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Sanità, il volontariato motore del cambiamento

Si è svolto il primo evento di Bergamo capitale italiana del volontariato, una scelta simbolica fortemente voluta da Anci e CsvNet. Numerosi e qualificati gli interventi durante i lavori coordinati fondatore di VITA, Riccardo Bonacina. Il ruolo indispensabile di milioni di volontari all'interno del sistema sanitario nazionale e la necessità di cambiare il passo, alla luce della pandemia che ha sconvolto il mondo

di Redazione

«Volontariato e sanità sono le due coordinate che ci hanno portati a Bergamo»: Riccardo Bonacina ha sottolineato, in apertura del convegno “Il volontariato che cambia la sanità. Il tempo della relazione è tempo di cura”, i motivi del primo appuntamento di “Bergamo capitale italiana del volontariato”, che si è tenuto questa mattina al Centro congressi Giovanni XXIII. «Il volontariato è necessario per tessere e ritessere relazioni nei territori, da qui la domanda fondamentale su cui riflettere: come le istituzioni possono valorizzare questo impegno?», ha aggiunto il fondatore di Vita, che ha coordinato i lavori.

Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha portato i saluti della sua Amministrazione e della città. «Il volontariato si occupa di assistenza dei pazienti, supporto psicologico, trasporto, accoglienza e ospitalità dei parenti, raccolta fondi per borse di studio e altro, promozione ricerca, acquisto attrezzature, automezzi e macchinari. Forse la società riconosce al volontariato, al pari dei medici che stanno in corsia, più di quanto le istituzioni riconoscano. Impossibile parlarne senza fare riferimento a ciò che è accaduto negli ultimi due anni: non solo l’impegno dei tantissimi volontari di Bergamo ma anche l’ondata forte di solidarietà che ci ha raggiunti. Abbiamo imparato nell’esperienza del Covid che la nostra forza, personale e di comunità, discende molto dalla ricchezza dei legami che ognuno di noi può vantare. Il senso del volontariato sta proprio in questo, in estrema sintesi. L’anno del volontariato, per Bergamo, è l’occasione per rigenerare la cultura del volontariato in questo territorio, che è molto radicata: esprime 4.300 associazioni, centomila volontari ma ha anche dei punti di fragilità che dobbiamo colmare».

Con Bonacina, sul palco, il presidente del Csv Bergamo, Oscar Bianchi. «Siamo le sentinelle del territorio e dobbiamo essere capaci di portare le istanze di tutto il mondo del volontariato ai tavoli delle istituzioni. Il cittadino, dopo questa pandemia, si sente chiamato in causa. Le case di comunità sono le prime istanze che ci stanno giungendo e devo dire che la politica ci sta coinvolgendo, nella logica della coprogettazione e della coprogrammazione. Ciò ci carica di responsabilità, ma sono sicuro che abbiamo le competenze e siamo soggetti credibili».

Il vicepresidente dell’Anci, Stefano Locatelli, ha sottolineato che «il mondo del volontariato e del Terzo settore è il più prezioso alleato dei Comuni. Rappresenta il ponte tra le istituzioni e i cittadini, in particolare quelli più vulnerabili, in condizioni di disagio o marginalità sociale, i più esposti al rischio di povertà sanitaria e alla difficoltà di accesso ai servizi e alle prestazioni. La chiusura dei Centri anziani, durante la pandemia, ci ha fatto comprendere l’importanza di quelle associazioni che agiscono più in sordina. Grazie al Pnrr, abbiamo l’occasione di avviare e strutturare un processo di potenziamento e qualificazione della sanità territoriale, a cui destina 7 miliardi, e delle infrastrutture dei servizi sociali (a cui destina un miliardo e mezzo). È necessario promuovere una sanità innovativa e più vicina ai cittadini. Ciò sarebbe coerente con gli obiettivi del Pnrr di promuovere un’assistenza domiciliare efficacemente integrata e di fare delle Case della comunità non dei semplici centri ambulatoriali di prestazioni sanitarie ma dei veri e propri punti di riferimento per la collettività, in grado di mettere in rete e aggregare servizi complementari».

Per Pasquale Gandolfi, presidente della Provincia di Bergamo, «il mondo del volontariato è un fiore all’occhiello del nostro territorio. La pandemia ha cambiato il volontariato ma anche mostrato i punti deboli dell’organizzazione sanitaria, indicando elementi fondamentali per la sua riforma e mettendo in luce che il concetto di salute sia più ampio della semplice cura della malattia: il passaggio dall’azione del curare, tipico dell’ospedale che si deve occupare delle situazioni acute, all’azione del prendersi cura del paziente. E qui risulta fondamentale il ruolo del Terzo settore».

Gli interventi istituzionali si sono conclusi con il videomessaggio della vicepresidente della Regione Lombardia e assessore al Welfare, Letizia Moratti. “Le conseguenze del Covid sulla socialità e sui giovani – ha detto – ci mettono davanti a una delicata situazione. Se a distanza di due anni possiamo dire che ne siamo usciti migliori, è anche grazie al volontariato. Mi piace pensare a Bergamo come al capitano di una squadra nella quale in tanti hanno giocato. Bergamo, in questi due anni, è diventata simbolo di sofferenza ma anche di orgoglio e rinascita”.

