Giovani che si accoltellano per strada, fra muretti e centri commerciali. Ragazze che si danno appuntamento sfidandosi a calci e cazzotti. Adolescenti che si chiudono in camera, che non si alzano dal letto, che affondano nel tedio o nella depressione.
Benvenuti al dopo-Covid o, dio non voglia, a una pausa fra un’ondata pandemica e l’altra. Sta di fatto che, dopo due anni di lockdown e di scuole a singhiozzo, i problemi che la Generazione Z già evidenziava – quelli legati alla fragilità dell’età e amplificati dalla continua interconnessione social – paiono esser moltiplicati. Come la domanda di salute psicologica, aumentata a dismisura, dimostrerebbe. E come la protesta dei liceali, talvolta confusa, talvolta fuori bersaglio, attesta. E ora la guerra, col carico di tragedie viste, riviste, presto conosciute per l’ondata di profughi attesa, ci metterà il suo carico sopra.
E la politica? Che fa? Eppure, dal Governo al piccolo comune, dal ministero all’assessorato, non manca la delega “ai giovani”. Iniziamo un viaggio fra gli amministratori, cominciando dalla Regione più grande e popolosa d’Italia: la Lombardia.
Assessore Stefano Bolognini, lei i giovani li vede? Li incontra?
Guardi, ho voluto imprimere al mio assessorato proprio questa caratteristica: non passa settimana che non giri scuole, centri professionali, centri di aggregazione, oratori. E sì, certo che li vedo, ci parlo, soprattutto li ascolto. Le faccio un esempio?
Prego.
L’altro giorno ero al Capac di Milano, il politecnico messo in piedi da Confcommercio per il turismo e per il commercio. Ecco, lì ho visto tanti giovani che sono tornati a formarsi dopo aver abbandonato la scuola. Che hanno ritrovato, grazie al supporto di alcuni adulti, i professori, motivazioni per formarsi, per riscattarsi alla fine.
Qualcosa l’ha colpita in particolare?
C’è un ragazzo albanese di 18 anni, che finisce adesso il terzo anno, e che è arrivato in Italia senza famiglia. Da solo, dopo mille peripezie, è riuscito adesso addirittura ad avviare un percorso scolastico…
Ci sono spie di un forte disagio, acuito dalla pandemia e dalle sue paure. Ora ci si è messa anche la guerra. Lei che idea si è fatto?
Che forse, quando ho preso questa delega, erano tempi in cui i giovani erano meno preoccupati… Si parlava di scolarità come prima emergenza, temi che c'erano già, però questo versante delle difficoltà psicologiche era ovviamente meno marcato. Certo, lo vedo, sicuramente questo disagio. Ma vedo anche altro, per fortuna.
Spieghiamolo.
Dico che è necessario, doveroso, avere una attenzione verso i ragazzi in difficoltà, però proviamo anche ad ascoltare quei tanti ragazzi, quelle migliaia, la maggioranza direi, che nella loro normalità possono essere esempio in modo positivo. Proprio anche sul tema dell’alternanza, che nelle scorse settimane è stato spesso strumentalizzata criticata, addirittura contestata… in realtà il ritorno che abbiamo noi nelle scuole professionali è ottimo.
Per esempio?
Nella stragrande maggioranza delle scuole professionali, trovo ragazzi che sono iper-contenti di andare a fare stage con l'alternanza scuola lavoro. Trovo ragazzi che mi dicono di non vedere l’ora di tornare a farlo e che raccontano esperienze assolutamente positive per effetto a queste opportunità.
Qual può essere il ruolo della politica a questo riguardo?
Sto provando a incontrare, a sostenere, ad aiutare questa espressione positiva dei giovani che c'è, che è della stragrande maggioranza, e che invece spesso non viene mai raccontata. Noi cioè ci occupiamo dei giovani che vanno dal presidente della Repubblica, perché hanno fatto cose bellissime, straordinarie, o che vincono le Olimpiadi. Oppure dei giovani che magari in Piazza Duomo a Milano (la notte di San Silvestro, ndr) o in altri quartieri, commettono reati o sfidano la polizia.
Beh, son fatti.
Sicuramente, ma sono in entrambi i casi categorie, cluster, che vanno analizzati, che vanno contestualizzati, che vanno rapportati al momento che viviamo. Però poi la stragrande maggioranza dei giovani non spacca le vetrine e non va neanche dal presidente della Repubblica, ma tutti i giorni va a scuola, va all’oratorio, fa sport, fa volontariato, ha sogni, suona musica… segue le proprie passioni, ha il fidanzato, ha una fidanzata. Una normalità che però merita di essere sostenuta. Ossia, bisogna occuparsi dei giovani tutti, e non solo di alcuni, nel bene e nel male.
Anche il tempo libero, spesso, è foriero di disagio.
Un modo per intervenire è dare ai giovani la possibilità di vivere un protagonismo. Negli oratori, nei centri giovanili, dove possono aggregarsi. Luoghi dove si possa dar fondo alla vena creativa che c’è a quella età, penso all’universo del videomaking, all’arte, all’espressione musicale: mettere insieme un video, godertelo con gli amici, può essere un piccolo tassello di inclusione. Abbiamo costruito bandi per finanziare queste attività e per creare queste opportunità.
Facciamo un esempio?
Un esempio è proprio il bando annuale La Lombardia è dei Giovani, con cui, dal 2019, abbiamo finanziato e sostenuto concretamente 75 progetti, in tutte le province e i territori della Lombardia, mirati a stimolare il protagonismo dei giovani. Oppure, il concorso Lombardia 2030: il futuro ha la tua voce, in cui chiediamo ai ragazzi di raccontarci la loro regione, il loro territorio, la loro comunità e come li vedono nel futuro, in un breve video.
