Qualche ulteriore considerazione sulla sentenza di ieri.
Governo Amato
Nel lontano 1992, con il dlgs 504/1992, veniva introdotta l’ICI.
Come disposto dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, soggetti passivi dell'imposta erano tutte le persone fisiche e giuridiche in possesso di immobili (per motivi di proprietà, diritto di usufrutto, uso, abitazione od enfiteusi).
L'imposta doveva essere corrisposta sia da residenti che da non residenti, indipendentemente dall'uso che veniva fatto dell'immobile, ed era calcolata in base al valore catastale del fabbricato.
Tuttavia, ai sensi dell'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92, gli immobili utilizzati da enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché attività di religione e di culto, erano esenti dall'ICI.
L’esenzione, pertanto, era riconosciuta a condizione:
- che si trattasse dell’immobile di un ente non commerciale;
- e che quest’ultimo svolgesse una delle attività ivi previste.
Tali attività, tuttavia, potevano anche esser di natura commerciale se svolte dietro corresponsione di un prezzo. Il carattere commerciale dell’attività non è d’altronde incompatibile con la natura non commerciale dell’ente[1].
III Governo Berlusconi
A seguito di un certo orientamento giurisprudenziale restrittivo, il Governo Berlusconi introdusse una norma di interpretazione autentica che prevedeva l’applicazione dell’esenzione “a prescindere dalla natura eventualmente commerciale” dell’attività svolta[2].
II Governo Prodi
Il Governo Prodi, successivamente, cercò di mitigare tale regime con una norma che, tuttavia, non brillava per chiarezza, e che stabiliva che l’esenzione non dovesse trovare applicazione nel caso di attività esclusivamente commerciali[3].
Ciò significava che gli immobili degli (di tutti) enti non commerciali, esclusivamente adibiti ad attività commerciali, non potevano godere del regime d’esenzione dell’ICI.
Laddove l’attività commerciale fosse stata principale e non esclusiva, o addirittura secondaria, l’Ici non doveva esser pagata.
IV Governo Berlusconi
Per chiarire cosa dovesse intendersi per “attività di natura non esclusivamente commerciale”, fu emanata la circolare n° 2/DF del 26 gennaio 2009 che conteneva una serie di criteri (più o meno chiari) per ciascuna delle attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i).
Governo Monti
A decorrere dal 1° gennaio 2012 l'ICI fu sostituita dall'IMU.
Commissione Europea
Il 19 dicembre 2012 la Commissione europea adottava la decisione su cui, ieri, si è pronunciata la Corte di Giustizia.
La decisione definiva una procedura d’infrazione avviata nei confronti dell’Italia sull’ICI di tutti gli enti non commerciali. NB: Quindi non solo nei confronti della Chiesa Cattolica!
Per la Commissione, in particolare, l’esenzione relativa agli immobili degli enti non commerciali adibiti ad attività non esclusivamente commerciali, ma pur sempre rientranti tra quelle di utilità sociale individuate dal legislatore italiano, costituiva un aiuto di stato, in quanto misura selettiva.
La motivazione
Nella motivazione, tra le altre cose, si leggeva che: “La Corte ha inoltre sostenuto in più occasioni che l’articolo 107, paragrafo 1, del trattato non fa alcuna distinzione fra le cause o le finalità degli aiuti di Stato, ma li definisce in relazione ai loro effetti49. Alla luce di quanto precede, la Commissione osserva inoltre che non sono sufficienti a escludere la qualifica di aiuto di Stato della misura in esame né la finalità sociale, né lo svolgimento di attività di interesse sociale”.
L’impossibilità assoluta del recupero
L’aiuto di Stato, pertanto, veniva dichiarato illegittimo. Tuttavia, non se ne disponeva il recupero per “impossibilità assoluta”. Le autorità italiane, d’altronde, avevano sostenuto che sarebbe stato assolutamente impossibile definire, sia quali immobili appartenenti agli enti non commerciali fossero destinati all’esercizio di attività non aventi esclusivamente natura commerciale, sia recuperare le informazioni necessarie per determinare l’importo dell’imposta che avrebbe dovuto essere versato.
La sentenza della Corte di Giustizia UE del 6 novembre 2018
È così che si arriva alla sentenza di ieri, con la quale, in sostanza, è stata annullata la decisione della Commissione del 2012, nella parte in cui riteneva di non poter recuperare l’ICI da parte degli enti non commerciali.
Considerazioni e domande finali
- La sentenza del 2018, come la decisione della Commissione del 2012, riguardava l’ICI di tutti gli “enti non commerciali” che svolgevano attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché attività di religione e di culto.
- Non riguarda, pertanto, solo la Chiesa Cattolica, ma buona parte degli enti del Terzo Settore di allora!
- Se recuperare quell’ICI era difficile ieri, quanto facile sarà oggi?
- È davvero giusto ledere, a distanza di anni, per effetto di una sentenza, il legittimo affidamento consolidatosi sulla base di leggi nazionali, decisioni comunitarie e prassi amministrative?
- Ma, soprattutto, è ancora possibile che, in materia di aiuti di Stato, non sia possibile distinguere tra un’impresa qualsiasi ed una “sociale” che concorra a diminuire, oltre che coprire, le spese dello Stato (vedi art. 53 Cost.)? Si tratta di uguaglianza formale o sostanziale? Hanno davvero la stessa capacità contributiva? È davvero impossibile favorire fiscalmente le seconde rispetto alle prime?
- Che ne sarà dell’attesa autorizzazione della Commissione rispetto alle agevolazioni introdotte dalla riforma del Terzo Settore per ETS e Impresa sociale?
- Che ruolo può giocare l’impresa e l’economia sociale rispetto a quella crescita intelligente, inclusiva e sostenibile più volte professata come obiettivo di Bruxelles?
- Quali sono gli spazi europei, a partire dalla materia degli aiuti di Stato, per riconoscere all’impresa sociale uno status diverso?
Europa, se ci sei, batti un colpo! Purché sia nella direzione giusta…
[1] Per ente non commerciale, infatti, s’intende anche quello che svolge prevalentemente (non esclusivamente) attività non commerciale. Vedi art. 73, comma 1, lett. c) del Tuir e art. 4 del dPR n. 633 del 1972.
[2] Ai sensi dell'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, l'esenzione di cui all'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 era applicabile alle attività indicate nella medesima lettera anche se di natura commerciale.
[3] L’articolo 39 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 prevedeva che l’esenzione si applicasse solo a condizione che le attività in questione non avessero esclusivamente natura commerciale
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