Claudio Abbado, il direttore d’orchestra milanese che ha portato in Italia El Sistema, il modello didattico musicale, ideato e promosso in Venezuela da José Antonio Abreu, che consiste in un sistema di educazione musicale pubblica, diffusa e capillare, con accesso gratuito e libero per bambini di tutti i ceti sociali, scriveva:
«La musica è necessaria alla vita, può cambiarla, migliorarla e in alcuni casi può addirittura salvarla. Per questo motivo da sempre insisto sull’importanza dell’educazione musicale, che in ultima analisi diventa educazione dell’Uomo. Prima è però fondamentale che la musica sia accessibile a tutti, democraticamente».
È partendo da questa convinzione che Fondazione Milano, Fondazione Cariplo e Innovation Team di MBS Consulting hanno deciso di andare ad analizzare, con uno studio rigoroso, qual è la proposta educativa in ambito musicale a Milano. Ne è nata la ricerca “Indagine sull’educazione musicale per i giovani dagli 8 ai 13 anni nel territorio milanese”.
Un lavoro per cui sono state incontrate 59 istituzioni pubbliche e private della città (4 scuole primarie con progetti musicali; 27 scuole secondarie di primo grado a indirizzo musicale; 28 iniziative musicali private con attività di formazione).
Un lavoro che ha permesso di incontrare e conoscere esperienze territoriali che, nel loro lavoro quotidiano, travalicano ampiamente il solo fronte culturale diventando motori di integrazione e costruzione di comunità.
«L’educazione musicale, lo studio della musica e di uno strumento musicale, nonché la partecipazione attiva dei più giovani alle attività musicali, collettive e individuali, portano in dote un considerevole valore aggiunto alla vita dei cittadini e della società, ben oltre i confini della musica in senso stretto», scrive presentando il rapporto Andrea Melis, direttore Civica Scuola di Musica Claudio Abbado.
Eppure troppo spesso questo valore aggiunto di cui la musica è portatrice rimane qualcosa di distante per chi non la frequenta. Belle parole scritte o racchiuse in freddi numeri. Per questo è di capitale importanza rendere i frutti dell’educazione alla musica visibili e sperimentabili.
Così il rapporto, oltre a proporre una ricerca scientificamente molto rigorosa, ha deciso di raccontare, in forma scritta, attraverso immagini e video, sei di queste esperienze.
L’Istituto Omnicomprensivo Musicale Statale di Milano sorge in via Corridoni, una strada che unisce Viale Bianca Maria a Via Visconti di Modrone. Siamo nel cuore del centro storico di Milano. A pochissime centinaia di metri da Piazza Duomo. La scuola è adiacente al Tribunale e all’Università degli Studi. Ma forse l’istituzione più vicina e più importante per capire questa scuola è il Conservatorio di Musica Giuseppe Verdi. Un’attiguità tutt’altro che casuale. Se il Conservatorio infatti fosse una squadra di Serie A l’Omnicomprensivo sarebbe la sua squadra primavera. «Nasciamo, storicamente, come scuola media annessa proprio al Conservatorio. Per questo, anche se siamo ufficialmente ad indirizzo musicale solo da sei anni, abbiamo una tradizione molto lunga», sottolinea Simona Riva, docente di lettere e, da dieci anni, coordinatrice delle attività musicali della Primaria e della Secondaria di Primo Grado. «Il legame storico che lega le due istituzioni continua anche oggi attraverso progettualità comuni. Per questo il livello delle attività proposte è molto alto. L’ingresso avviene con test d’ingresso attitudinale che prevede prove di ritmica, percezione e intonazione: da questa scuola escono le nuove leve del liceo musicale che può essere frequentato solo da allievi del Conservatorio», aggiunge con orgoglio la coordinatrice.