Progetti che funzionano?
Ho visto dei lavori assai belli, nei giorni scorsi a Peschiera Borromeo (Mi), di giovani appassionati di cinema, che hanno sperimentato linguaggi comunicativi e forme di comunicazione davvero originali. Oppure a Cinisello Balsamo, sempre nel Milanese, lo han fatto con una web-radio, nata all’interno di una biblioteca e di un centro giovanile, dove usano Tik Tok o Twitch.
Qual è la sua visione ideale di governo di queste tematiche? Sostenere laddove ci sono già il più possibile sui territori queste realtà, oppure una politica che individua alimenta o gestisce, anche attraverso l’ente locale?
Un po’ e un po’. La nostra idea è quella anche di insistere, rafforzare gli interventi nati con i piani di zona e nei comuni, magari focalizzandoci, trovando una attenzione per quelle che sono iniziative già in essere, e in molti casi invece qualche comune trascura ancora un po’. Lo possiamo fare tramite il bando a cui accennavo prima, ma non solo. Anche la Legge regionale vuole dare un forte impulso in questo senso.
Cosa la preoccupa di più guardando ai giovani della sua regione?
Ci sono numeri invece più difficili da valutare, da guardare con serietà: pensiamo ai 230mila giovani Neet in Lombardia: 230mila persone che non studiano in Lombardia e che non si formano né lavorano. Un dato drammatico.
Di nuovo, che fare?
Ci sono diversi interventi pubblici, privati, di fondazioni private. Aumentando e qualificando i l‘offerta delle reti sociali, si va nella direzione del sostegno. Poi, legandosi a interventi che i privati fanno o che altri enti fanno, però, ripeto, in modo complementare, trasversale, circolare. Sono anche questi interventi che vanno in direzioni pubbliche.
Voi avete sostenuto gli oratori, per la loro grande funzione sociale.
Io li vedo come una sfida e come una opportunità. Una opportunità perché, all’interno degli oratori, c’è la possibilità di crescita, di relazione, di esperienza, di fede, anche di vocazione in alcuni casi. Opportunità importanti per i giovani, anche in misure diverse, ma che servono a tutti. Soprattutto in questo periodo, secondo me, la componente relazionale, legata non solo all’aspetto confessionale ma anche al gioco, all’educazione e, ultimamente, anche alla formazione e all’avviamento lavorativo in qualche realtà. Il fatto che dei ragazzi, dei giovani, possano avere, anche all’interno di un oratorio, una relazione con una persona fisica di contatto o di amicizia, in questa era tutta virtuale e smaterializzata, mi pare sia assolutamente importante. E poi…
E poi?
E poi all'oratorio accade quello che purtroppo nella scuola avviene un po’ di meno, cioè la possibilità che ragazzi con “povertà” diverse, non solo economiche ma educative e culturali, possano incontrarsi. Aiutarli è per questo decisivo: per queste realtà abbiamo stanziato l’anno scorso 600mila euro, con 300mila di cofinanziamento da parte di Regione Ecclesiastica Lombarda, per progetti che si ritiene abbiano avuto ricadute concrete su tutti i giovani che frequentano gli oratori lombardi, circa 400mila nella fascia che va dai 6 ai 30 anni.
Poniamo che si voti e vinca il nuovo Partito Repubblicano che vuole fare Matteo Salvini, e che lui la voglia ministro ai Giovani.
Io non farò mai il ministro, penso.
A qualcuno, vedi Giorgia Meloni, ha portato bene. In ogni caso, quale sarebbe primo provvedimento “del ministro della gioventù Bolognini”?
Però credo che cercherei di ribaltare le politiche per i giovani, dal basso. Cominciando ad ascoltarli.
Non accade, mi par di capire.
No e l’esempio più eclatante è il Piano nazionale di ripresa e resilienza Pnrr: una misura che si rivolge in buona parte anche ai giovani e che i giovani non conoscono. Durante una mia visita nelle scuole, nei giorni scorsi, ho chiesto a due ragazze di diciannove anni: “Cosa sapete del Pnrr?”.
E loro?
Non lo conoscevano, non sapevano cosa fosse, aldilà dell’acronimo. E dovrebbe essere, sulla carta, una misura che dovrebbe migliorare la loro vita soprattutto.
Se lo conoscessero, cosa scoprirebbero?
Che nessuna delle sei missioni è rivolta ai giovani in maniera diretta, vi sono sei target ma non ce n’è una specifica per i giovani e soprattutto è decisa dall'alto, calata dall'alto verso il basso. Quindi, ammesso che siano le strategie di interventi migliori, non sono condivise. Questo fa capire come oggi il tema dei giovani, entro certi limiti, anche perché i giovani possano essere coinvolti, possano capirle, possano anche usufruirne, vada un po’ ribaltato e servono strumenti anche snelli di ingaggio, di condivisione, di confronto.
Quindi da ministro ascolterebbe i giovani…
Quando i giovani hanno la possibilità di vivere si comportano in maniera straordinaria. Pensiamo alla Youth4Climate di settembre, dove i giovani si sono confrontati in maniera sempre positiva e ordinata, ponendo sul tavolo tantissimi temi legati allo sviluppo sostenibile. E dunque, se i giovani vengono ascoltati sui temi dello sviluppo sostenibile, del pianeta, ed è molto importante, perché non ascoltarli su altri temi.
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