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Barcone si rovescia a largo della Libia, nessun Paese risponde al Mayday
La scorsa notte la nave #Astral di Open Arms ha trovato un’imbarcazione in condizioni critiche, l'instabilità dovuta al peso dell'acqua imbarcata ha fatto rovesciare il barcone «Tutti sapevano cosa sarebbe successo», dicono dall’organizzazione. «È inaccettabile. Questa è omissione di soccorso».
di Anna Spena
La scorsa notte la nave #Astral di Open Arms, l’organizzazione non governativa che protegge in mare le persone che cercano di raggiungere l’Europa e che fuggono da conflitti bellici, persecuzioni o situazioni di povertà, ha trovato un’imbarcazione in condizioni critiche e ha cercato di assicurare i naufraghi con giubbotti salvagente, ma l'instabilità dovuta al peso dell'acqua imbarcata ha fatto rovesciare il barcone.
Dalle foto del momento dello scampato naufragio si comprende bene la drammaticità di quanto avvenuto la scorsa notte. Si vedono decine di migranti in mare alla disperata ricerca dei giubbotti di salvataggio, mentre altri tentano di restare aggrappati al barcone semirovesciato. Come spesso capita in questi casi molti migranti non sanno nuotare e fino all’ultimo tentano di restare a bordo della carretta del mare con la quale partono per raggiungere le coste siciliane.L’equipaggio ha recuperato i naufraghi dall'acqua durante la notte utilizzando 3 zattere di salvataggio. «Non sappiamo se ci sono dispersi», dicono dall’organizzazione. «Nessuna notizia da Tunisia, Malta e Italia».
«Tutti sapevano cosa sarebbe successo», continua l’organizzazione. «Questa è omissione di soccorso. È difficile comprendere l'inerzia deliberata delle autorità di Tunisia, Malta e Italia, su un caso così chiaro; barca molto instabile con più di 100 persone alla deriva per diverse ore senza risposta, pur avendo avvertito delle sue gravi condizioni. È inaccettabile».
Sono più di 300 le persone in pericolo che l'equipaggio di #Astral ha portato in salvo in 5 diverse operazioni negli ultimi giorni. «Erano esauste», raccontano dall’Ong, «dopo aver navigato ore a bordo di imbarcazioni sovraccariche e precarie. I loro racconti, come sempre, ci parlano di violenza e disperazione, dell’inferno dei centri di detenzione libici. Da quando siamo partiti abbiamo percorso oltre 1000 miglia nel Mediterraneo centrale nel tentativo di arrivare in tempo, di percorrere in fretta un mare pieno di persone che provano ad attraversarlo. Noi auguriamo loro buona fortuna e un'accoglienza dignitosa. Lo facciamo col cuore e con la forza della legge».
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