Gorlovka – Anna Tuv, è un abitante della città di Gorlovka nella regione di Donetsk. Una delle tante vittime della dimenticata guerra nel Donbass. Una goccia in un oceano di sofferenza. Una goccia che noi raccogliamo e raccontiamo. Il 26 maggio di quest’anno una bomba caduta sulla sua casa le ha portato via il marito, una figlia. Un istante e la sua vita si è trasformata in un dolore senza fine, in un calvario che non riuscirà mai a lasciarsi alle spalle.
Salve Anna, per favore mi può raccontare la triste storia della sua vita?
Eliseo Salve! Il mio nome è Anna Tuv, sono un abitante di Gorlovka, vivevo in un quartiere nel centro della città. Vivevo con la mia famiglia, mio marito e tre figli: Katya di 11 anni, Zakhar di 2 anni e mezzo e Milana di 2 settimane. Con mio marito abbiamo vissuto 9 anni, era un matrimonio felice, andava tutto bene.
Era una bella giornata, eravamo fuori a irrigare l’orto, c’era la tregua, i bambini erano in cortile, Milana si trovava in casa. Abbiamo sentito dei sibili e subito ci siamo precipitati verso casa, i figli e mio marito sono corsi dentro casa, io, sola, sono rimasta in cortile, per mettere in salvo i pulcini.
Quando è successo?
Era il pomeriggio del 26 maggio (2015 n.d.t.). Katya era appena tornato a casa da scuola, aveva dei bei voti, abbiamo pranzato e siamo andati fuori per irrigare il giardino, era una giornata di sole. Quando il bombardamento è iniziato, siamo corsi in casa, ho sentito il fischio, sono riuscita ad arrivare fino alla soglia di casa, ho incrociato lo sguardo di mio marito, era sul divano, è riuscito a dirmi solo: “Questo è tutto!”. Si è sentito un sibilo atroce, mi sono resa conto che era diretto sulla casa. Ho avuto solo il tempo di sbattere la porta, mio marito si è buttato su di me e mi ha coperto col suo corpo. In quel momento, sulla nostra casa, nel corridoio, si è abbattuta una bomba da 152 millimetri.
Chi vi ha bombardato?
L’esercito ucraino! Ci sparano regolarmente, abbiamo vissuto tutto l’inverno negli scantinati. Gorlovka su tre lati è circondata dalle posizioni dell’esercito ucraino, ci bombardano in continuo. In modo particolare, nel quartiere dove vivevo, non c’è più una casa in piedi, tutto è stato distrutto: le scuole, gli asili, gli ospedali, la rete di riscaldamento. Sono strutture sociali. Sotto i bombardamenti tutto è saltato in aria insieme alla gente. Sopra di noi, un’ora prima di colpirci, abbiamo visto volare un drone, un drone ucraino, ci ha sorvolato, hanno visto i bambini che correvano nel cortile. Poi ci hanno colpito, uccidendo mio marito e la mia Katya. Il 21 maggio, avevamo appena festeggiato il suo compleanno, aveva 11 anni e il 26 maggio è stata uccisa. Katya era divina, bellissima, studiava col massimo dei voti, studiava due lingue straniere: l’inglese e il tedesco, studiava designer, praticava danza e teatro in corsi domenicali. Credeva nella vita, sognava la vita, voleva un vita come quella che avevamo noi in famiglia: in campagna, con i polli, le anatre, l’orto.. ecco sognava questa vita! Mi diceva sempre: “Mamma, noi siamo i figli della guerra avremo sempre qualcosa da raccontare ai nostri nipotini”. Più di una volta al giorno ho dovuto correre per riprenderla a scuola perché alle 12 iniziavano a bombardare. Abbiamo portato il bambino all’asilo, hanno cominciato a bombardare, siamo dovuti ritornare a riprenderlo subito. A casa non avevamo uno scantinato dove trovar rifugio. Quando la bomba ha centrato la casa e mi ha ucciso la figlia e il marito, dall’esplosione sono stata sobbalzata in strada ricoperta di calcinacci, il telaio della porta mi ha stritolato il braccio. Mi ha tranciato il braccio fino quasi alla spalla, ho ripreso conoscenza dalle urla di mio figlio, che stridevano nelle mie orecchie nonostante i timpani squarciati, avevo