Gli alunni oggi sono oltre 500, suddivisi in sei classi alla secondaria di primo grado e tre sezioni per quindici classi alla primaria. A seguirli undici docenti. «Il 30 per cento dei nostri iscritti passerà, entro la fine delle medie, l’esame di ammissione al Conservatorio. A questo va aggiunta una percentuale consistente di ragazzi che lavoreranno nell’ambito della musica affrontando però percorsi differenti», aggiunge Riva. L’approccio all’educazione musicale dell’Omnicomprensivo è dunque molto selettivo ed esigente, ma non dimentica che ci sarà anche chi per tanti motivi non avrà un futuro nell’industria musicale. Riva ci tiene a sottolinearlo: «All’interno di un progetto educativo la musica è certamente un bagaglio in più che arricchisce i ragazzi. La musica è una risorsa che permette di tirare fuori qualcosa che altrimenti rimarrebbe nascosta. Non tutti siamo bravi a scrivere ad esprimerci o a fare i conti. Ognuno ha il proprio talento. La musica è un’occasione in più per farli venire a galla. Nella mia esperienza ho avuto studenti che erano disastrosi nelle mate- rie tradizionali ed eccezionali nella musica. Noi siamo qui, prima che per crescerli come musicisti, per crescerli come persone. La musica ci aiuta a farlo», aggiunge Riva. Né la zona né la difficoltà del percorso di studio devono però trarre in inganno, non si tratta di una scuola pensata e dedicata all’élite, «qui vengono famiglie da tutta Milano. Bambini di ogni ceto, provenienza e nazionalità. Tutti accomunati da questa passione per la musica».
Ognuno ha il proprio talento. La musica è un’occasione in più per farlo venire a galla
Simona Riva
Ed è proprio grazie a questa passione che molte attività della scuola sono possibili. «Abbiamo, come ogni scuola pubblica, le nostre difficoltà. Viviamo oggi un grande problema che riguarda gli strumenti, in particolare quelli utili alla propedeutica delle primarie. Ci sembrerebbe giusto offrirli noi ma per ora non abbiamo una dotazione sufficiente», racconta Riva, «per questo facciamo fundraising, mobilitando i docenti e partecipando ai bandi. Ma il sostegno maggiore arriva dai genitori. Le famiglie sono contente, ci tengono e quando chiediamo la loro collaborazione per prendere uno strumento in comodato d’uso o per organizzare la partecipazione a concorsi fuori città ci aiutano sempre». Le attività extra moenia dell’Omnicomprensivo sono di due generi: le esibizioni che consistono in concerti e concorsi, e la fruizione di musica dal vivo come spettatori che li vede spesso andare al Teatro Dal Verme e alla Scala. «In entrambi i casi sono esperienze che ognuno di loro si porterà nel cuore e che andranno a costituirli come persone, molto più di quanto si possa immaginare. L’essersi esibiti davanti ad un pubblico o aver avuto la possibilità di vedere grandi maestri sul palco sono esperienze che lasciano il segno. E di solito è un segno sempre molto positivo», conclude la coordinatrice.
Corsi di musica organizzati nelle proprie sedi e all’interno di strutture scolastiche pubbliche, elementari e materne, sia in orario scolastico che al di fuori dell’orario ministeriale e concerti per i ragazzi che aderiscono al percorso didattico di educazione all’ascolto. È questo il cuore dell’impegno dell’Associazione di promozione sociale Musica XXI° che dal 1998 è attiva a Milano.
«Eravamo tre giovani musicisti professionisti compagni di Conservatorio che volevano lavorare nell’ambito della promozione e diffusione della musica. Non volendo fare impresa la formula che ci convinse di più fu quella associativa», ricorda la presidente Emmanuela Zanchetta. «Lavoriamo su sei sedi, tre fuori Milano – Opera, MilanoTre e MilanoDue – e tre in città – Corso Venezia, Città Studi, Porta Romana – dove facciamo i nostri corsi», elenca Zanchetta. «Il motivo per cui ci siamo allargati così tanto nel corso degli anni dipende da una specifica esigenza dell’utenza: la maggior parte dei genitori non riescono a spostarsi da un punto all’altro della città per far frequentare un corso di musica ai propri figli. Così abbiamo cercato di avere più luoghi ed essere più facilmente raggiungibili. Devo dire che, ad oggi, non ci siamo mai trovati nella condizione di doverne chiudere una», continua Zanchetta, «testimonianza di come il bisogno di musica sia sempre fortissimo. Se dovessi spiegarmelo direi che dipende dal fatto che si tratta dell’unica forma d’arte e di cultura totalmente dimenticata dalla scuola pubblica».
