Marco Gualtieri è l’uomo che a maggio ha portato Barack Obama a Milano, per Seeds&Chips. È una delle voci che animano il numero di VITA dedicato alle nuove comunità del cibo e alla food innovation (qui l'indice). «Oggi c’è una grandissima consapevolezza sul cibo e sulla sostenibilità, potremmo sintetizzarla dicendo che “ciò che va bene per il pianeta, va bene per me”: non è più una nicchia, è qualcosa di trasversale, e dal punto di vista del business chi non farà così perderà, basta dare un occhio ai consumi dei millennials», afferma Gualtieri. L’uscita dalla nicchia, come dalla caverna platonica, è legata alla consapevolezza e all’informazione: «fra cinque anni, ognuno di noi avrà in tasca un piccolo scanner, che ci dirà tutto del cibo che abbiamo davanti, al supermercato come al ristorante. Se lo hai, lo usi e se ti scopri tradito, cambi». Ecco un vero salto nel futuro del food.
Gualtieri, qual è stata la cosa più bella di Seeds&Chips?
A parte aver avuto Barack Obama? La presenza di rappresentanze di tanti paesi del mondo e di giovanissimi, i teenovator.
E del discorso di Obama?
Sicuramente la sintesi può essere il dire che grazie all’innovazione e al lavoro di tante persone, oggi abbiamo gli strumenti per affrontare le più grandi sfide del mondo, che sono quella del cibo e del cambiamento climatico.
Perché a suo parere Seeds&Chips e in generale tutta la Milano Food Week sono stati un così clamoroso successo?
Direi “finalmente!”. Sono quattro anni che lavoro perché ci sia un’opportunità per Milano e per il sistema Italia nella food innovation! Per me è il punto chiave della storia, sono lieto che lo si sia capito. In questo settore non c’è "spazio" per l’Italia, al contrario l’Italia deve giocare da protagonista.
Esiste davvero una diffusa nuova attenzione al cibo “oltre” il gusto per se stesso o è ancora per pochi? Da dove parte?
C’è una grandissima sensibilità e consapevolezza sul cibo, la sintesi è che “quello che va bene per il pianeta va bene anche per me”. Un cibo prodotto in maniera più sostenibile consente al pianeta di rimanere produttivo e allo stesso tempo noi non ingeriamo i veleni usati fino ad ora. Una particolare attenzione deve essere riservata ai millennials, che hanno caratteristiche particolari: è la generazione più numerosa di sempre, con il più grande potere di acquisito di sempre, è nata nel digitale, ha gli strumenti per conoscere e una particolare attenzione alla sostenibilità e all’alimentazione sana. Questo porterà l’intero settore lì, non è più una nicchia, è traversale: chi non farà così perderà la partita. Il consumatore cerca questo e lo cercherà sempre di più perché oggi il consumatore ha gli strumenti per verificare ciò che sta mangiando e se capisce che è tradito, semplicemente cambierà. Il mercato va in questa direzione… Fra poco – direi 4 o 5 anni – gireremo tutti con piccoli scanner tascabili: puntandoli sul cibo, al ristorante o al supermercato, ci diranno tutto del cibo, se è bio o no ad esempio. Questi scanner rivoluzioneranno tutto, perché se hai in mano uno strumento del genere, così semplice, lo utilizzi. La tecnologia c’è già, non è completa, occorre caricare i dati e creare dei data base, ma l’orizzonte temporale è cortissimo.
Quando di pensa a cibo etico le prime cose sono il biologico e l’equosolidale, poi la nutraceutica: quali sono le “nuove frontiere” di un approccio etico al cibo? Dal lato professionisti e dal lato consumatori.
Sono tutte cose che hanno un nesso comune, cioè l’attenzione al cibo nel suo strettissimo collegamento con l’ambiente e con la salute. La nutraceutica crescerà in maniera esponenziale per due macro-ragioni: la prima è che ancora oggi non sappiamo quasi nulla di come il cibo interagisce con il nostro corpo, ma ora con l’intelligenza artificiale e i big data potremmo avere una nutrizione personalizzata. D’altra parte sappiamo pochissimo anche del cibo, tant’è che consumiamo solo una piccolissima percentuale di ciò che il pianeta ci mette a disposizione, poche centinaia di specie vegetali rispetto alle migliaia che esistono. Se mettiamo a terra queste due situazioni, è facile immaginare che ci sarà un’esplosione di nuovi elementi, dove nutraceutica vorrà dire arrivare ad una alimentazione personalizzata, a produrre un vegetale che ha caratteristiche differenti per me e per lei, sarà possibile creare prodotti più mirati per le singole persone. Ippocrate diceva che noi siamo quello che mangiamo: la medicina del futuro è il cibo, oggi abbiamo gli strumenti che non abbiamo mai avuto, i dati, l’intelligenza artificiale, le stampanti 3D…
Perché le stampanti 3D?
