Welfare

Ballarò, prostituirsi per 5 euro pensando alla dose

Ballarò è terra di nessuno, qui può succedere e succederti di tutto. È a Ballarò che la mafia nigeriana spaccia con il consenso di Cosa Nostra ed è a Ballarò che puoi trovare ragazze disposte a fare di tutto per pochi euro, anche 5, praticamente quanto costa una dose di crack. Vite disperate che una volta avevano desideri, sogni e tanta voglia di farcela, annullate dall'ennesina dose di crack e dal trovarsi accanto sempre qualcuno che le sfrutta sino all'ultima goccia di sangue

di Redazione

Non ci sono orari per le giovani donne che vivono la loro giornata a Ballarò in funzione delle dosi di crack che potranno acquistare. Per loro, il tempo è veramente relativo. Lo trascorrono sempre alla ricerca di qualcosa: del denaro per acquistare la prima dose, del pusher, di chi può dare loro quel che serve per le altre dosi. Vite che non appartengono loro, ma allo sfruttatore di turno, solitamente un fidanzato o qualcuno che si è insinuato e ha conquistato la propria fiducia plasmandole, condizionandole con ricatti che toccano i tasti delle innumerevoli fragilità.

Se, poi, fanno parte del giro di ragazze che hanno, per modo di dire, la fortuna di non sottostare a nessuno, si autogestiscono e con una sorta di passa parola trovano il cliente di turno. Considerato che una dose di crack può costare anche 5 euro, è facilmente comprensibile il genere di persona con cui avranno a che fare. Basta farsi un giro tra Ballarò, la Stazione Centrale e lo Sperone e il problema è risolto. È, comunque, estenuante questa ricerca di qualunque cosa serva allo scopo. Estenuante dal punto di vista fisico, ma anche mentale, così la forza, l’energia che una volta le contraddistingueva, ora servono solo per “darsi” a chi le aiuterà a raggiungere questo obiettivo e, dopo avere consumato qualunque possibilità, non hanno più la tempra per andare alla ricerca del coraggio per farlo. L’ultimo briciolo di energia lo mantengono per andare alla ricerca della pallina sperduta, quella briciola di polverina bianca che si augurano sia caduta per terra a qualche altro consumatore o magari a uno spacciatore distratto.

Si fanno una dose dopo l’altra, impulsivamente, freneticamente, tanto da arrivare anche a sviluppare allucinazioni, forse in parte basate sul vero, su tentativi più o meno palesi di sedarsi a vicenda per rubarsi qualunque cosa a vicenda. È una lotta impari all’ultimo sangue. Probabilmente ha ragione Lulù quando dice che le versano nella bottiglia di birra qualcosa che la faccia addormentare per poterle rubare quel che possiede.

Lulù era un fiore. Certo una ragazza che sapevi, perché te lo diceva senza pudore come se fosse la cosa più normale del mondo, che i suoi clienti li sceglieva lei tra persone facoltose, non dando conto a “quegli sfaccendati o pervertiti che per 20 euro ti chiedono di tutto”. Lei i clienti li sceglieva, non accettando meno di 40 o 50 euro, senza rendersi conto di quarto stesse svendendo la sua giovane vita.

Lulù oggi è un fiore appassito, piegata dalla vita fatta di espedienti, bugie, rincorse continue, eppure basta che rimani a parlare con lei per un po’ ed ecco che rivedi la bellezza scoperta al primo incontro, così come in fondo ai suoi occhi, oggi tristi e sfuggenti, leggi quell’effervescenza mentale che l’ha sempre distinta da tutti e tutte, invidiata da chi diceva che aveva intelligenza, bellezza, capacità di sognare. E senti che è sincera quando ti dice che vuole farla finita con quella vita, si, con quella vita che la porta a “sballarsi” ogni giorno, a cercare dove dormire se non per strada, a rincorrere chi quel B&B di turno può pagarglielo. Ma chi mai dovrebbe pagarle un B&B se non la conosce, a meno di ricevere qualcosa in cambio?

«Hai un buon profumo» ti dice, mentre cerchi di capire come strapparla a quel mondo. Te lo dice sommessamente, quasi senza farsi sentire dagli altri, quasi vergognandosi di desiderare di potersi fare la doccia tutti i giorni e dormire tra lenzuola che sanno di pulito, invece che in mezzo o addirittura al centro di un vicolo del centro storico, senza avere cognizione di quel che le potrebbe accadere durante la notte.

«Certo che voglio cambiare vita, mi piacerebbe tornare ad andare a mare, sulle barche. Sai, una volta a bordo, in mezzo all’oceano, non ti viene voglia di fare niente, non pensi alla roba, te la dimentichi».


ualche giorno prima, insieme a Lulù, c'era Lucia, anche lei amante del mare che, come diceva, l’ha salvata.

Ti racconta che ha smesso di farsi tempo fa, quando qualcuno le ha fatto capire che si stava svendendo, si stava buttando giù. E, mentre te lo racconta, scioglie la pallina di crack per collocarla sulla bottiglietta e fumarsela. Un po’ in contraddizione, ma ti ferma subito.

«Si, lo so che dico di avere smesso, ma solo ogni tanto mi faccio una fumata con gli amici e Lulù è una di questi». E, mentre te lo dice, ti guarda con quegli occhi colore del mare che ti fanno credere sia vero quel che ti racconta, che nei sogni di Lucia ci sia un orizzonte verso il quale tendere, la meta alla quale ambire per potere cacciare i demoni che albergano nell’animo di tutte queste ragazze.

«Ora devo andare – esordisce a un certo punto Lulù -. Devo raggiuingere un amico che mi aspetta. Ceno con lui e poi cerco di capire dove dormire questa sera».

Sono le 20 e Lulù non andrà a cena con l’amico. La fame per lei non è mai prioritaria rispetto ad altri bisogni. Meglio non pensare a cosa andrà a fare, in quale macchina trascorrerà le prossime ore, cosa penserà mentre sarà in compagnia dell’amico di cui parla. Il suo B&B questa sera, bene che le vada, sarà il giaciglio che si farà vicino Casa Professa

Ripassi verso le 22 e, infatti, lei è di nuovo li. È in un sonno profondo, non riesce neanche a muoversi. Provi a scuoterla, è rigida come il marmo.

«Solo 5, 6 mimuti ancora». ed è un lampo ritornare indietro nel tempo quando quei 5 minuti li chiedevi alla mamma la mattina, quando provava a svegliarti per andare a scuola. Cinque minuti ancora per illudersi che tutto vada bene, che quando aprirai gli occhi sarà tutto più bello, meno confuso e non dovrai fare a gara, non dovrai difenderti a morsi e calci per salvaguardare quel poco che è rimasto della tua vita contenuto in una borsa scucita, sporca e piena di trucchi. Una borsa che porti a tracolla come se fosse l'ennesimo trasloco.

Lulù dorme un sonno profondo mentre i vicoli di Casa Professa, tutto attorno a lei, cominciano ad animarsi di personaggi ai quali ci si rivolge per quel che serve ad annullarsi, a dimenticare ciò che si è e vestire i panni di chi è convinto di avercela fatta perché quella notte ha “risolto”. Lulù si sveglierà all’alba e, se sarà fortunata, avrà con se ancora la sua borsa con dentro tutti i suoi trucchi. Speriamo che un giorno, mettendo ordine lì dentro, riesca a vedere quel pezzetto di carta su cui un giorno volle scrivere il mio numero di telefono, che «prima o poi ti chiamo e veramente mando a quel paese tutto questo”».. Magari lo ritrova, magari squilla il telefono: «Sono Lulù, mi vieni a prendere?».

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