Tante sedi e case diverse accomunate da un solo slogan: “Con noi la musica è vita”. «Per noi la musica è gioia e chi fa musica, e per musica intendo anche solo a un pugno su un tamburo di un ragazzo disabile, vive con più gioia. Quello che ci contraddistingue è l’ambiente sereno. Dietro le quinte c’è naturalmente molta competenza, professionalità e serietà. Ma non vogliamo che ci sia un clima pesante e cattedratico», sottolinea Zanchetta, che aggiunge, «la musica bisogna farla e non subirla. Soprattutto in una società come la nostra, di massa e omologante, l’educazione musicale insegna ad essere liberi. Insegna ad avere un giudizio e a costruire la propria personalità». A questo si aggiunge il tema della collettività: «è una delle poche forme d’arte che aggrega, anche nel farla. La pittura, la letteratura o la poesia sono attività solitarie. La musica invece è per sua natura aggregante», sottolinea Zanchetta, «ed è per questo che il momento più importante della nostra offerta è la musica d’insieme».
A Musica XXI° però gli interlocutori non sono i bambini, spiega la presidente, «noi cerchiamo di convincere le famiglie che stanno dando uno strumento in più ai propri figli. La prova di idoneità noi non la facciamo ai bimbi ma ai genitori», ride Zanchetta, «perché è del tutto evidente che fino ai 14 anni un ragazzo farà quello che vogliono mamma e papà». Musica XXI° si rende sostenibile con le sole quote di partecipazione, «perchè in Italia le uniche realtà che hanno diritto ad agevolazioni e sgravi fiscali sono le associazioni sportive», sottolinea amara la presidente, «nei casi però di allievi motivati ma senza possibilità economiche prevediamo delle borse di studio che coprono il 50 per cento delle spese».
La pittura, la letteratura o la poesia sono attività solitarie. La musica invece è per sua natura aggregante
Emmanuela Zanchetta
L’unica alternativa sono il fundraising e i bandi pubblici, ma la coperta è sempre corta: «Siamo in una condizione per cui ci è impossibile fare tutto quello che vorremmo. Negli anni in cui le cose vanno molto bene riusciamo a fare attività gratuite per il 10% del totale anche se vorremmo riuscire a proporre alla comunità molto di più. Per qualche anno siamo riusciti ad organizzare i Campus Estivi gratuiti. Erano vacanze di 4 settimane, due a luglio e due ad agosto. C’era una grande bisogno, basti pensare che per cinquanta posti disponibili avevamo sempre almeno cento richieste. Ora dobbiamo proporlo a pagamento perché la convenzione con il Comune è finita. Ma naturalmente non è la stessa cosa».
Per raggiungere l’aeroporto di Linate dalla città bisogna percorrere viale Corsica. Superato il tunnel della ferrovia, sulla destra c’è una lunga curva che collega viale Forlanini a via Mecenate. È via Marco Bruto. Al civico 24, in fondo ad uno di quei cortili industriali tipici della periferia milanese che accoglie un meccanico e un negozio all’ingrosso per prodotti destinati agli animali domestici, c’è una ripida scala a chiocciola che porta su un lungo ballatoio e poi ad una porta. È qui dal 2011 la casa di Ottava Nota: 270 metri quadri con cinque aule, due sale prova e un auditorium. La scuola di musica di Elisabetta Ronchi, pianista e clavicembalista, «non ho mai fatto la concertista ma sempre l’insegnante. Dopo i primi concerti ho capito che non era la mia strada. La mia vocazione è giocare con la musica insieme ai bambini», ride.
«Questo posto nasce perchè la musica è fondamentale. Apre e sviluppa capacità e potenzialità, a livello emotivo e cognitivo, che altrimenti rimangono sopite. È forse più importante come fattore educativo che come materia di studio».
Un fattore che diventa decisivo anche dal punto di vista sociale. «Qui siamo in un quartiere popolare duro, a due passi dalle case bianche, non a caso la prima tappa della visita di Papa Francesco a Milano», racconta Elisabetta, «i giardini qui intorno pullulano di ragazzi che si drogano. L’esclusione e l’abbandono si percepiscono ad ogni angolo. Per questo ho voluto fortemente costituire un’orchestra fatta di adolescenti della zona. Un’idea che ho avuto perchè ammiro molto il metodo El Sistema del venezuelano Abreu. Ho lottato e bussato a tutte le porte per riuscire a trovare i fondi. Grazie al progetto di coesione sociale Agorà dal giugno del 2017 questo sogno è realtà. Ci sono 63 ragazzi iscritti che occupano tutta la scuola i venerdì pomeriggio facendo lezioni di strumento e poi di orchestra. Per capire a cosa serve la musica basta guardarli».
