Politica

Meloni: pari dignità fra pubblico e privato sociale

Intervista alla leader di Fratelli d'Italia: «Se gli italiani dovessero accordarci la loro fiducia, al governo daremo piena attuazione e valorizzazione a modalità di lavoro fondate sulla coprogrammazione e coprogettazione». Il servizio civile? «Occorre permettere ai tanti giovani che ne fanno richiesta di vederla accolta anziché rigettata per mancanza di risorse». Il blocco navale? «Non abbiamo mai sostenuto di voler chiudere le nostre porte. L’immigrazione va regolata, quella clandestina fortemente contrastata, ma è anche necessario investire molto di più nella cooperazione allo sviluppo»

di Redazione

Abbiamo invitato i leader dei quattro maggiori schieramenti in corsa per le politiche del 25 settembre (Fdi, Pd, Azione-Italia Viva e Movimento 5 Stelle) a interloquire su cinque temi centrali per il Terzo settore. A partire dal suo ruolo polico. Qui il dialogo con Giorgia Meloni, che ha preferito fare l'intervista per iscritto.

Il ruolo politico del Terzo settore. Il Terzo settore ancora oggi è considerato e trattato sostanzialmente come fornitore di servizi (spesso sottopagati) e non come soggetto partner nel disegno delle politiche di welfare e sviluppo come prevedono le nuove norme su coprogrammazione e coprogettazione. Qual è la sua posizione su questo snodo?
Il Terzo Settore è motore di sviluppo sociale ed economico e le Istituzioni devono superare la matrice marcatamente centralista che ha caratterizzato questa legislatura per dare piena attuazione al principio di sussidiarietà, favorendo un’alleanza tra pubblico, privato e privato sociale. Come dice la Costituzione, lo Stato deve favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività volte al bene comune. Nell’attuale scenario internazionale e nazionale, sconvolto da eventi eccezionali come la pandemia e la guerra, è prioritario investire sul benessere e la qualità del capitale umano e sociale. I volontari e gli operatori del Terzo Settore non possono e non devono essere chiamati solo quando c’è da intervenire per affrontare catastrofi naturali, pandemie o coprire i troppi buchi di quell’assistenza socio-sanitaria che le istituzioni non riescono ad assicurare. Deve essere garantita pari dignità tra pubblico e privato sociale, coinvolgendo pienamente gli enti del Terzo Settore nei tavoli di coprogrammazione e coprogettazione. Solo così si possono promuovere modelli di sviluppo sostenibile basati sul protagonismo e sull’autodeterminazione delle comunità territoriali.

Il Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato sostiene che i partiti per superare la loro crisi di rappresentanza dovrebbero aprire le porte a chi ha esperienza di volontariato e attivismo civico. A giudicare dalla presenza di chi arriva dal Terzo settore nelle liste elettorali, incluso FdI, questa apertura non si è verificata. Non crede sia stata un'occasione mancata? E, se avrete responsabilità di governo, come intende dialogare col Terzo settore?
FdI è uno dei pochissimi partiti ad avere istituito uno specifico dipartimento dedicato al Terzo settore, perché siamo consapevoli del patrimonio di esperienze e competenze di chi si è impegnato nel volontariato e nell’aiuto ai più fragili, insieme al valore sociale e strategico delle organizzazioni fondate sulla solidarietà sociale. E non è vero che nelle nostre liste non abbiano trovato spazio persone che vengono dal volontariato, dalla promozione sociale, dalla cooperazione e dall’associazionismo. In questi anni, in particolare grazie al lavoro del Dipartimento Terzo Settore di FdI coordinato dal nostro capogruppo in Commissione Affari Sociali Maria Teresa Bellucci, abbiamo costantemente dialogato con gli enti del Terzo settore e dato voce in Parlamento alle tante richieste d’aiuto ricevute da realtà come il Forum del Terzo Settore. Ci siamo battuti per l’esclusione dell’IVA per gli ETS, per la proroga all’accesso al credito nel DL Sostegni, per la definizione di un regime fiscale chiaro e non penalizzante per gli ETS, definizione che abbiamo ottenuto anche con un nostro emendamento al Dl Semplificazione. Nella prossima legislatura continueremo a dialogare con il Terzo settore e, se gli italiani dovessero accordarci la loro fiducia, al governo daremo piena attuazione e valorizzazione a modalità di lavoro fondate sulla coprogrammazione e coprogettazione.

