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Qui Leopoli, studiamo Dante contro i carri armati
Nei giorni scorsi avevamo intervistato alcuni professori dell'Università di Leopoli. Si era ovviamente parlato anche della guerra alle porte. Della paura e della rabbia che un'ipotesi del genere provocava. Di chi si preparava a combattere e chi teneva la macchina con il pieno, pronto a scappare. Ecco le loro voci.
Voci che si levano alte come quelle del professore Orest Vasylko, direttore del Centro italiano “Leonardo da Vinci” del Politecnico di Leopoli, e della vice-rettrice dell’ateneo ucraino, Nataliya Chukhray. Proprio da quest’ultima arriva un fotogramma che offre alla storia la consapevolezza di come le donne siano capaci di imporsi e raggiungere ruoli apicali, ma anche di abbandonare tutto e affrontare i conflitti, spinte dalla necessità di difendere la propria famiglia.
Uniti anche in questo momento di grande crisi. Vice- rettrice, mi sembra di capire che siete pronte a scendere in campo molto concretamente.
«Io faccio yoga e sport ogni mattina, ma so che devo essere pronta in ogni momento a fare tutt'altro. Le nostre donne già studiano come usare i fucili per difendersi. In quanto mamme, quando arriverà il momento di affrontare il pericolo, dovremo sapere dove lasciare i nostri figli, dove scappare, come nutrire la famiglia. E sparare se sarà necessario. Siamo, però, pronte».
Come sta vivendo da donna ciò che sta succedendo nel suo Paese.
«Come donna ma anche come cittadina è tutto molto difficile, anche perché si tratta di unire il popolo e di rafforzarlo, mostrando la forza della nostra identità nazionale. In periodo di pace ci siamo divisi a causa della cultura, della religione, ma oggi fortunatamente ci sentiamo più uniti».
La figura della donna in Ucraina è molto importante. Lei, per esempio, è stata la prima donna a ricoprire un posto di potere all’interno del suo ateneo.
«Sono stata nominata vice – rettrice cinque anni fa, la prima nella storia di tutta la mia Università. Dopo di me è arrivata un'altra donna, Liliia Zhuk, oggi vice-rettrice del Dipartimento di Educazione e Sviluppo Strategico. Proprio mezz’ora fa ha tenuto un intervento davanti al Rettore sull’equilibro di genere. Un tema che ci sta a cuore e sul quale vorremmo sviluppare progetti proprio con l’Italia. Per quanto riguarda gli studenti, invece, siamo al 50% circa tra donne e uomini: le prime scelgono i diritti, il management, i secondi le discipline tecniche. Ma il nostro scopo non è quello di avere più donne, quanto di offrire opportunità a tutti sul solco dell’uguaglianza di valore».
Opportunità che, in questo momento, non è propro così facile offrire. Direttore Vasylko, che tipo di messaggio sta passando su quanto é in corso nel Paese?
«Tanti pensano che a volere la guerra sia il governo e non il popolo. Ovviamente nessuno la vuole, ma se dovremo difenderci lo faremo, siamo pronti. Noi nasciamo come paese agricolo abituato a lavorare quindi non ci spaventa nulla, ma questi giochi non li conosciamo; e comunque non ci interessano. Io, poi, non sono un politico, dico solo che siamo un paese di pace che ama instaurare collaborazioni. Ne abbiamo di bellissime con l’Italia. Poco più della metà dei nostri cittadini vorrebbe entrare ufficialmente in Europa. La nostra è sicuramente una mentalità europea e la nostra gioventù è molto avanzata perché si confronta, per esempio, con programmi come l’Erasmus in Polonia, dalla cui frontiera ci separano solo 40 km. Per noi ucraini è molto importante spiegare al popolo europeo che ci sentiamo Europei dentro. La Comunità Europa non si sa cosa diventerà domani, ma per noi è importante che la nostra Costituzione indichi la direzione verso l’Europa, la Nato. Questo non vuol dire che ne faremo parte l’anno prossimo perché dobbiamo fare ancora di strada. Quando saremo pronti faremo la richiesta ufficiale, ma solo Dio sa cosa succederà in Europa tra qualche anno».
La sua Università crede nelle relazioni, nelle connessioni. E lo fa portando con sé una storia importante essendo uno dei più antichi atenei dell’Ucraina.
«Ha 280 anni circa di vita e oggi ha 14 istituti e 101 dipartimenti, dove circa 39mila studenti si specializzano in numerose discipline. Siamo, però, principalmente un Politecnico. Io insegno italiano e rappresento la nostra università come direttore del Centro Italiano "Leonardo da Vinci", favorendo la collaborazione tra Italia e Ucraina. Leopoli è un centro culturale in assoluto per studenti. Rapporti tessuti anche con le associazioni di altri Paesi, ma per ora siamo fermi sia a causa del Covid sia per il pericolo della guerra. Capiamo che i nostri partner possano avere paura».
Creare rapporti che coinvolgono culture e identità diverse non è quasi mai facile. Mediter, per esempio, è una rete euro araba che lavora con l’Università di Leopoli. e Victor Matteucci, presidente di questa organizzazione dal respiro transnazionale, è un interlocutore importante per il professore Vasylko. Dal loro incontro sono nate notevoli sinergie.