I giardini qui intorno pullulano di ragazzi che si drogano. L’esclusione e l’abbandono si percepiscono ad ogni angolo. Per questo ho voluto fortemente costituire un’orchestra fatta di adolescenti della zona
Elisabetta Ronchi
La quotidianità di Ottava Nota però sono i 185 allievi iscritti, per la maggioranza bambini fino ai 10 anni, che sono insieme il motivo per cui questa realtà è stata fondata ma anche il motivo per cui riesce a rimanere aperta. «Non contiamo su alcun aiuto economico esterno. La scuola è nata con un investimento di 200mila euro. Denaro che è servito per ristrutturare i locali e comprare le attrezzature. Una quota di questi soldi sono stati messi dai cinque soci fondatori e il resto con un finanziamento bancario che finiremo di pagare nel 2021», spiega Elisabetta. Così Ottava Nota, che deve anche pagare l’affitto dei locali, si sovvenziona con il costo delle lezioni e l’affitto delle sale prova. «Quello che ci tengo sempre a sottolineare è che noi chiediamo agli iscritti 32 euro per ora di lezione. Di questi ne destiniamo al pagamento dei nostri professori 23.50. Siamo, tra le realtà educative, quella che paga di più i docenti.
Questo perché vogliamo che il nostro sia un servizio di altissima qualità». Il denaro che avanza viene usato per pagare la banca e per la manutenzione ordinaria della struttura. «Il risultato è che in questi sette anni di attività abbiamo visto ritirarsi in tutto solo 4 allievi», sottolinea soddisfatta Elisabetta. L’impegno di Ottava Nota però esce ampiamente dalle mura della sede. In collaborazione con il Municipio 4 infatti la scuola propone nel quartiere eventi, concerti e laboratori di costruzione di strumenti musicali. «Ma l’attività esterna principale, che poi è sempre stato il mio lavoro», spiega Elisabetta, «sono i laboratori pubblici nelle scuole pubbliche dell’infanzia e primarie. Monitoriamo i bandi pubblici, partecipiamo e spesso vinciamo». La pattuglia destinata ad entrare in squadra è di 15 insegnanti che vengono formati da Ottava Nota e inviati negli istituti. Ad Elisabetta non interessa crescere piccoli Mozart: «desidero che i miei allievi crescano e migliorino utilizzando la musica come mezzo». Ed è per questo che propone tantissime attività di ascolto. «Organizziamo una stagione di concerti classici e una di concerti jazz. Abbiamo una capienza di novanta posti e la partecipazione è aperta a tutti. All’inizio facevamo pagare il biglietto ma ci siamo accorti che questo per molti era un grande limite così adesso chiediamo un’offerta libera», conclude.
I quartieri della periferia di Milano sono tanti e spesso celebri e riconoscibili. Ma se si dovesse identificare un luogo simbolo del capoluogo meneghino non c’è dubbio che sarebbe il fungo di Piazza Donne Partigiane. Citato da film come Fame Chimica o Senza Filtro, è sempre stato associato al mondo underground dei sobborghi milanesi. Un simbolo di speranza e di gioventù essendo anche la casa del Barrio’s un centro sociale polifunzionale costruito per fare aggregazione tra i ragazzi del quartiere che ha sempre attirato ragazzi da tutta la città per le sue proposte musicali. Tra le tante attività che lo animano c’è “Scuola di Musica Milano e Lombardia – Song onlus” che comincia la propria attività nel 2011.
Song è l’entità giuridica che gestisce il presidio operativo sul territorio lombardo de “Il Sistema”, il modello educativo inventato in Venezuela dal Maestro José Antonio Abreu e portato in Italia del Maestro Claudio Abbado. Un programma di inclusione sociale che si basa su una rete di centri sul territorio che radunano i ragazzi che vogliono imparare a suonare coinvolgendoli in progetti di musica d’insieme sotto forma di cori e orchestre. «Il consiglio che mi diede Abbado chiedendomi di portare su questo territorio il programma era di usare due modalità: la prima era di coinvolgere scuole di musica già esistenti nell’adottare i principi del Sistema, e queste sono i cosiddetti nuclei associati. La seconda invece era di fondare realtà educative ex novo, e sono i nuclei territoriali», racconta la presidente Maria Majno.
