“Sulla stessa barca”: viaggio al Sud tra sostenibilità, lavoro e inclusione

In occasione del suo sedicesimo “compleanno”, Fondazione CON IL SUD ha organizzato “Sulla stessa barca. Tra il dire e il mare c’è di mezzo il fare”, un viaggio itinerante sulle rotte della sostenibilità ambientale e sociale. Un’occasione per far conoscere e visitare alcuni dei tanti progetti sostenuti nei territori di Taranto e Lecce che stanno producendo dei cambiamenti culturali, lavorativi, inclusivi

di Emiliano Moccia

Il viaggio è in iniziato in compagnia dei delfini nel Mare di Taranto. Entravano ed uscivano dall’acqua quasi a disegnare nel cielo delle splendide coreografie. Saltavano tranquilli, con la consapevolezza di essere sempre seguiti dagli operatori della Jonian Dolphin Conservation, l'associazione di ricerca scientifica che da oltre dieci anni studia e monitora la presenza dei cetacei nello Ionio Settentrionale. E’ da qui che ha preso inizio tra fine giugno ed inizio luglio il viaggio itinerante, tra terra e mare, sulle rotte della sostenibilità ambientale e sociale. L’iniziativa “Sulla stessa barca. Tra il dire e il mare c’è di mezzo il fare” è stata promossa da Fondazione CON IL SUD, in occasione del suo sedicesimo “compleanno”, con l’obiettivo di far visitare e conoscere alcuni dei tanti progetti sostenuti nei territori di Taranto e Lecce che stanno producendo dei cambiamenti. Perché ad essere rigenerati, quando in campo entrano risorse economiche e visioni progettuali, non sono solo i beni immobili, ma anche le persone, gli ambienti, le comunità.

E’ il caso di “Ketos – Centro euromediterraneo del mare e dei cetacei”, nato all’interno dello storico Palazzo Amati, un ex bene culturale inutilizzato e ora valorizzato attraverso l’edizione 2015 del Bando “Il bene torna comune” grazie ad un accordo Fondazione – Comune di Taranto. “Ketos”, che fa leva sull’esperienza di Jonian Dolphin Conservation, è oggi un’area museale, un’area di offerta di servizi turistici, uno spazio aperto alle start up, all’imprenditoria sociale ed una biblioteca sul mare; un centro dedicato alla promozione del mare e dei cetacei, attraverso attività formative, educative, di ricerca scientifica e di comunicazione ambientale. Tutte le attività del centro sono state strutturate e rese parte integrante di un più ampio progetto di citizen science, ovvero di partecipazione del pubblico nella ricerca scientifica promuovendo allo stesso tempo attività di educazione ambientale volte a tutelare il patrimonio marino e costiero Ionico.

Grazie al citizen science dell’associazione sono state prodotte oltre 50 pubblicazioni scientifiche in circa tre anni, avviando importanti processi di tutela ambientale per il Golfo di Taranto e rendendo Kétos uno dei punti di riferimento nazionali per lo studio e la conservazione della cetofauna. E sono numerose le richieste di tirocinio formativo e di tesi che vengono inoltrate costantemente al centro. Come quella di Alessio Vespucci, 24 anni di Castellaneta, in provincia di Taranto, studente di Meteooceanografia presso l’università Parthenope di Napoli. «Abbiamo creato con JDC il progetto formativo che consisteva nel monitorare il percorso di due esemplari di tartaruga marina della specie Caretta Caretta tramite un tag satellitare posto sul loro carapace».

Diversa è la storia di Nicola 37 anni, residente nella città vecchia di Taranto. In passato la sua vita aveva preso strade sbagliate, che lo avevano portato a vivere anche l’esperienza de carcere. Poi grazie ad un percorso di lavoro di pubblica utilità svolto presso Kétos, gli ha fatto cambiare “rotta” ed intravedere un futuro diverso. Nicola adesso far parte della Jonian Dolphin Conservation, alla quale è legato da un contratto a tempo indeterminato.

Il viaggio si è poi sposato in barca verso la provincia di Lecce, alla scoperta del progetto C.A.P. Salento (Comunità degli Agricoltori e Pescatori), sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD e realizzato da Slow Food e da quattro parchi naturali del Salento. Obiettivo principale del progetto è il coinvolgimento delle comunità dei pescatori e degli agricoltori presenti nelle aree protette, al fine di tutelarne la biodiversità, frenare il depauperamento degli stock ittici di interesse naturale e commerciale, favorire un rapporto sempre più stretto fra produttori e consumatori per rendere più trasparente il lavoro di chi produce cibo e dare dignità al lavoro degli operatori della piccola pesca e dell’agricoltura. Sono nati così quattro nuovi presidi Slow Food: tre presidi della piccola pesca di Porto Cesareo, dell’Oasi Blu di Ugento, di Torre Guaceto e un presidio del pomodorino di Manduria. Il presidio della cozza nera tarantina, per esempio, rappresenta una scommessa vincente sul futuro della città.

