di società di gioco e scommesse

Dopo l’inchiesta di Investigate Europe di cui abbiamo parlato qui sulla mancanza di una legislazione univoca e vincolante a livello comunitario che disciplini il gioco d’azzardo online, all’Europarlamento qualcosa si muove.
Grazie all’iniziativa dell’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Carolina Morace, ex calciatrice capocannoniere in Seria A per 12 volte, che ha formalmente chiesto alla Commissione Europea di intervenire sulla regolamentazione della pubblicità del gambling e del contrasto al gioco d’azzardo patologico.
È un problema europeo
Un tema molto caro alla Morace che aveva già anticipato in un convegno al Senato dal titolo L’azzardo non è un gioco.
«Lo scorso 18 marzo ho presentato una interrogazione alla Commissione europea, denunciando il far west nel campo del gioco d’azzardo online e le conseguenze dannose per la nostra società» ci dice Carolina Morace. «Si tratta di un problema europeo, non solo italiano, e servono norme comuni. I siti di scommesse impiegano strategie di marketing sempre più aggressive e pubblicità mirate in particolare verso i giovani. Secondo l’Osservatorio del Gioco d’azzardo infatti ben il 42% degli adolescenti fra 14 e 19 anni pratica il gioco d’azzardo e non a caso negli ultimi anni i loro profitti si sono gonfiati fino a sfondare la soglia dei 100 miliardi di dollari. Rientra in questa strategia il loro forte interesse verso il gioco del calcio. Vietare dunque la pubblicità di scommesse nel calcio e in tutte le manifestazioni sportive è un atto di civiltà. I campi da gioco non sono bancomat per speculatori e affaristi».
Come si spiega questo vuoto normativo?
Penso che ci sia una forte sottovalutazione della problematica, ma l’azzardopatia manda sul lastrico milioni di cittadini europei, soprattutto i più deboli e vulnerabili e bisogna reagire. In Europa esistono 27 legislazioni diverse tra monopoli, obblighi di licenza o mancanza totale di regole e intanto il 70% delle scommesse è illegale, proviene cioè da siti che non hanno la licenza di offrire servizi nei nostri Paesi.
Cosa ha fatto finora l’Europa in materia di gambling? Una normativa europea potrebbe sopperire ai buchi normativi nazionali?
L’anno scorso, in risposta a una interrogazione europea, l’ex commissario Thierry Breton aveva affermato che non prevedeva di affrontare la mancanza di convergenza con una normativa settoriale dell’Ue. Diceva che bastava la raccomandazione 2014/478/UE sui principi per la protezione degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo online, ma questo testo non è vincolante e ha fallito davanti allo strapotere dei siti di scommesse. Non possiamo osservare il fenomeno solo in termini di concorrenza interna, perché ci dimentichiamo poi della tutela reale dei cittadini.
Cosa la spinge ad impegnarsi su questo fronte che sembra dimenticato dalla politica?
Non faccio nomi, ma una persona a me cara è caduta in questa trappola. L’azzardopatia è come una droga, sai quando entri in questo tunnel, ma non sai quando e come ne uscirai. Secondo alcuni dati sono 1,5 milioni gli Italiani schiavi e moltissime famiglie sono cadute in disgrazia. Pensate che solo nel 2023 sono andati in fumo ben 150 miliardi di euro in giocate, soldi che fanno gola a potenti lobby che da anni chiedono di modificare il decreto dignità che ha imposto un severo divieto di pubblicità e sponsorizzazioni legate al gioco d’azzardo in Italia. Questa maggioranza ha dimostrato di essere dalla loro parte.
Nella sua esperienza calcistica, diretta e indiretta, ha avuto a che fare con l’azzardo?
No, quando giocavo io il calcio era meno legato agli affari e ai soldi. Personalmente ho sempre vissuto lo sport non solo come una questione di competizione e vittoria, ma anche come un modo per crescere come individui e come comunità. I valori che incarna – inclusione, benessere, fair play, lavoro di squadra, autostima e disciplina – sono agli antipodi del gioco d’azzardo.
Le società di calcio maschili e femminili hanno un rapporto diverso con le società di gambling?
Il calcio maschile come si sa viaggia su un altro binario rispetto a quello femminile sia per attenzione mediatica che per soldi che mobilita. Quindi è normale che l’attenzione del settore del gambling sia diverso. Tuttavia, negli ultimi anni il calcio femminile ha visto un tasso di crescita a livelli di iscritte considerevole e questo si rispecchia anche nei dati sulle scommesse: il tasso di crescita annuale delle scommesse nel calcio femminile è di circa il 20% dal 2020.
Come cittadini spesso ci sentiamo impotenti, mentre tante famiglie soffrono o si distruggono a causa dell’azzardo. Che cosa possiamo fare?
L’indignazione non basta, bisogna lottare. Ecco perché sono rimasta basita davanti alle parole del ministro per lo Sport Andrea Abodi che ha chiesto di lasciare fuori dalla Nazionale i calciatori sotto inchiesta per le scommesse illegali, perché sono un pessimo esempio per i giovani. Cancellare il decreto di dignità e riabilitare le sponsorizzazioni nel calcio dei siti di scommesse non lo è invece? Il ministro ci faccia capire la differenza.
Secondo lei c’è in Europa qualche stato virtuoso a cui possiamo ispirarci?
Il modello è il nostro decreto dignità che ha vietato queste pubblicità, la situazione peggiore la registriamo invece a Malta, diventata ormai il quartier generale delle società del gambling in Europa. Una recente legge non riconosce le sentenza straniere a danno delle società registrate a Malta di gioco d’azzardo. Nell’interrogazione presentata alla Commissione ho chiesto all’esecutivo europeo di aprire una procedura d’infrazione contro Malta, perché questa legge viola il diritto europeo. Aspettiamo la risposta della Commissione, ma su questo tema non cederemo di un millimetro.
Nell’immagine in apertura Carolina Morace durante una seduta del Parlamento europeo – foto Roberto Monaldo / LaPresse
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