Dalla fondazione ad oggi sul territorio sono nati sette nuclei associati, tre nuclei territoriali, tre orchestre giovanili, due cori di bambini e ragazzi che riuniscono varie realtà regionali e il coro “Manos Blancas” per ragazzi con abilità speciali. «Le nostre attività ad oggi coinvolgono 500 giovani che vengono seguiti da trenta docenti retribuiti», spiega Majno, «i cardini del nostra proposta sono pochi ma chiari: gli strumenti sono messi a disposizioni da noi gratuitamente e i corsi sono gratis, in cambio chiediamo l’impegno e la costanza da parte di ragazzi e famiglie».
L'attenzione alla dimensione estetica sommata al rispetto e all’attenzione reciproca nell’ascolto che la musica insegna, costruiscono cittadini migliori
Maria Majno
Ma come può una onlus garantire educazione gratuita e sostenere tutte le spese? «Grazie a diversi partner, principalmente la Fondazione Pasquinelli che ha tra le sue finalità la sensibilizzazione culturale e l’inclusione sociale tramite le arti», spiega la presidente, «poi partecipiamo costantemente a bandi pubblici. L’ultimo dei quali è quello di Fondazione Cariplo per l’arricchimento culturale del territorio dedicato ai centri e ai sistemi culturali in territorio urbano che sembrava scritto per noi». La musica per Song più che una questione tecnica è un potente strumento di dialogo e inclusione, «ma forse principalmente il mezzo con cui rendere possibile l’acquisizione di un linguaggio ulteriore, tema che stava molto a cuore al Maestro Abbado e che negli ultimi anni in Italia con l’arrivo dei migranti secondo me è di grandissima attualità». Una vera e propria lingua universale «che va al di là delle parole. Il suonare insieme la stessa musica è un gesto che ha una valenza emotiva enorme».
A testimoniare il funzionamento del sistema ci sono quei cinquecento ragazzi tutti ingaggiati da Song e che certamente in alternativa non avrebbero avuto contatti con la musica. «Per questi giovani che suonano con noi fare musica d’insieme significa scoprire la bellezza. E questa dimensione estetica acquisita sommata al rispetto e all’attenzione reciproca nell’ascolto che la musica insegna, costruisce cittadini migliori», sottolinea la presidente. «Per questo se è verso che noi aiutiamo quei ragazzi sappiamo che dopo saranno loro ad aiutare la comunità».
Un circuito virtuoso che coinvolge le famiglie prima, gli amici poi e infine, a macchia d’olio, anche tanti altri. «Spesso portiamo i nostri ragazzi ad esibirsi al Teatro Da Verme, è una grande esperienza per loro e naturalmente famiglie e amici vengono ai concerti», ride Majno. «È impressionante vedere l’attenzione e il silenzio di questi pubblici che il più delle volte sono composti da persone alla prima esperienza di repertorio classico».
Con il Duomo e la Triennale uno dei simboli più conosciuti e riconoscibili di Milano è lo stadio Giuseppe Mezza. Intorno alla struttura, edificata nel 1925, fatto salvo per la zona occupata dall’Ippodromo del galoppo, sorge il quartiere di San Siro. È la periferia occidentale della città costituita da complessi di case popolari e zone di ville e palazzine più borghesi e costose. In piazza Axum, proprio all’ombra dell’impianto sportivo sorge la scuola media pubblica “Gaetano Negri” dell’Istituto Comprensivo “San Giuseppe Calasanzio”.
«Siamo una delle scuole più antiche ad indirizzo musicale della città, fondata nel 1975», racconta Paolo De Lorenzi, uno degli otto insegnanti dell’indirizzo musicale che prevede sei specialità strumentistiche – violino, chitarra, clarinetto, percussioni, pianoforte e flauto – distribuite su due sezioni e 150 studenti. Il fiore all’occhiello dell’istituto è la musica d’insieme: «Sono qui dal 1996 ad insegnare chitarra e più o meno in concomitanza con il mio arrivo, circa venti anni fa, si è deciso di spostare le ore di orchestra, che fino ad allora erano al pomeriggio, alla mattina. Fu una mossa vincente perché se prima era un’attività percepita come aggiuntiva e in qualche modo facoltativa così assunse dignità di materia a tutti gli effetti».