Perché nel corso degli anni gli effetti dell’inquinamento causato dall’industria siderurgica hanno impattato anche sul comparto della mitilicoltura. Il disciplinare del Presidio, dunque, definisce per la prima volta la procedura per la produzione della cozza nera tarantina con determinati standard che garantiscono la tracciabilità e la qualità del prodotto utilizzando attrezzi di coltivazione biodegradabili e compostabili.

Chiara D’Adamo e Lucia Barnaba, invece, sono due imprenditrici, due contadine custodi delle preziose semenze del pomodorino di Manduria. Grazie al Presidio ed al progetto sostenuto da Fondazione CON IL SUD, sono stati recuperati i semi di questa orticola, custoditi gelosamente da pochi agricoltori ed è stata recuperata un’antica coltivazione che, caratteristica fondamentale per le aree agricole del mediterraneo, non prevede quasi mai l’irrigazione. «La produzione del pomodorino richiede un lavoro immenso. La pianta non viene irrigata, se lo si fa, l’ortaggio perde la sua forma e il sapore, intenso e un po’ acidulo». Un pomodorino, quindi, che oltre ad essere gustoso è anche “rispettoso” dell’ambiente. La raccolta tradizionalmente inizia nel periodo di Sant’Antonio, il 13 giugno, e dura fino alla fine di luglio. Con i frutti più maturi si prepara la passata. Alcune famiglie – nel mese di agosto – lasciano appassire i pomodori su graticci di canne.

L’arrivo a Lecce ha consentito di gustare in tranquillità il gelato al sapore del riscatto sociale. La gelateria Defriscu offre ai suoi clienti un buon gelato scelto tra gusti tradizionali, alla frutta o senza lattosio. «Il gelato viene lavorato con cura, seguendo le ricette della tradizione e con metodi artigianali, senza l’uso di semilavorati industriali. Selezioniamo attentamente le nostre materie prime, privilegiando prodotti freschi e di alta qualità, provenienti dalla filiera corta, privi di conservanti o coloranti. Riportiamo il sapore autentico dei nostri prodotti in ogni gusto, così da regalare, ad ogni assaggio, un pizzico di felicità» hanno spiegato dalla gelateria di via Palmieri 69, nata come prima attività di Impresa Sociale della Fondazione di Comunità del Salento, prevista dal progetto Ri-Partenza sostenuto da Fondazione CON IL SUD.

In questi anni la gelateria sociale ha attivato tre contratti a tempo indeterminato, uno per una donna vittima di violenza e per un disoccupato di lungo corso che oggi è in grado di seguire il processo di produzione del gelato in completa autonomia, mentre l’ultimo è stato attivato per la coordinatrice tecnica della gelateria e della gastronomia. Sono stati attivati anche cinque contratti a tempo determinato per altrettanti giovani Neet che si sono alternati in questi due anni nella produzione del gelato e nella vendita.

Gustato il gelato, il tour “Sulla stessa barca” ha fatto tappa nell’auditorium del Museo Castromediano, nel centro storico di Lecce, per la proiezione riservata di “Qui non c’è niente di speciale”, un docu-film prodotto da Fondazione CON IL SUD e Apulia Film Commission attraverso il Bando Social Film production con il Sud, che favorisce l’incontro tra imprese cinematografiche e Terzo settore per raccontare il nostro Mezzogiorno e i suoi fenomeni sociali. Negli ultimi 25 anni sono partiti dal Sud Italia 1,6 milioni di giovani. Peppino, Anna, Alessandro Marco e Ginevra sono invece tra quelli che hanno deciso di restare.

Il lavoro del regista Davide Crudetti racconta di loro e di quello che stanno costruendo, di antiche rovine e tentativi di rinascita. «”Qui non c’è niente di speciale” è la storia del passato osservando il presente. È la testimonianza di un’emigrazione costante osservando le vite di chi ha deciso di restare, è il racconto di una ricostruzione che ha ben chiare le rovine su cui costruisce. E poi è la storia di un tentativo di rinascita, della ricerca faticosa di un’alternativa futura possibile, della forza di non dare nulla per scontato» ha evidenziato Crudetti.