«La parte occidentale dell’Ucraina, quindi Leopoli, ha una vocazione europea storica. Mediter collabora con l’Università da anni, anche perché c’è una grande vocazione dei giovani a partecipare a scambi e programmi di cooperazione internazionale. Ho, per esempio, incontrato anche diverse imprenditrici ucraine all’ambasciata ucraina a Roma, con la quali si è instaurato un rapporto molto forte. Non so se sia la stessa cosa per Kiev, ma Leopoli va in questa direzione. Le donne in Ucraina hanno ruoli di leadership sia a livello privato imprenditoriale sia come management universitario, ma perché la base culturale è molto elevata. Parliamo di un paese strategico dal punto di vista economico, ma anche culturale e intellettuale, molto avanzato sul piano dei diritti, dell’ emancipazione delle donne e dell’uguaglianza di genere. Una composizione sociale molto interessante».
Kiev e Leopoli, professore Vasylko, due realtà che riescono a incontrarsi dal punto di vista culturale?
«Direi che non c’è tanta differenza culturale tra di loro. Kiev, come Roma, è un centro nel quale si riuniscono tutte le culture ucraine. La maggioranza viene proprio dalla nostra regione. Geograficamente e politicamente è suddivisa come l’Italia. La nostra città è stata sotto regime sovietico per 70 anni. Leopoli è stato il centro di fuoco della rivoluzione di identità con Viktor Yanukovic. Rivoluzione che si è svolta a Kiev, il cui popolo ci ha sostenuto, dimostrando di essere dalla nostra parte».
Professore, lei parla di scambi e relazioni. In questo momento ce ne sono di specifici?
«Intanto c’è sempre tanta richiesta di conoscere la storia dell’Italia. Stiamo collaborando strettamente con l’ambasciata italiana in Ucraina e anche con l’Istituto di cultura italiana. Proprio due giorni fa ho preso parte a un forum internazionale tenuto a Kiev, al quale è stata invitata la nostra università, per un progetto su Dante Alighieri al quale partecipa il nostro centro. Tra due settimane si svolgerà a Kiev una mostra alla quale parteciperanno artisti italiani che rappresenteranno e racconteranno Dante. L’abbiamo presentata insieme al direttore dell’Istituto di cultura italiana e al vice ambasciatore della Repubblica Italiana in Ucraina, decidendo che tra due mesi l’ospiterà anche la nostra università, qui a Leopoli. Il momento finale prevediamo che sarà a Roma. Tra i tanti progetti in cantiere ne abbiamo uno con la "Sydonia Production" di Luca Trovellesi che vuole creare un centro cinematografico proprio a Leopoli. Non dimentichiamo, però, anche gli ottimi rapporti con il Vaticano, in modo specifico con monsignor Jean-Marie Gervais, presidente dell’associazione culturale “Tota Pulchra”, con il quale collaboreremo per iniziative di carattere prettamente culturale».
Il fatto che le lezioni in questo momento si svolgano a distanza tiene la situazione sotto controllo. Ma la paura, vice-rettrice. quanto appartiene alle vostre giornate? Come le scandisce?
«Certamente abbiamo paura. Siamo preoccupati, ma anche abituati. Mio figlio abita a Kiev e anche lui, nonostante non abbia grandi paure, ha la macchina con il pieno di benzina già fatto, pronto per scappare. Fortunatamente Leopoli si trova lontano dall'epicentro di fuoco, quindi molti guardano a noi come luogo in cui trovare una sorta di riparo. Pensate che gli affitti sono già aumentati più del doppio. Le ambasciate americana e australiana si sono anche trasferite qui da Kiev».
Direttore Vasylko, come potere rassicurare chi è fuori dall'Ucraina e osserva senza potere fare niente?
«Noi viviamo da 8 anni in questa situazione e siamo abituati al pericolo. Possiamo solamente dire di non prendere per oro colato ciò che passa come informazione. Solo chi vive qui può raccontare ciò che accade veramente».
Pensate che il pericolo sia reale o che la situazione si risolverà presto?
«Due giorni fa ci siamo preoccupati perché ci hanno detto che gli accordi di pace sono saltati, invece le ultime notizie ci dicono che una parte dell'esercito russo lascerà le nostre frontiere. Il 50% spera che tutto passerà presto, mentre l'altra metà della popolazione è pronta ad affrontare ogni pericolo. Come dicevamo, anche le donne si stanno attrezzando per lasciare il posto di lavoro e difendere le loro famiglie. Siamo sempre più consapevoli che questo momento potrebbe arrivare molto presto».
Siete più arrabbiati o delusi?
«Siamo delusi dalla politica che non rispetta le promesse. I politici dovrebbero pensare alla geopolitica, invece badano solo ai propri interessi. Ne vediamo tanti che, con il loro agire, ci fanno capire sempre di più che, se non difendiamo noi il nostro popolo, non può farlo nessuno. Possiamo solo ringraziare quei paesi che ci danno supporto morale perché è importante in questo periodo sapere di non essere soli».
Possiamo solo lontanamente immaginare quello che state vivendo. Qual è il primo pensiero appena vi svegliate e quale l'ultimo prima di chiudere gli occhi la sera?
«Ci svegliamo e andiamo a letto facendo la stessa cosa e cioè ascoltando le notizie. In 30 anni, sin da quando abbiamo ottenuto l'Indipendenza, siamo passati attraverso due rivoluzioni e da 8 anni viviamo in questa situazione di sofferenza infinita. Speriamo solamente che tutto finisca prima possibile».
Professoressa Chukhray, quale messaggio vorreste lanciare all'Europa?
«Vorremmo poterci svegliare e occuparci solo della nostra famiglia, dei figli, fare sport, cose molto normali. Ci auguriamo tanto buonumore ogni giorno. E che venga molto presto il momento in cui possiate accettare il nostro invito a visitare la nostra bella città nella più assoluta pace e armonia».
Foto in apertura, Darya Tryfanava su Unsplash
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