una forte contusione. Sentivo da qualche parte le grida lancinanti di Zakhar. Un vicino di casa mi ha tolto da dosso gli infissi della porta, mi sono precipitata in casa per dissotterrare dalle macerie Zakhar, e li è arrivata la seconda bomba. Eravamo in casa in quel momento, ci trovavamo nella stanza sul retro dove era distesa Milana. La casa è crollata completamente. I soccorsi non sono riusciti a toglierci subito da sotto le macerie. E poi, la terza bomba, caduta sotto la finestra; ha distrutto il garage, l’esplosione ha sfondato la casa fino alle fondamenta lungo le pareti. Infine siamo stati tratti in salvo dal personale del Ministero delle Situazioni di Emergenza, ma non immediatamente, poiché eravamo ancora sotto il fuoco delle posizioni dell’Esercito ucraino. In un secondo tempo, so che sono saltate fuori le foto degli ucraini, dei comandanti del battaglione responsabili dell’omicidio della mia famiglia, con tanto di nome e cognome, nomi resi pubblici e diventati famosi. Il personale di soccorso è riuscito poi a riportare alla luce il corpo della mia Katya per metà in brandelli, e poi il corpo di Yura, mio marito, senza braccia, senza gambe, tutto a pezzi, con ferite mortali, con tutti gli organi interni distrutti. Mio figlio Zakhar di 2 anni e mezzo è diventato disabile, ha subito estese bruciature agli occhi, non ha potuto aprire gli occhi per una settimana. Anche Milana ha subito dei traumi. Io ho perso un braccio, con la clavicola e la scapola danneggiate, ho ancora cinque frammenti metallici di scheggia piantati nell’articolazione della spalla. Ho subito anche una commozione cerebrale.
Terribile, non ho parole! Ma come vive al momento? Con chi vive ora?
Ora vivo con mia madre. Mia madre ha lasciato il suo lavoro e si è trasferita a vivere con noi, Io da sola non ce la faccio senza un braccio e un bambino piccolo. Milana ha appena sei mesi, io non sono in grado a sollevarla e prenderla in braccio per lavarla, cambiarle i vestiti, darle da mangiare.. Da parte mia, nemmeno riesco ad abbottonarmi la giacca con una sola mano. È molto difficile, molto faticoso. Non posso più lavorare nella mia specialità, io sono infermiera di reparto chirurgia, ho lavorato per 10 anni in ospedale. Ora con una sola mano, non sono in grado di fare medicazioni, iniezioni, curare i pazienti. Io sono una persona invalida di secondo grado, senza una protesi.
Come vede il suo futuro? C’è qualche aiuto?
Mi aiutano tutti tranne che dall’Ucraina. Da parte dell’Ucraina non ho mai ricevuto nessun aiuto. Mi hanno telefonato solo alcune persone che odiano il potere ucraino, ma che vivono sotto il suo dominio. Ecco, con me loro comunicano. Fondamentalmente ricevo aiuti dall’estero e dalla Russia: persone comuni, che mi inviano pacchi, che trasferiscono dei soldi sul mio conto, per raccogliere i fondi necessari per la protesi. Ognuno contribuisce come può. Mi hanno trasportata, sotto il fuoco, da Gorlovka a Donetsk, non mi è rimasto nulla. La gente di Donetsk mi ha rifornito di piatti e indumenti, ha vestito i miei figli. A Donetsk ci vivo, e ancora una volta, in centro città, mi sono ritrovata con i bambini sotto i bombardamenti. Loro erano con me, ero sulla sedia a rotelle, siamo andati al supermercato “Ucraina”, siamo finiti sotto il fuoco dei bombardamenti. Per un’intera giornata siamo rimasti in un rifugio antiaereo, abbiamo avuto tutti un attacco di nervi molto forte. Successivamente, ci hanno cambiato dimora nel quartiere “Proletarskyj”, una zona più sicura.
Ha mai ricevuto assistenza dall’Italia?
Sì. Mi ha aiutato molto Ennio Bordato, dell’Associazione italiana “Aiutateci a salvare i bambini”, mi ha mandato dei soldi sul mio conto, mi chiama spesso. Anche dall’Israele mi aiutano costantemente: chi lo può fare, chi può mandarmi qualcosa.