Lungo il tragitto che porta all’hotel, una tappa obbligata è alla Masseria Tagliatelle, l’immobile recuperato e valorizzato attraverso un bando congiunto tra Comune di Lecce e Fondazione CON IL SUD. L’avviso pubblico prevedeva la concessione in comodato della Masseria per 10 anni, con un contributo alla gestione di 500mila euro messo a disposizione dalla Fondazione. Un’iniziativa rivolta al mondo del terzo settore in partenariato con altre organizzazioni e istituzioni, per proposte di gestione continuativa dell’immobile, con l’attivazione di servizi che rispondano ai bisogni del quartiere e della città, garantendo processi di inclusione sociale e la tutela del valore storico e artistico della Masseria. L’obiettivo è trasformarla in un uno spazio fruibile dal territorio, un luogo di coesione sociale e nuove opportunità. «La masseria ha tutte le peculiarità per diventare un luogo vivace ed inclusivo, con i suoi spazi multifunzionali, gli spazi aperti, la fortissima prossimità con un grande parco, la vicinanza al parco di via dei Ferrari oggi gestito da associazioni giovanili» ha spiegato Rita Miglietta, assessora al Patrimonio del Comune di Lecce. «Ora è il momento di tradurre idee e proposte in progetti di gestione solidi in forte connessione con la Città».

Sempre nel centro storico di Lecce è possibile avvicinarsi e conoscere il progetto “Te.De.S.Lab Weave – Mani che si intrecciano”. Un’iniziativa che mette insieme tessitura e passione per riscoprire le tradizioni locali. A portarla avanti sono 18 neofite e 3 giovani tessitrici che, dopo aver curato il primo laboratorio di tessitura base, sono divenute a tutti gli effetti discenti per i successivi laboratori di design e tessitura a fiocco leccese. Ciascuna di loro ha una storia diversa alle spalle. C’è chi ha gestito un’impresa in altro settore con oltre 200 dipendenti, chi ha già svolto attività di designer per marchi importanti, chi ha scelto di fare la mamma a tempo pieno, chi ha perso il lavoro, chi non è riuscita per una serie di eventi a realizzarsi, chi è stata vittima di violenza o ha dovuto abbandonare il proprio Paese alla ricerca di una vita migliore. Quello che è certo, guardando anche i loro lavori e le loro opere, è che ognuna ha messo in campo i propri saperi e le proprie competenze tecniche con l’idea che tante mani che si intrecciano possono realizzare un sogno, un percorso di inclusione, un’opportunità.

L’ultima tappa del giro è a Casetta Lazzaro, sui terreni valorizzati con il progetto “Utilità marginale”. L’iniziativa, promossa dalla Fondazione Div.ergo-Onlus di Lecce e sostenuta sempre da Fondazione CON IL SUD, è un programma di agricoltura sociale per il recupero e la valorizzazione di terreni incolti e abbandonati del territorio di Lecce, con il coinvolgimento di un gruppo di giovani con disabilità intellettiva. La Casetta ospita la mini-serra per la coltivazione dei micro-ortaggi. A confermare l’impatto sociale che il progetto sta avendo su persone e territorio, sono i numeri. Sette persone con disabilità intellettiva hanno svolto un percorso di formazione, realizzato nella forma di un tirocinio formativo retribuito.

Dal loro percorso sono nati i micro-ortaggi che finiscono nei piatti di alcuni dei ristoranti più raffinati di Lecce. Attualmente, infatti, dieci ristoranti acquistano con regolarità i micro-greens. Il progetto mira ad implementare la produzione e la rete commerciale. Altre tre persone, infine, hanno trovato occupazione in una cooperativa sociale, Filodolio, che si è assunta il compito di sottrarre all’incuria e recuperare scampoli di terreno nella fascia che cinge la città, coltivando legumi, zafferano, topinambur.

Il viaggio, dunque, è stato un nuovo modo per scoprire un Sud dove la “sostenibilità” rappresenta un valore ambientale e soprattutto sociale, che si costruisce e si rafforza attraverso legami di comunità. Una sostenibilità che assume la forma di una condizione necessaria per lo sviluppo, per la restanza, per generare opportunità di lavoro e di valorizzazione. Lo dimostrano le storie ascoltate, gli occhi incrociati, i luoghi visitati. Lo dimostrano le comunità che anche grazie al sostegno di Fondazione CON IL SUD stanno generando opportunità di inclusione occupazionale e sociale per le persone più fragili, rispettando l’ambiente e recuperando beni, tradizioni, colture, lavori che si portano dietro il profumo di un passato capace di guardare al futuro con speranza.

Foto di Giorgio Ciardo

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