La passione per il lavoro modella il nostro cervello. Lo rende plastico, aperto alle sfide. Antonio Cerasa è psicologo e ricercatore del CNR ed è stato tra i primi al mondo a studiare questo fenomeno: l'expert brain, il cervello che impara, agisce, innova. Chi sono, oggi, gli expert brains? Perché riescono a eccellere nel lavoro e nella vita? Sono chef, sommelier, matematici, musicisti e sportivi. Ma, potenzialmente, lo siamo tutti. E possiamo imparare da tutto, anche dallo stress e dal dolore.
Chi sono gli expert brain?
L’expert brain è colui che riesce a creare un’abilità così superiore che, scomposta, può farci capire come funziona un determinato processo cognitivo e come potenziarlo. Ma un expert brain fa anche altro: deforma positivamente il proprio cervello. Un expert brain ha un consumo di ossigeno e metabolico superiore rispetto alla nostra struttura di base e, di conseguenza, il suo cervello deve deformarsi per rispondere a questa abilità. Tra le figure che meglio incarnano quella dell’expert brain e che ho potuto studiare da vicino c’è lo chef.
Uno chef lavora in cucina, mette insieme gli ingredienti…
E fino a qui le cose sembrano semplici, perché stiamo osservando delle abilità manuali. Il passaggio da persona normale con abilità a expert brain lo si individua nel fatto che gli chef fanno le loro attività a una velocità e sotto uno stress tale che un essere umano normale crollerebbe dopo due giorni. Gli expert brain lo fanno per 365 giorni l’anno.
Questo che cosa significa?
Significa che quella abilità è stata “zippata” e trasferita in un’altra parte del cervello aumentando, di conseguenza, le capacità di risposta alle richieste dell’ambiente esterno. Significa che il cervello di queste persone si è trasformato per sopravvivere allo stress e, trasformandosi, è diventato più efficiente. Expert brain è dunque una persona che va oltre la semplice esecuzione di atti o di pensieri, ma spinge il cervello oltre limiti che prima non si conoscevano.
La plasticità neurale aumenta grazie al lavoro, che può rendere il nostro cervello un expert brain
È tipico di qualche persona eccezionale o è potenzialmente una caratteristica comune a tutti?
Ognuno di noi può diventare un expert brain ma deve essere sottoposto a determinate condizioni. Lo stress buono è fondamentale per far sviluppare abilità cognitive e mentali. Il dolore stesso è una forza motrice incredibile, che produce fenomeni di plasticità neurale a prescindere da qualsiasi altro stimolo. Il dolore permette anche la nascita di nuovi neuroni, cosa altrimenti impossibile nell’essere umano adulto o anziano.
Perché accade?
Perché il dolore ha una forte valenza antropologica e, soprattutto, innata di portarci alla sopravvivenza e all’evoluzione. Il dolore serve alla sopravvivenza e, quindi, quando provo dolore devo creare nuove strutture neurali per apprendere. Il dolore è fondamentale, assieme allo stress, alla creatività e all’ambiente esterno per creare in ognuno di noi un expert brain.
Quando parliamo di abilità avanzate, parliamo anche di esecuzione…
Per molte categorie di expert brain è proprio così. Non si impara soltanto leggendo o studiando, ma trasferendo l’informazione visiva nel braccio. Trascrivendo quello che abbiamo visto. Quando c’è questo passaggio dal sistema cognitivo al sistema motorio l’apprendimento diventa procedurale e più incarnato dentro di me. Se a un apprendimento cognitivo associamo un’attività motoria, dunque, diventiamo ancora più bravi.
In un altro suo lavoro, Diversamente sano (Hoepli, 2018), ha trattato un tema affine, ma da una diversa prospettiva: quello della patologia…
In quel lavoro sono partito dall’idea che alcune malattie psichiche non sono legate a una debolezza del nostro sistema nervoso centrale. Siamo abituati a pensare che gli ansiosi, i depressi e via discorrendo sono persone deboli, che non hanno strategie per reagire…
Expert brain è una persona che va oltre la semplice esecuzione di atti o di pensieri, ma spinge il cervello oltre limiti che prima non si conoscevano
Invece che cosa ha scoperto?
Mi sono accorto che alcuni disturbi psichiatrici o psicologici sono legati a un eccesso, non a un difetto di “intelligenza”. Semplicemente quelle persone non hanno ancora trovato una via per sfogare la propria energia e, non avendola trovata, questa impasse si manifesta in forme di confusione o di disregolazione delle emozioni. Va dunque capito che cosa c’è nel suo ambiente che lo porta a essere così inefficace.
Prendiamo il caso dell’ortoressia, ovvero l’ossessione per il cibo sano. Le persone che ne soffrono non sono stupide ma hanno un quoziente intellettivo più alto rispetto alla media. Sono persone che reagiscono a una determinata condizione ambientale – il cibo massificato e di produzione industriale – con questo tipo di iper controllo. Ma è un iper controllo che nasce da una conoscenza profondissima del cibo. L’idea è quindi che bisogna lavorare sull’ambiente, non sulle debolezze della singola persona. Ambiente e habitat complessivo determinano il nostro orientamento nel mondo.
Come possiamo lavorare per migliorare il nostro habitat di lavoro, valorizzando le risorse, l’intelligenza, le capacità di tutti?
Dobbiamo insistere sulla socializzazione. Così possiamo superare i nostri limiti. Anche tramite il lavoro, che è stimolo, passione. E poi, con i ragazzi, servendoci di alcuni strumenti.
Quali strumenti?
Penso ai videogiochi. Se osserviamo i ragazzi di oggi, essi vengono denigrati perché stanno ore e ore sui videogiochi. Prendiamo ad esempio Fortnite. Tramite questo videogioco riesco a creare delle reti sociali fortissime anche con persone che non conosco, semplicemente condividendo qualcosa che ci piace. Dobbiamo potenziare l’individulità dei singoli – ciò che sai fare e ciò che ti piace fare – insieme agli altri, non contro agli altri. Dobbiamo unire il piacere e il lavoro. Per fare reti e diventare expert brains.
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