«Il punto da cui partire è chiaro: se non fosse stato afroamericano George Floyd non sarebbe morto», a dirlo, senza mezzi termini, è Fabrizio Tonello, professore di Scienza Politica presso l’Università degli Studi di Padova. Ma l’omicidio di quest’uomo di 46 anni avvenuto lo scorso 25 maggio a Minneapolis, in Minnesota, per mano del poliziotto Derek Chauvin, non è un caso isolato e ha radici profonde. «Il peccato originale che gli Stati Uniti d’America continuano a scontare dopo centinaia di anni», dice il professore, «è che gli Usa sono stati fondati su questo massiccio sfruttamento e sull’estrema brutalità del lavoro schiavistico e da allora si continuano a ripetere gli stessi schemi».
Professore che intende con peccato originale?
Il peccato originale si sconta per centinaia di anni dopo averlo commesso, e per capire cosa succede in America bisogna partire da questo punto: gli Stati Uniti sono stati fondati sullo sfruttamento e sulla brutalità estrema del lavoro schiavistico. Quando il 4 luglio 1776 con la Dichiarazione d'indipendenza si recidevano i legami istituzionali con la Gran Bretagna, dando ufficialmente vita agli Stati Uniti, c’erano circa 700mila schiavi neri soprattutto negli Stati del Sud. Nel 1861, anno in cui iniziò la guerra di secessione, gli schiavi erano 4 milioni. Dall'entrata in vigore della Proclamazione d'emancipazione inizia un periodo di progressivo riconoscimento dei diritti civili degli afroamericani che termina con il Compromesso del 1877. La ricostruzione viene abbandonata e di fatto le élite bianche tornano al potere negli Stati del Sud. Fino a quando viene introdotto,nel 1965, il Voting Rights Act, la legge sul diritto di voto siglata dal presidente Johnson. Questa legge proibiva agli Stati pratiche e procedure che inquinavano il diritto di voto e specificamente bandiva i test di alfabetizzazione come requisito per le liste elettorali, uno dei metodi principali introdotti negli Stati del sud per impedire il voto agli afroamericani.
Ma non è stato sufficiente
No. Perché le elezioni erano e sono gestite dai singoli Stati. E in quelli del Sud, che ricordiamo essere a maggioranza repubblicana, sono continui i tentativi, ancora oggi, di rendere più difficile il voto. Negli Usa se sei bianco e benestante la percentuale che tu vada effettivamente a votare si alza all’80%. Se sei povero questa si abbassa al 20%. E la discrepanza del comportamento elettorale pesa su tutto il sistema.
Come si lega la storia degli Usa all’omicidio di George Floyd?
Tutto il sistema di polizia negli Stati Uniti è rimasto impregnato di razzismo. Principalmente a causa di questi sindacati molto potenti all’interno del corpo di polizia che “continuano ad autoriprodursi”. Quindi anche città progressiste come possono essere New York o Los Angeles hanno avuto e continuano ad avere corpi di polizia estremamente violenti e razzisti. Ma tutto questo da solo non basta a capire come funziona in America.
Cosa dobbiamo aggiungere?
Gli Stati Uniti, già a partire dagli anni Ottanta, hanno scelto – compattamente sia democratici che repubblicani – la cosiddetta “linea dura” nei confronti della criminalità. Questa linea dura si è tradotta – in una legge varata sotto la presidenza Clinton – che condanna all’ergastolo chiunque commetta anche solo tre reati di modesta entità. Gli Stati Uniti infatti hanno tre milioni di persone in galera, oltre un numero molto alto di persone in libertà condizionata.
Dove bisogna ricercare le responsabilità?
Da un lato nei governi federali che hanno favorito la militarizzazione della polizia che, dagli anni Novanta in poi, è stata esageratamente armata, e dall’altro nella Corte Suprema che ha sempre accettato la “qualified immunity”, la teoria secondo cui se un poliziotto ha ragione di credere che la
sua vita, quella di un suo collega o di altri passanti sia in pericolo, è autorizzato a usare la forza e quindi prima spara e poi si accerta di quale fosse il pericolo. E questa è la ragione per cui molte decine di afroamericani sono stati uccisi quando non costituivano un pericolo per niente e per nessuno. George Floyd è solo l’ultimo di una lunga serie. Anche se non esiste un database nazionale sulle vittime annuali causate dai comportamenti della polizia, si stima che siano oltre mille ogni anno. Una cifra completamente assurda. Basti pensare che in Giappone o nei Paesi scandinavi questo numero è zero.
Un presidente come Donald Trump non aiuta…
Ma Trump non governa. O meglio la sua dimensione di governo si basa su qualche tweet. Che si parli di Coronavirus o dell’uccisione di una persona o dell’ultima uscita social “quando iniziano i saccheggi si inizia anche a sparare”, lui è un incendiario e basta. Uno che usa un linguaggio violento e oltraggioso che incontra approvazione in quella fascia di popolazione bianca e non istruita. E lo fa solo per rafforzare la sua base in vista delle prossime elezioni a novembre.
Rispetto alle rivolte e alle proteste. Trova che le stiano strumentalizzando?
Si fa largo questa voce. Ma non credo. Le rivolte spontanee, come anche i saccheggi, sono una reazione credo spontanea delle minoranze che sono escluse, e continuano ad esserlo, da ogni meccanismo di potere. È il linguaggio delle minoranze che continuamente vengono sottoposte a ingiustizie evidenti che non trovano risposta.
Ritornando al peccato originale che ha citato prima, come si rompe il circolo vizioso?
I peccati vanno espiati, altrimenti rimangono lì con tutte le loro conseguenze. Ma sembra che gli Usa non abbiano alcuna intenzione di espiare razzismo altrimenti Trump non sarebbe stato eletto. La polizia, inoltre, viene proprio intesa come strumento di difesa del privilegio, quindi in molti, indipendentemente dal fatto che siano repubblicani o democratici, non vogliono far a meno di quel privilegio lì. Se la polizia continua ad essere concepita come un corpo militare in difesa della proprietà è chiaro che continuerà a comportarsi in questo modo. Sono convinto che l’agente che ha ucciso George Floyd, che è stato licenziato e accusato di omicidio, difficilmente avrà una condanna sostanziale. La sua difesa dirà che la vittima resisteva all’arresto e che la tecnica che ha usato per immobilizzarlo è ammessa dalle procedure.
Credit Foto: Sintesi/Photoshot
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.