Ennio Bordato, è anche un mio amico, so che è una persona leale e affidabile.
Mi ha aiutato tanto, me e la mia famiglia, si preoccupa molto, mi chiama, ci scriviamo su Facebook. Sono molto grata a lui per quanto, veramente, mi ha sostenuto finanziariamente e moralmente. Non è mai stato indifferente, scrive sempre e s’interessa di come stiamo, mi aiuta anche in questo momento. Ha cominciato ad aiutarmi fin dai primi giorni dopo la tragedia.
Anna, so anche di un altro tragico evento, mi riferisco alla storia di un’altro ragazzino ferito, Vlad. So che lei lo ha assistito quando era in ospedale.
Sì, questi erano i miei amici più cari. Mio marito era un amico di suo padre, la mamma di Vlad era una mia cara amica. Erano in casa, così come è successo a noi. Di sera, erano tutti riuniti in famiglia, il padre guardava la televisione, Vlad studiava, la mamma stava preparando delle polpette, in quel momento attraverso il tetto è penetrato un colpo. Era il 29 luglio, esattamente due mesi dopo la nostra tragedia. Vlad quest’anno ha compiuto i 7 anni. A Gorlovka sono già morti molti bambini, non ci sono parole per descrivere quale inferno è piombato sulla nostra città. Provi a chiedere a qualsiasi bambino sui 3-4 anni: “Che regalo vuoi per il nuovo anno?” non chiederà né bambole, né macchinine, chiederà solo che non si spari. Abbiamo bambini piccoli che già riconoscono da quali armi partono i colpi, di risposta o in arrivo, vale a dire, i bambini sono tutti consapevoli. Ogni passo che fanno trovano delle schegge.
Da noi tutti i bambini hanno bisogno di riabilitazione psicologica. Tutti soffrono di forte stress e di paura, tutti si rifugiano nei sotterranei. Si precipitano negli scantinati durante i bombardamenti fino a rompersi le gambe. Potete immaginare quanto è stata colpita la loro psiche! Sulla casa di Vlad è finita una bomba, Julia è morta sul colpo. Julia aveva 29 anni, la mamma di Vlad Bokharovsk. Oleg, il papà di Vlad, ha avuto le dita recise fino a metà mano. A Vlad, invece, una scheggia gli ha trapassato il lobo frontale, gli ha colpito gli occhi e si è conficcata nella mascella superiore. Una grave ferita alla testa, è stato 5 giorni in coma, tra la vita e la morte, ora è a Mosca. Ha perso un occhio, si pensa di come fornirlo di protesi. Ha subito molte operazioni a causa delle gravi lesioni, ci sono state complicazioni. La scheggia era piantata nella testa, il bambino era in condizioni estremamente critiche. Oltretutto c’è anche la perdita della madre. Anche Zakhar è sotto spavento. Con lui il mese scorso ha lavorato uno psicologo, fino ad ora vaga ancora di notte. Ha un grave trauma psichico, ha paura di ogni fruscio, di ogni suono, fino a crisi isteriche di terrore.
Anna quali sono le sue prospettive in questo momento?
Per me, ora, l’obiettivo principale è quello di raccogliere fondi per una protesi biomeccanica. Senza una protesi non riesco a immaginare come potrei continuare a vivere. Mi hanno ucciso un marito che ci manteneva totalmente, era tutto sulle sue spalle. Ora il futuro dei miei figli dipende solo da me. Per mantenere i miei bambini devo lavorare. Per lavorare, con la mia specialità, ho bisogno di una mano, ho bisogno di una protesi che mi permetta di afferrare qualcosa con le dita, di piegare le dita. Ora non riesco nemmeno nelle azioni di base, nemmeno a cucinare un pasto. Per mantenere i miei bambini ho bisogno di lavorare, ho bisogno di una protesi. Faceva tutto mio marito, era lui che pensava a tutto. I militari ucraini me lo hanno strappato via con la mia bambina. Mio marito Yuri aveva 36 anni, si prodigava moltissimo per la famiglia. La nostra era un relazione ideale, stavamo tutti molto bene. La casa, l’orto.. tutto era per la famiglia, anche la casa che ci hanno distrutto è stata costruita con il sudore e con il sangue del nostro lavoro, costruita mattone dopo mattone, tutta con le nostre mani. Abbiamo fatto il possibile per il benessere della famiglia.