Le stampanti 3D fanno già la pasta e la pizza, ma sono agli esordi. Potranno creare alimenti customizzati senza stravolgere i processi produttivi, di conseguenza con costi di gestione assolutamente accessibili. Pensi a un ospedale, dove si hanno problematiche molto variegate: oggi è impossibile fare una dieta per ciascun paziente, ha costi insostenibili, mentre con le stampanti 3D questo si può fare. Ci saranno nuovi modi di produrre il cibo, di trasportarlo, sarà una rivoluzione. Un altro esempio è l’idroponica, sarà qualcosa di veramente esplosivo… Parlavo con scienziato del MIT che ci sta lavorando, mi diceva che entro vent’anni, fatto 100 il consumo di frutta e verdura nel mondo, 80 sarà standard e 20 customizzato. Significa che i pomodori avranno valori nutrizionali studiati ad hoc per le singole persone… tutto in maniera sana, attenzione. Ad esempio si sa che la pianta di pomodoro se viene stressata genera più antiossidanti, noi quando siamo stressati generiamo tossine lei invece antiossidanti che ci fanno bene: la domanda allora è come si stressa la pianta di pomodoro? Ad esempio cambiando le luci, giocando sul ritmo giorno/notte, usando dei led… I pomodori potranno essere diversi per me e per lei, anche per piccolissimi parametri, ad esempio per la sapidità o per gli antiossidanti.
Che ruolo può avere l’Italia in tutto questo?
Come dicevo prima, l’Italia può giocare da protagonista. Abbiamo tutti gli elementi per farlo, a cominciare dalla credibilità internazionale, visto che per definizione se si parla di cibo di pensa all’Italia. Poi abbiamo molti settori di eccellenza della manifattura, ad esempio siamo leader mondiali nell’industria aerospaziale leader mondiale.
Che c’entra l’industria aerospaziale con il food?
L’agricoltura di precisione esiste grazie all’industria aerospaziale. E non dimentichiamo che le tre agenzie internazionali sul cibo e l’unica europea hanno tutte sede in Italia. Il problema è che bisogna crederci, fare sistema, investire. Di recente Macron ha fatto una dichiarazione incredibile, annunciando che suo obiettivo è vedere la Francia come una start up: è una affermazione molto chiara per chi conosce il mondo delle start up, la trovo visionaria. Noi potremmo farlo, mirando sui settori in cui abbiamo credibilità. Il futuro del made in Italy nel food non è vendere più mozzarelle, la vera risorsa economica è sviluppare queste nuove tecnologie per il mondo, non per il made in Italy. Dobbiamo trasformare la produzione alimentare nella nuova farmacologia. È un’opportunità enorme.
L’innovazione tecnologica consentirà anche di affrontare il tema fame e accesso al cibo?
L’ 80% popolazione dell’Africa è dedita all’agricoltura, molte sono donne. Oggi con un banale cellulare possiamo fare la differenza tra la vita e la morte di un piccolo agricoltore, ad esempio dandogli informazioni sul meteo, così che possa sapere se deve seminare o no, se deve innaffiare o no, che cosa coltivare. In mancanza di queste informazioni, tutti coltivano patate e l’esito è che – evidentemente – non c’è mercato. Questo esempio non è mio, ma di Bill Gates. Bene, ora eleviamo la tecnologia, oltre un banale sms: con l’idroponica possiamo creare frutta e verdura nel deserto, con l’acquaponica possiamo allevare pesci nel pieno del deserto consumando il 90% di acqua in meno, prendendola dall’escursione termica. Possiamo avere più cibo, sano e accessibile, in zone difficili. Potremmo. Questo è il nuovo petrolio. Le guerre si faranno per questo, per acqua e cibo.
Foto Vince Lee, Unsplash
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