Tutti partecipano alle lezioni comuni, nessuno escluso. «È la nostra principale peculiarità. Per renderlo possibile abbiamo più gruppi orchestra, i ragazzi vengono divisi per età e capacità. Il messaggio che deve passare è che anche un brano facilissimo di quattro note bisogna farlo bene e bisogna farlo insieme. Ognuno darà il proprio contributo per quelle che sono le possibilità».
Un sistema che sembra funzionare perché, nel confronto con gli altri, i ragazzi sono spinti a migliorarsi. «Noi poi usiamo i nostri trucchi da educatori consumati», racconta ridendo il professore, «una cosa che faccio sempre ad esempio, e che ha sempre un certo effetto, è fermare l’orchestra per riprendere chi suona il triangolo. Si sa che in mezzo a chitarre, viole, violini, percussioni e pianoforti lo studente che si trova a suonare uno strumento che si percepisce poco e partecipa con rari colpi all’esibizione si senta un po’ escluso. Fermando tutti per dare attenzione proprio a lui, il risultato che si ottiene, in termini di responsabilizzazione, è incredibile». Il segreto è nell’orizzonte: «per fare inclusione vera non basta la classe, la scuola. Serve una finalità comune. Sapere di fare parte di un puzzle e che fare bene o male cambia il lavoro di tutti è un motore pazzesco». Mentre il prof. mostra le aule destinate alle attività musicali una cosa che si nota a colpo d’occhio è la fortissima eterogeneità degli studenti. «Abbiamo qui i ragazzi delle case popolari, tante nazionalità, poi i ragazzi benestanti e alcuni che vengono da fuori zona. Direi che il nostro istituto sia un buon modello di integrazione. I ragazzi entrano qui, si conoscono, suonano insieme e annullano qualsiasi barriera e ostacolo», sottolinea De Lorenzi, che ci tiene ad aggiungere, «so che ci sono studi autorevolissimi che parlano dei benefici della musica sui ragazzi in termini molto tecnici. Io posso dire di vederne gli effetti. Posso dire che la musica cambia i miei allievi. Nel giro dei tre anni quasi mai un ragazzo esce così com’è entrato».
Per fare inclusione vera non basta la classe, la scuola. Serve una finalità comune. Sapere di fare parte di un puzzle come un'orchestra e che fare bene o male cambia il lavoro di tutti è un motore pazzesco
Paolo De Lorenzi
Su molti banchi e su diversi strumenti delle attività orchestrali ci sono degli adesivi che riportano la scritta “Orchestra Pepita”. Non è un’attività della scuola ma nella scuola ha trovato una sede. «È un progetto sociale nato nel 2008, di cui faccio parte dall’inizio e che oggi è sostenuto dall’associazione Children in Crisis», racconta il prof, «nato nel quartiere Famagosta con l’intento di far suonare insieme i ragazzi della zona, anche senza alcuna esperienza, oggi svolge qui le prove». Pepita coinvolge circa 150 ragazzi che hanno potuto studiare musica e partecipare al gruppo gratuitamente. «Alcuni dei ragazzi giovani del progetto oggi sono allievi dell’Istituto mentre ragazzi che hanno iniziato con i calzoni corti oggi frequentano l’università ma non se ne vogliono andare. C’è tanto entusiasmo e amicizia», conclude ridendo De Lorenzi.