E così velocemente tutto è finito!
A un certo punto, tutta la mia vita è cambiata. Ero contenta, ma temevo molto che tutto potesse finire! Un rapporto ideale, eravamo infinitamente felici, abbiamo vissuto insieme per 9 anni. Ma non abbiamo avuto il tempo per celebrare l’anniversario di matrimonio. A Yura non gli è stata data questa possibilità. Come anche alla mia Katya non è stata data la possibilità di continuare a vivere! Katya quanto voleva vivere! Era brava in tutto, aveva molto talento, era sempre la migliore.
Anna posso solo immaginare il suo stato d’animo, spero che non perda mai la speranza
Questo trauma non guarirà mai, tutto è così ingiusto, il dispiacere e il dolore. Ma per quale motivo me li hanno uccisi? Non avevamo a che fare con la guerra, eravamo dei civili, eravamo a casa, non c’interessavamo di politica, non guardavamo nemmeno le notizie. Eravamo così lontani da tutto e da tutti. Non votavamo, non facevamo propaganda per nessuno. Non capisco per quale ragione ci hanno individuato e distrutto! Semplicemente ci vogliono distruggere. Distruggere le infrastrutture della città, uccidere le persone, i bambini, mutilare le madri.. Non capisco con chi l’esercito ucraino stia combattendo! C’è in atto un genocidio di massa, la pulizia di un territorio dai suoi abitanti.
Pensa si tratti veramente di “genocidio”?
Sono sicura e lo vedo. L’esercito ucraino colpisce scuole, asili, questo è fascismo puro, con la differenza che i nazisti durante la seconda guerra mondiale facevano prigionieri e li portavano nei lager, i fascisti ucraini, invece, ammazzano immediatamente, le persone vengono uccise nelle loro case dove cercano di nascondersi.
Ma perché l’Ucraina è così aggressiva?
Penso che questa guerra sia di profitto all’Ucraina. È un business per il presidente dell’Ucraina. La nostra vita è un business per lui. Questa è la mia opinione personale. Ha il suo proprio ufficio di morte, ha la sua fabbrica di armi, guadagna soldi per la guerra, la vita del popolo ucraino non gli interessa. Il nostro presidente ci ha tradito, sto parlando di Petro Poroshenko. Non so, se a coloro che vivono sulla riva sinistra dell’Ucraina (la parte ad est del fiume Dnepr n.d.t.) piaccia, o meno, vivere sotto tale oppressione, ma il popolo del Donbass non accetterà mai la sua autorità, non gli potrà mai perdonare il suo tradimento e non sarà mai d’accordo con il suo progetto di Ucraina. Qui, la gente starà in piedi fino all’ultimo, la gente difenderà la propria terra fino alla fine, la gente non se ne andrà mai dalla propria terra.
Grazie, si tratta di un’intervista molto toccante, sono rimasto scioccato da quello che mi ha raccontato, immagino quanto lei abbia sofferto e quanto continui a soffrire.
Vorrei tanto che le persone nel mondo possano leggere questa intervista, per aiutarci a superare, ha fermare questo spargimento di sangue, dato che siamo messi a morte senza alcun motivo. Ci ammazzano solo perché viviamo nelle nostre case, sulla nostra terra. Noi non siamo andati ad attaccare da nessuna parte, loro sono venuti da noi per ammazzarci. Fucilano persone civili disarmate, che non hanno mai avuto una formazione militare, che non hanno mai combattuto, uccidono persone e bambini che vanno a scuola. Prima del primo di settembre (giorno d’apertura delle scuole n.d.t.) la scuola di Katya è stata colpita dai tiri di mortaio. Volutamente, alle 5 del mattino, in un raggio di 50 metri ci sono due scuole. Scuole colpite dai mortai. Basta! Non riesco a trovare altre parole.
La ringrazio molto, ci terremo in contatto, anche dall’Italia potremo aiutarla, le prometto di cercare questa possibilità.
Le sono molto grata. La ringrazio molto per avermi sostenuta.
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