Cultura

La cura e l’educazione sono diventate digitali. Quali conseguenze?

Esce per "la meridiana", in occasione del secondo anniversario del lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19, il libro “Migrare sul web - Comunicazione relazionale a distanza nella cronaca di un biennio vissuto con il virus” di Paola Scalari che racconta in forma di cronaca e riflessione che cosa ha comportato per i professionisti della cura e dell’educare il dover utilizzare le relazioni a distanza

di Redazione

Cosa ha significato il lockdown per i professionisti della cura e dell’educare? Come è cambiato il modo di lavorare di psicoterapeuti, educatori, docenti, operatori sociali all’indomani dell’annuncio, da parte dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, della chiusura generalizzata di ogni attività a causa della pandemia da Covid-19?
È la domanda cui prova a rispondere Paola Scalari nel suo ultimo libro dal titolo “Migrare sul web – Comunicazione relazionale a distanza nella cronaca di un biennio vissuto con il virus”, edito da edizioni la meridiana per la Collana “Quaderni di…per il cambiamento sociale” in uscita oggi, 9 marzo, in occasione del secondo anniversario del lockdown in Italia.

Una riflessione su come, due anni fa, la pandemia giungeva, d’improvviso, a interrompere, destabilizzare, impedire i ritmi della vita lavorativa dei professionisti della cura, feriti e traumatizzati anche loro dagli eventi, privandoli degli schemi di riferimento basati sul rapporto in presenza e obbligandoli a esplorare le nuove forme del rapporto a distanza. «Per gli operatori relazionali, che non potevano e non volevano lasciare sole le persone fragili prive di relazioni positive proprio mentre il vecchio mondo si chiudeva rendendoli ancor più vulnerabili, si trattava di imparare a operare con nuove variabili», afferma Scalari «di comprendere che lo schermo del computer non poteva più essere considerato un disturbo, ma un nuovo elemento dell’incontro, che la voce che arrivava da lontano non era meno vera di quella in presenza. I professionisti della cura si misero, allora, a disposizione, immaginando una visione più democratica delle funzioni di cura, riducendo la rigidità dei ruoli, cavalcando il momento più duro, ma anche il più fecondo, per avviare una trasformazione profonda del lavoro di relazione».

È stato il web a fornire risposta e antidoto all’esilio, anche per i professionisti della relazione, con uno spostamento di massa che l’autrice definisce nella sua sostanza e al tempo stesso nel significato metaforico che contiene come una vera e propria migrazione. Migrare infatti è da sempre una delle strategie di adattamento che la vita utilizza per attraversare i cambiamenti, soprattutto i cambiamenti che hanno segnato le sorti del nostro pianeta con le grandi catastrofi.

“Migrare sul web” racconta, in forma di cronaca e di riflessione, ciò che la pandemia ha significato per le professioni di cura, ma si spinge fino a lanciare proposta per il futuro: dotarsi di una nuova attrezzatura mentale, di nuovi strumenti capaci di governare la rivoluzione che sta investendo la comunicazione relazionale sempre più condizionata dall’uso di tecnologie basate “sull’assenza del corpo”. Una sfida fondamentale che deve essere colta per non perdere, attraverso il monitor, la parte emotiva ed umana del lavoro di cura. «La pandemia si concluderà», conclude Scalari «l’uso di internet, per chi lavora sulle relazioni umane, non cesserà. L’esperienza di migrazione nella Rete rimane un momento di svolta nell’esercizio dell’attività di operatore relazionale. Il professionista che la porta avanti, la studia, ne fa campo di ricerca è perciò già nel futuro».

«Paola Scalari usa solo 3 tempi verbali: il passato remoto, per il racconto dei giorni più duri del lockdown, l’imperfetto e il presente; una scelta che conferisce ritmo al racconto e rende, a tratti, molto cruda la narrazione», afferma Elvira Zaccagnino, direttrice di edizioni la meridiana «Il futuro è un tempo assente dal racconto, ma è proprio al futuro che Scalari intende parlare: i professionisti della cura non possono non occupare lo spazio del web e farlo con professionalità riscrivendo, se necessario, anche le proprie pratiche».

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