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Terzo settore: troppe parole dolci fanno male
L'editoriale del direttore nel numero di Vita magazine di maggio: "Non c'è occasione pubblica in cui esponenti politici ed istituzionali di qualsiasi livello non pronuncino parole di miele nei confronti del sociale e del Terzo settore". Poi la realtà dei fatti va in tutt'altra direzione
di Redazione
Non c’è convegno, webinar, tavola rotonda, intervista in cui esponenti politici ed istituzionali di qualsiasi livello non pronuncino parole di miele nei confronti del sociale e del Terzo settore. Lo spettro è largo: si va dal “cuore pulsante del Paese” di contiana memoria al riconoscimento del ruolo “fondamentale” dei soggetti sociali nella gestione della flussi di profughi in arrivo dall’Ucraina così come in queste ultime settimane ha riconosciuto in prima persona Mario Draghi. Mai come oggi in effetti il dispiegamento di ong, associazioni e volontari in Italia e al confine con l’Ucraina è decisivo non solo nella gestione della crisi, ma anche nella capacità di costruire filiere solidali fra cui Mean (Movimento Europeo di Azione Nonviolenta) e il network Stopthewar che stanno rilanciando in modo importante la cultura della pratica non violenza e della difesa non armata nel nostro Paese e in Europa.
Dolci parole che nei fatti troppo spesso fuori dall’ovatta della convegnistica diventano amare polpette avvelenate. Un elenco di sintesi giusto per avere il quadro delle ultime settimane e degli ultimi mesi. La conversione del decreto fiscale ha rivisto il regime Iva per il comparto: norma in base alla quale anche le attività svolte da enti non profit che non abbiano attività commerciale saranno sottoposte all’Iva. Norma non solo vessatoria e incoerente con la riforma del Terzo settore, ma che introduce oneri e adempimenti burocratici senza portare fondi alle casse dello Stato. Il provvedimento malgrado le rassicurazioni che venisse cancellato, è stato solamente congelato per due anni, lasciando la spada di Damocle sul collo in particolare delle organizzazioni più piccole e meno strutturate.
Non solo: è l’intero quadro fiscale della riforma del Terzo settore ad essere ancora nel limbo a cinque anni (cinque!) di distanza dai decreti attuativi della riforma. Uno stallo che, come ha denunciato con toni ultimativi il Forum nazionale, rischia di far scomparire un pezzo di Terzo settore. Il famoso cuore pulsante del Paese, per intenderci. E ancora. Nelle ultime settimane sono stati bloccati in zona cesarini due provvedimenti che rischiavano di squassare il sistema: una balorda revisione del servizio civile universale scritta “contro” enti e volontari dagli uffici del ministro per la Gioventù Fabiana Dadone (Movimento 5 Stelle) e lo sfregio alla sussidiarietà fiscale contenuto in una proposta di legge con a prima firma il leghista Gianfranco Rufa che prevede che il 5 per mille, il cui budget a bilancio già non copre tutte le scelte dei contribuenti, alimentino il fondo per l’assistenza del personale di tutti i corpi dello Stato. Obiettivo legittimo, ma del tutto alieno allo spirito della legge. La modifica è già stata approvata in prima lettura in Senato ed ora è all’esame della Camera e potrebbe drenare risorse rilevantissime a tutto il non profit italiano (prime stime approssimative calcolano una quota fra il 20 e il 30% del Fondo per il 5 per mille, oggi di poco superiore ai 500 milioni di euro). Ma se la riforma Dadone dovrebbe essere scongiurata in via definitiva, altrettanto non si può dire per la proposta Rufa.
Nel frattempo fatica ad arrivare a terra anche la riforma sulle non autosufficienze importantissima per gli anziani del nostro Paese, che nel 2050 saranno oltre 20 milioni, e per chi di loro si occupa. E, come dimostra il servizio di copertina del numero di VITA di questo mese, a fronte di un deciso aumento del bisogno sociale e di assistenza in questi due anni di pandemia e ora di guerra, sono sempre meno e sempre più in sofferenza i lavoratori impegnati nei servizi di cura e di prossimità. Si tratta di una quota rilevante degli oltre 800mila impiegati diretti in realtà del Terzo settore. La loro mortificazione è la mortificazione di chi impegna vite e professionalità per l’interesse generale e per la pace ed è quindi la mortificazione della politica. «L’uomo si distrugge con la politica senza princìpi», ci ha insegnato Gandhi. Oggi occorre tenere fede ai principi, le chiacchiere stanno a zero.
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