Il Servizio civile universale rappresenta una reale e concreta esperienza per i giovani di difesa non armata della Patria, di crescita civica, sociale e culturale. Dovremmo dare piena attuazione alla riforma che ha coinvolto tale materia per garantire un quadro normativo stabil

Servizio civile universale. Lei ha militato a lungo nei movimenti giovanili ed è stata ministro della Gioventù. I giovani sono un suo tema. Oggi a fronte di 100/120mila domande l'anno, il servizio civile (che la legge definisce universale, ovvero aperto a tutti quelli che ne fanno domanda) è di fatto riservato a una quota di 50/55mila giovani. Gli enti attuatori (Terzo settore e comuni), chiedono di arrivare almeno a quota 80mila. Si sente di prendere un impegno in questo senso?
Il Servizio civile universale rappresenta una reale e concreta esperienza per i giovani di difesa non armata della Patria, di crescita civica, sociale e culturale. Dovremmo dare piena attuazione alla riforma che ha coinvolto tale materia per garantire un quadro normativo stabile, prevedere lo stanziamento triennale di risorse strutturali per il Fondo nazionale per il servizio civile, cosi da permettere ai tanti giovani che ne fanno richiesta di vederla accolta anziché rigettata per mancanza di risorse. Va promosso anche un effettivo dialogo con le Regioni e gli enti del Terzo Settore, così da stilare dei piani d’intervento realmente efficaci e superare la gestione disordinata e confusionaria di questi anni.

Ucraina. La sua posizione a fianco del popolo ucraino vittima dell'aggressione russa è limpida. Si parla però molto di guerra e poco di pace. Dalla società civile che in questi mesi si sta impegnando a fianco degli ucraini e che sostiene la necessità di supportare la loro resistenza si leva la richiesta alla politica nazionale ed europea della costituzione di un corpo civile di pace europeo. In Italia è partita una piccola sperimentazione finita però su un binario morto; ritiene auspicabile un rilancio di questo strumento?
La sperimentazione a livello italiano è stata indubbiamente verificata dell’effettiva possibilità, per i più giovani, di intraprendere un percorso di crescita umana ampliando le proprie competenze ed esperienze, entrando direttamente nelle comunità che hanno bisogno di sostegno. Per favorire una cittadinanza attiva e partecipativa tesa alla costruzione del bene comune, strumenti come i Corpi Civili di Pace possano essere utili a favorire l’accrescimento di capacità e sensibilità particolari, fonti di miglioramento di competenze quali dialogo, mediazione e promozione dei principi democratici. Mi lasci aggiungere che siamo particolarmente fieri della grande solidarietà mostrata dall’Italia nei confronti del popolo ucraino in questo momento drammatico.

Per favorire una cittadinanza attiva e partecipativa tesa alla costruzione del bene comune, strumenti come i Corpi Civili di Pace possano essere utili a favorire l’accrescimento di capacità e sensibilità particolari, fonti di miglioramento di competenze quali dialogo, mediazione e promozione dei principi democratici

Immigrazione. La sua posizione sul blocco navale è nota e non incontra il favore della stragrande maggioranza dei soggetti sociali che si occupano di migranti e accoglienza. Ciò premesso, tutte le previsioni dicono che il numero di persone che dall'Africa vorranno venire in Europa è destinato a crescere e di molto nei prossimi anni; ritiene allora davvero possibile chiudere le porte senza pensare a un vero piano Marshall sociale ed economico per l'Africa, dove le politiche di cooperazione e sviluppo possano giocare un ruolo cruciale?
Non abbiamo mai sostenuto di voler chiudere le nostre porte. Chiediamo da sempre di non sovrapporre il tema della gestione dei flussi migratori – che deve essere corretta e regolata, garantendo a chi vuole entrare legalmente in Italia la possibilità di farlo – dal tema dell’accoglienza di chi ha diritto all'asilo e alla protezione internazionale. Aver mescolato questi due piani, come hanno fatto i governi a trazione Pd in questi anni, ha finito per danneggiare proprio coloro che avrebbero avuto più bisogno di essere accolti e che spesso sono rimasti vittime della tratta di esseri umani gestita da scafisti senza scrupoli e da chi vuole usare l’immigrazione incontrollata di massa per fare pressione sull’Italia. L’immigrazione va regolata, quella clandestina fortemente contrastata, ma è anche necessario investire molto di più nella cooperazione allo sviluppo, strumento indispensabile migliorare la qualità della vita e promuovere i diritti umani in quei luoghi del mondo in cui la povertà flagella la popolazione. È nel programma di FdI: serve una “formula Mattei per l’Africa” capace di promuovere un “modello Italia” di investimenti e cooperazione allo sviluppo, rispettoso dell’ambiente e dei popoli.


Foto: Ag. Sintesi

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