Economia
Educatori negli enti locali, la trattativa per il nuovo contratto
Siamo a un punto cruciale per quanto riguarda il giusto riconoscimento delle professioni educative nella Pubblica amministrazione, con la ricollocazione di profili attualmente sotto inquadrati e il riconoscimento di profili di recente istituzione. Un tema importante non solo sul fronte economico ma anche culturale, per superare una visione distorta della professione spesso ingiustamente vista come vocazione “missionaria”
di Fabio Ruta
Due importanti tavoli negoziali sono aperti per il rinnovo dei contratti della Sanità e delle Funzioni Locali, oltre alla parte economica le trattative investono aspetti importanti che riguardano l’innovazione della Pubblica Amministrazione. Tra questi particolarmente rilevante è il tema della individuazione e valorizzazione delle professionalità, che passa attraverso la ricollocazione di profili attualmente sotto inquadrati in relazione ai titoli di accesso ed al livello di formazione richiesto ed anche attraverso il riconoscimento di profili di recente istituzione.
Per quanto riguarda le professioni educative, questi due livelli di intervento sono oggi urgenti e migliaia di lavoratori e le loro famiglie attendono, da parte del Governo, decisioni opportune e coerenti con il quadro normativo vigente. Nel comparto della Sanità si attende che venga finalmente incluso il profilo dell’Educatore Professionale Sociopedagogico il cui quadro normativo di competenze è stato completato e precisato dal decreto congiunto dei Ministri Speranza e Messa dell’Ottobre 2021 (emanato in seguito alle previsioni dell’Articolo 33 bis D. L. 104 del 14/08/2020), che ne precisa funzioni e ruolo negli ambiti socio-assistenziali, socio-sanitari e nei servizi della salute. Nel contratto delle Funzioni Locali si attende invece da oltre vent’anni che venga riconosciuto il giusto inquadramento degli Educatori Professionali (includendo in questa definizione sia gli Ep sociosanitari che quelli Sociopedagogici).
La situazione paradossale che si trascina ormai da tempo immemorabile ha portato ad un inquadramento a macchia di leopardo di queste figure nel comparto degli enti locali sul territorio nazionale. Quindi a fronte di Comuni e Consorzi dei servizi sociali che già da tempo inquadrano gli educatori in fascia D, riconoscendo la loro formazione di livello universitario, molti altri fanno orecchie da mercante e continuano a mantenerli nella fascia inferiore. Questo comporta un danno economico a questi lavoratori, che vengono sottopagati in relazione alle loro competenze e responsabilità, ma anche un danno sul piano giuridico (non riconoscendone appunto il livello professionale) e culturale (contribuendo a trasmettere una immagine distorta della professione spesso ingiustamente vista come vocazione “missionaria”, anziché come lavoro legato a competenze disciplinari e scientifiche).
Si spera che le attese delle professioni educative, a “questo giro”, non vengano nuovamente disattese e frustrate da Aran e quindi dal Governo che rappresenta, che a parole ringrazia tutti i professionisti sanitari, socioassistenziali e educativi. È ora di dare concretezza alle richieste esposte dalle Organizzazioni Sindacali e non solo. Dal mondo professionale, in passato ed anche recentemente, si sono sollevati appelli affinché questi “gap” vengano colmati ed i contratti riconoscano piena dignità al lavoro educativo. Ciò riguarda, in questo caso, i settori pubblici. Occorre, come spesso sottolineato, prendersi cura di chi cura. E la “cura educativa” è una cura sociale, che si rivolge ai soggetti fragili ed alle fasce deboli, ma più in generale alla intera collettività.
Fabio Ruta, Educatore, Dottore in Consulenza Pedagogica e Ricerca Educativa
Photo by Dan Farrell on Unsplash
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