Via Mac Mahon, resa celebre da Giovanni Testori, è una cerniera che unisce mondi diversi. Da una parte via Cenisio e la nuova Milano dei quartieri di China Town, Porta Volta e City Life dall’altra Piazza Castelli, porta d’accesso per la Bovisa e Quarto Oggiaro. Al centro invece divide la Ghisolfa dal quartiere Cagnola. Al civico 9, in una corte privata, sorge Mondo Musica, un’associazione nata nel 1999. Non una semplice scuola ma il sogno di Veruska Mandelli: «Lo desideravo sin da quando ero bambina. A 16 anni ho iniziato ad insegnare pianoforte. E poi è nato questo luogo», racconta. «Ci troviamo in una strana zona. Un quartiere popolare diviso in due. Il ponte della Ghisolfa è il confine che divide la parte povera da quella più benestante», racconta, «questo, anche per la natura del nostro lavoro, ha significato impegnarci con proposte destinate alle persone che abitano qui». Mondo Musica partecipa all’organizzazione della festa della via ed è tra i fondatori dell’associazione “Vivi Mac Mahon”. «Ho anche fondato l’orchestra Otto Note. Un gruppo di quaranta persone che riassume la comunità del Municipio Otto: ci sono i professionisti dell’Arco della Pace spalla a spalla con i ragazzini di Quarto Oggiaro. L’obbiettivo è creare un luogo d’incontro per chi, pur vivendo lo stesso quartiere, difficilmente avrebbe avuto occasione di conoscersi», chiarisce Mandelli.
Naturalmente però Mondo Musica è principalmente una scuola ed è proprio nell’attività didattica che si trova il suo dna distintivo. «Noi usiamo il metodo “Musica per piccoli Mozart” pensata negli USA per i bambini di 4 e 5 anni che ho tradotto in italiano con alcune amiche», spiega la fondatrice. Una modalità che si basa su due personaggi di peluche, l’Orso Beethoven e il topo Mozart. «Attraverso le avventure di questi personaggi i bambini imparano ad avere a che fare con la musica e con lo strumento giocando. Nel tempo arrivano di nuove figure come la gatta Clara Shumann, il coniglio Bach e l’ippopotamo Haydn». Ma Veruska non si è accontentata: «mi sono accorta, dopo aver importato questo metodo, che mancava lo step precedente ai 4 anni e poi una fase intermedia prima di arrivare alla lezione individuale che per un bimbo di 5 o 6 anni è ancora prematura. Così ho inventato “Baby Mozart”, il metodo rivolto ai più piccoli, e “Mozart Junior” che prepara i bambini alle lezioni frontali». Se la didattica è importante lo è però in funzione di un obbiettivo. «La musica è l’unica materia che è alla portata di tutti. In cui chiunque può fare qualcosa di bello. Per questo è tanto appassionante. In più confrontarsi con uno strumento, soprattutto da piccoli, aiuta lo sviluppo del linguaggio e dell’attenzione. Per questo secondo me è una follia che non venga fatta bene a scuola. Ma bisogna mettersi d’accordo: la musica non può essere affrontata come un corso tecnico. È un modo di vivere, di costruire relazioni. È un mondo da frequentare».
La musica è l’unica materia che è alla portata di tutti. In cui chiunque può fare qualcosa di bello. Per questo è tanto appassionante
Veruska Mandelli
È questo il motivo per cui tantissimi dei ragazzi di Mondo Musica vengono aiutati nell’organizzazione di concerti nei locali della città, «per noi i trecento metri quadri della scuola sono un posto da frequentare liberamente per fare cose insieme. Il nostro compito è sostenere le iniziative che nascono dai nostri studenti». Ed è sempre per questo che nel 2004, primi in Europa, la scuola ha cominciato a fare gli scambi culturali con l’Estero. «Siamo stati in Inghilterra, Irlanda e Spagna. E quest’anno per la prima volta andremo negli States». Veruska è un vulcano di idee, «mi piacerebbe aprire al mondo della disabilità. Ma lo farò quando sarò in grado di costruire una proposta strutturata, con personale qualificato e con un metodo specifico. Quando si insegna non si può improvvisare». Per ogni attività aggiuntiva poi c’è un tema economico da cui non si può scappare. «Abbiamo un mutuo da pagare», conclude Veruska, «come associazione non abbiamo diritto ad agevolazioni per cui tutto quello che facciamo deve essere sostenibile». La voce sostanziale per le nostre entrate sono le lezioni individuali. Stiamo in piedi grazie ai 480 studenti che ci hanno scelto. Senza di loro non esisteremmo».
Ogni quartiere a Milano suona a modo proprio
Testi a cura di Lorenzo Maria Alvaro
Foto gentilemente concesse dalle scuole di musica
Video a cura di Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti (Simone Pizzi, Gian Sortino, Filippo Broglia)
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