Ci sono libri che nascono per raccontare storie drammatiche o fantastiche, altri per studiare un aspetto particolare della scienza, altri ancora per essere utili, come i manuali o i ricettari e poi ci sono gli Instant-book su casi di cronaca ed eventi rimarchevoli. Ecco l’opera di Vittore De Carli, giornalista e presidente dell’Unitalsi Lombarda “Dal buio alla luce. Con la forza della preghiera” (Libreria editrice vaticana, 120 pag., 10 euro) è non è facile da incasellare in una categoria. È una cronaca, ma è anche un percorso intimo, un testo autobiografico che De Carli sviluppa con piglio da cronista qual è lui, ma è molto di più perché è come il viaggio di un’anima – la sua – dal buio alla luce. Il testo del resto racconta la sua esperienza: 47 giorni in coma e i lunghi mesi di riabilitazione, non nasconde nulla in queste pagine che si susseguono una dopo l’altra e che come in un rosario sono unite l’una all’altra dalla fede che lo accompagna da sempre.
I proventi di questo libro che inaugura il filone “Volti” della Lev andranno tutti a sostenere un progetto sociale: la realizzazione di un polo di accoglienza per i genitori dei piccoli malati che devono essere ricoverati nei nosocomi milanesi e che si inserisce in un’iniziativa che Unitalsi ha già in atto in alcune grandi città con il “Progetto dei Piccoli”. La casa di accoglienza, che sorgerà a Milano, sarà intitolata a Fabrizio Frizzi che fu non solo testimonial, ma anche volontario dell’associazione.
Abbiamo chiesto a Vittore De Carli di raccontare come è nata l’idea di scrivere un libro per raccontare la sua storia di guarigione. Prima di rispondere però fa una premessa «Io non sono un miracolato» e per uno che come volontario (l'Unitalsi si occupa di accompagnare malati e pellegrini nei santuari) ha accompagnato decine, centinaia di persone a Lourdes, un luogo dove i miracoli sembrano di casa, è importante.
Allora, quest’idea del libro, da dove arriva?
Da uno sfogo. Dopo la malattia, uno degli handicap che mi sono rimasti è che per scrivere riesco a usare solo due dita. Così ho iniziato a buttar giù degli appunti in cui sfogavo anche la rabbia per quello che mi era successo. Volevo mettere nero su bianco le mie emozioni. Da cronista ho fatto la cronaca degli eventi. Scritti che sono rimasti appunti sparsi e separati per oltre un anno mezzo. Poi c’è stata la morte di un collega con cui avevo cominciato…
Questi appunti ora sono diventati un libro…
È successo tutto in pochissimi giorni, a cavallo tra aprile e maggio di quest’anno. Graziella Moschino (la vicepresidente della sezione lombarda dell’Unitalsi) parlando come mia moglie ha saputo dei miei appunti e ha chiesto di leggerli. Mi ha detto “sono bellissimi, ma mancano di sincronismo”. In quattro giorni mi ha aiutato a sistemarli e così il 2 maggio avevo in mano un brogliaccio, ma non avevo ancora un editore. Un paio di settimane dopo ero a Roma e parlando di questa cosa con il cardinal Angelo Comastri succede che lui mi chieda il testo. Il giorno dopo mi ha regalato la prefazione.
Ma manca sempre l’editore, giusto?
Sì. Però non partivo da zero. Anni di lavoro giornalistico mi hanno regalato contatti con case editrici ed editor, anche importanti. Ho incontrato monsignor Dario Viganò (assessore del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede) e dopo tre giorni vien fuori che la Lev inaugurerà con il mio libro la collana “Volti”.
Tra gli obiettivi del libro, dichiarato fin dalle ultime pagine del racconto, c’è il progetto di una casa di accoglienza per i genitori dei bambini ricoverati negli ospedali milanesi. Perché questa finalità?
Come Unitalsi Lombarda abbiamo già ospitato 141 famiglie in regione. Ma ora puntiamo a una casa a Milano per cui stiamo cercando uno stabile in comodato d’uso. Con i libri non si diventa ricchi, ho subito pensato che questa mia opera potesse essere uno strumento per far conoscere il Progetto dei Piccoli che a livello nazionale ha già 11 case. Per me questo libro è un veicolo, un mezzo per testimoniare la mia fede. Ho scritto tutto senza veli, ho parlato della mia vita e il libro mi ha aiutato a superare la parte dura della mia malattia. Ma lo ripeto non sono un miracolato perché se è vero che non mi è mai mancato il sostegno della preghiera, è anche vero che la scienza: le medicine, i medici, i fisioterapisti hanno fatto la loro parte.
Ci sono diverse pagine in cui si danno dei consigli a chi assiste un malato?
Sì, in un certo senso è un aiuto. Perché solo quando mi sono trovato nei panni del malato mi sono reso conto di molte cose che da volontario non avevo compreso, o a cui non avevo mai pensato. Ci sono cose che capisci se sei seduto su una carrozzina e senti il desiderio di alzarti sui tuoi piedi. Ma ci sono tanti particolari: da come tagli la carne per aiutare qualcuno, a come di relazioni. Ma la cosa più importante è che ho riscoperto il valore della delicatezza dell’ascolto, del servizio che si offre a chi è sofferente. Ecco vorrei dire a chi va a trovare un malato che non serve subissarlo di parole, a volte basta una carezza. Ma soprattutto evitate le frasi di circostanza… Il malato ha bisogno della vicinanza, anche silenziosa dell’amico, dei famigliari.
Perché l’intitolazione a Fabrizio Frizzi?
L’avevo conosciuto anni fa a un pellegrinaggio nazionale dell’Unitalsi, allora lavora per il Corriere della Sera, gli ho proposto un’intervista. Bene: quattro domande. L’intervista è durata 40 minuti perché nel frattempo parlava e salutava i malati con quel suo sorriso contagioso. Siamo rimasti in contatto. Mi ha scritto su WhatsApp quando ero malato… Ecco, dedicargli la casa che apriremo a Milano è il minimo che possiamo fare per un amico che ha regalato la sua persona all’Unitalsi per 15 anni.
Alcuni momenti della presentazione del libro "Dal buio alla luce" a Roma – Foto M.Fagioli
L’intervista con Vittore De Carli finisce qui, deve prepararsi a partire. Sabato 15 settembre il libro, dopo la presentazione a Roma alla Libreria vaticana ai primi di settembre, viene presentato a Lourdes, presenti tra gli altri l’arcivescovo di Milano Delpini e monsignor Dario Viganò, in occasione del pellegrinaggio diocesano. E De Carli non mancherà anche se non è più il globe trotter di tre anni fa come lui stesso racconta «Se penso agli ultimi tre anni della mia vita mi sento come un disco che è passato da 45 a 33 giri. Prima la puntina correva veloce così tanto che non riuscivo a sentire la musica…». Oggi ammette di girare a 33 giri, ma ora la musica la sente, anche meglio.
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