Numerose le testimonianze, a cominciare da quella portata dalla docente di Filosofia della cura dell’Università di Verona, Luigina Mortari: “Noi siamo ciò di cui ci prendiamo cura: lo diceva il filosofo Martin Heidegger. L’esperienza della pandemia per certi aspetti ci ha portato all’attenzione le cose più importanti per la vita, che devono esserlo anche per la politica. Le istituzioni che più hanno sofferto sono quelle sanitarie ed educative, cioè i luoghi dove lo Stato si prende cura dei cittadini. Non c’è vita se non c’è cura. La pandemia ci ha insegnato che ci eravamo dimenticati di prenderci a cuore la vita. Non dobbiamo illuderci che la pandemia abbia sgretolato le logiche finanziarie e liberistiche, però ha messo in evidenza quanto queste logiche siano lontane dal senso dell’essere. La massima libertà non è l’essere liberi dai vincoli, che non è umanamente possibile, bensì lo stare là dove la necessità ci chiede di stare. Come fanno le associazioni di volontariato. Siamo dipendenti gli uni dagli altri».

La direttrice generale dell’Asst “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo, Maria Beatrice Stasi, ha ricordato quanto il rapporto dell’Azienda sanitaria con il mondo del volontariato sia profondamente radicato. «Sono 60 le associazioni che ruotano attorno alla nostra Asst», ha detto, «e ci sono state accanto nel periodo della pandemia sinché è stato possibile. Sono un valore aggiunto nell’umanizzazione dell’assistenza ai malati».

Il virologo Fabrizio Pregliasco è intervenuto nella veste di presidente dell’Anpas, una rete di associazioni che conta 101.500 volontari e quasi mille pubbliche assistenze sul territorio. «A differenza di quanto faccio nel mio ambito professionale, non mondo del volontariato cerco sempre le contaminazioni perché siano profondamente interconnessi. Il volontariato sociosanitario, e includo anche gli amici della Croce Rossa Italiana e del mondo delle Misericordie che sono elementi storici, è stato rilanciato dal quadro di sofferenza che abbiamo visto. La pandemia ci ha costretti a dare risposte ai nuovi bisogni, con grande flessibilità».

«In Lombardia mi sono dovuta confrontare sin dall’inizio con la sfida dell’allora legge regionale 23 del 2015, che ha cambiato il paradigma dell’assistenza sociosanitaria nella nostra regione», ha sottolineato Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). «Quella legge chiariva che il Terzo settore e le associazioni del volontariato non erano da considerarsi sostitutivi e integrativi con i servizi erogati dal Servizio sanitario regionale, ma andavano visti in una logica di complementarietà su alcuni percorsi. Questo principio della norma ho cercato di tradurlo nella pratica, nel mio ruolo di direttore sociosanitario dell’Asst di Bergamo Ovest. Sono sempre più convinta che non siano la struttura sanitaria e il suo management a far nascere i servizi senza un confronto con chi quei servizi deve utilizzare».

«Siamo tutti chiamati a un cambio di sguardo e di mentalità, a scelte di metodo e formazione per realizzare tutti insieme un welfare di prossimità, reso ancor più necessario dalle evidenze della pandemia», è il parere di Andrea Costa, Sottosegretario al ministero della Salute. «Il ruolo del volontario è fondamentale, in particolare in un contesto come il nostro», gli ha fatto eco Aurora Minetti dell’Associazione cure palliative. «I nostri volontari hanno come primo obiettivo l’andare incontro a una domanda che spesso rimane sottesa, quella dell’ascolto. Dobbiamo esserci in una presenza silenziosa e poco invadente».

«Il volontario ha le mani nella carne della sofferenza di una persona, che è fisica ma anche psicologica, emotiva e relazionale», è il parere di Pasquale Intini della Fincopp Lombardia Odv. «Il volontario sente empaticamente, condivide e sostiene la sofferenza di chi deve attraversare quel processo di cura».

Il direttore dell’Istituto Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, nel ripercorrere le tappe di questa pandemia ha detto: «La comunità scientifica mondiale sapeva dei contenuti di una ricerca pubblicata su Lancet il 24 gennaio del 2020, ma li ha sottovalutati, non li ha presi sul serio, neppure negli Stati Uniti. Si è perso tempo utile. Chissà che il Coronavirus non possa essere l’occasione per inventare qualcosa per cui lo Stato abbandoni i meccanismi legati al mercato e promuova la cooperazione in tutti i campi ma soprattutto in quello più delicato, quello della salute dei cittadini, e che sappia includere le tante forme di volontariato che ci hanno aiutato a superare questo periodo».

Paola Bocchi, volontaria di “Verso una comunità della salute sul Serio”, ha posto l’accento su tre aspetti fondamentali: la gratuità del volontariato, il concetto della salute globale e l’attenzione per la persona nella sua interezza e per l’ambiente in cui vive. L’attore Giacomo Poretti, che in passato ha lavorato da infermiere, ha appena pubblicato un libro dal titolo “Turno di notte”, che parla del massacrante lavoro in corsia. «Da ex infermiere, quando ho visto certe immagini legate agli ospedali in periodo di pandemia, mi sono detto: vuoi vedere che è la volta buona che viene riconosciuto quanta fatica fisica e mentale può provare un infermiere o un medico durante il lavoro? Negli anni Settanta facevo turni dalle 22 alle 6, senza fermarmi un attimo, perciò so di che cosa parliamo oggi».

Chiara Tommasini, presidente di CsvNet, ha chiuso la lunga mattinata e tirato le conclusioni. «La parola chiave che mi viene in mente è rinascita. Una parola netta, che non ammette vie di mezzo. Vorrei che avessimo forte in noi il bisogno di rimettere a posto tutti i pezzi. L’Italia ha bisogno di guardarsi allo specchio e vedersi più bella. Anche la sanità ha bisogno di rinascita, questi due anni in parte l’hanno snaturata e messo in evidenza i lati deboli, ma che possono essere corretti. Anche il volontariato ha bisogno di cura, anche se non si è mai tirato indietro. L’auspicio è di rientrare al più presto nella normalità relazionale».

Per rivedere tutta la videoregistrazione del convegno, cliccare qui (dal minuto 13).

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