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Direttore Caritas Mariupol: “Due nostre lavoratrici portate in Russia con la forza”
Poco dopo la notizia della morte di due operatrici di Caritas di Mariupol per una cannonata di un carro armato russo, Fr. Rostyslav Spryniuk rivela a Tv2000: “I russi la chiamano ‘evacuazione volontaria’ ma sotto la minaccia delle mitragliatrici non c’è niente di volontario”
di Redazione
"Questa drammatica notizia lascia la nostra famiglia Caritas inorridita e scioccata. Ci uniamo nel dolore e nella solidarietà alla sofferenza delle famiglie e dei nostri colleghi di Caritas Ucraina che stanno vivendo una tragedia". Con queste parole, il segretario generale di Caritas Internationalis, Aloysius John, esprime il dolore della Confederazione alla notizia della morte di due collaboratrici di Caritas Ucraina Mariupol.
Si è saputo solo nelle ultime ore, ma il tragico attentato è avvenuto probabilmente il 15 marzo, quando un carro armato ha sparato dei colpi contro l'edificio del centro Caritas di Mariupol, uccidendo due membri dello staff e cinque loro familiari. In questo momento, a causa dell'assenza di comunicazione con la città di Mariupol e della mancanza di accesso ai locali del centro Caritas, il nostro ufficio nazionale di Caritas Ucraina sta ancora raccogliendo informazioni per determinare cosa è successo. Si presume che i due membri dello staff della Caritas, insieme alle loro famiglie, si siano rifugiati nel centro durante il periodo del bombardamento.
“Due nostre lavoratrici sono state forzatamente portate in Russia”. Lo ha rivelato il direttore della Caritas di Mariupol, Fr. Rostyslav Spryniuk, in un’intervista a Tv2000 in onda integralmente domani 13 aprile alle 15.15 nel programma ‘Siamo noi’. Le due donne si trovavano nella sede della Caritas Ucraina di Mariupol in cui sono morte sette persone (due erano operatori della Caritas Ucraina che si erano rifugiati lì con i famigliari) sotto i colpi di un carro armato russo.
“Sono state portate con la forza in Russia – ribadisce il direttore nell’anticipazione del Tg2000 – I soldati russi la chiamano ‘evacuazione volontaria’ ma quando l’evacuazione è sotto la minaccia delle mitragliatrici non si può chiamare ‘volontaria’”.
Le due lavoratrici, ha spiegato il direttore della Caritas di Mariupol, “erano nel centro Caritas ma in un altro edificio. Si sono salvate perché si trovavano sotto le scale. Sono state coperte dalle macerie ma sono riuscite a scavarsi una via d’uscita. Non possiamo rivelare i loro nomi, per non metterle in pericolo”.
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