Economia
Dopo il Covid, il cambiamento arriverà
Nell'annuale Rapporto dell'Associazione Nazionale Cooperative Consumatori (con Nomisma), le speranze e i timori degli italiani. Una spinta a cambiare se stessi ma anche la società, sempre con un occhio all'emergenza pandemica
Cambiare non stanca. L’appuntamento coi survey di fine anno dell’Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori – ANCC, fra voglia di ripresa, sentimenti di speranza e, ovviamente, con qualche timore, riconduce ancora una volta, per una notevole fetta degli interpellati, alla parola “cambiamento”. Il 19% per cento degli intervistati la indica infatti come la parola dell’anno che verrà, dietro a “speranza”, che compare nel 35% delle risposte, e poco sotto “ripresa”, indicata da 16 interlocutori su 100.
Certo, un cambiamento, che risente anche delle incertezze legate all'emergenza, come osservano alla stessa ANCC che, in una nota, parla di italiani "in bilico sul trampolino, pronti al grande salto verso il nuovo futuro a cui la pandemia sembra aver dato inizio, ma allo stesso tempo su quello stesso trampolino ancora trattenuti dalle incognite del momento".
Dalle due ricerche, curate dell’Ufficio studi Coop, condotte in dicembre e quindi già nel pieno delle nuova ondata pandemica, una in collaborazione Nomisma, “2022, Coming Soon – Consumer” su un campione rappresentativo della popolazione italiana e la seconda, “2022, Coming Soon – Manager”, sulla community di esperti del sito italiani.coop, dalle due ricerche, dicevamo, emerge una foto interessante su come gli anni del Covid hanno comunque generato, in molti, la voglia di cambiare, a cominciare da se stessi.
Indicando gli obiettivi, le aspirazioni, i desideri per il nuovo anno, i rispondenti evidenziano sempre, anche se a diverso titolo, la necessità di una mossa personale: il cambiare, per esempio, l’attitudine verso il proprio benessere e la propria salute, riconducibile a quel “prendersi cura di sé”, indicato dal 57% degli intervistati; o il mutare rapporto fra la vita professionale e la vita di relazione, citato da 56 su 100, alla voce “cercare un nuovo equilibrio tra lavoro e vita privata”.
O, ancora, “rivedere le proprie priorità” che, il 55% associa come passo necessario per il post-Covid; un “dopo” a cui 21 interlocutori su 100 annettono anche la possibilità “di costruirsi una nuova vita”, mentre quasi uno su tre, pari al 29% del campione, “pensa di cambiare lavoro”, praticamente il rimbalzo italiano della Great Resignation, il fenomeno delle dimissioni massive, che ormai sta caratterizzando molti Paesi, Stati Uniti in primis.
Certo, tutto appare coniugato al futuro, nella consapevolezza di dover uscire ancora dall’emergenza sanitaria, ma che non si possa restare più quelli di prima, lo si vede anche dall'area dei valori e dell'impegno.
Il “cambiamento climatico” registra, per esempio, una percentuale elevatissima di risposte (78%) nella convinzione che “gli Stati di tutto il mondo devono porvi rimedio con la massima urgenza” (82%).
Un cambiamento che non è però solo rimesso alle determinazioni dei Paesi e delle organizzazioni sovrannazionali perché, spiega la ricerca di ANCC, “il 97% si dice disposto a cambiare almeno alcune delle proprie abitudini”, mettendoci cioè del proprio. Certo, indicando soluzioni le più diverse, e talvolta mettendo dei paletti a difesa del proprio stile di vita: “Disposti a acquistare lampadine a basso consumo (pensa di farlo l’80% del campione), gli intervistati eviterebbero gli sprechi alimentari (61%), ma solo il 18% rinuncerebbe alla lavastoviglie, il 15% sceglierebbe l’usato e appena il 14% ridurrebbe l’uso della lavatrice”.
È forse la medesima voglia di cambiamento di fondo che può spiegare la forte fiducia nella tecnologia e nei suoi sviluppi: “Quasi 9 italiani su 10 si vedono nello spazio entro il 2050”, prosegue ANCC, “e 6 su 10, se potessero, manderebbero già oggi cartoline dalla luna. Entro il 2030 la realtà virtuale farà parte della quotidianità per il 57% degli intervistati, nello stesso periodo per 4 italiani su 10 la carne sintetica sarà consuetudine sulle nostre tavole e sulle nostre strade circoleranno auto a guida autonoma per un intervistato su tre (37%)”.
Nel campione del survey sugli esperti, invece, nei prossimi 10 anni “saranno le nuove fonti energetiche (58%) e poi big data (38%) e biotecnologie (35%) a determinare i maggiori impatti economici e sociali”.
Con la voglia e in attesa di cambiare, consapevoli dell’incertezza legata all’emergenza sanitaria (la parola “timore” era comunque indicata dal 7% degli intervistati), gli italiani del campione di ANCC, prevedono qualche contenimento dei consumi: “Diffidenti sulla reale disponibilità economica futura e sulle restrizioni che saranno imposte, gli italiani nel 2022 tagliano su ristoranti e bar (il saldo tra chi ci andrà di più e chi lo farà di meno è -13%), concerti e spettacoli (-12%), cinema (-10%), teatri e musei (-9%). Preferite le soluzioni fruibili da casa (film, ecommerce, smart working)”.
Nelle due ricerche, che saranno consultabili online dal 15 gennaio a questo link, anche notizie interessanti sull’andamento dei prezzi, col grande tema del ritorno dell’inflazione, legata anche alle variazioni di prezzo dell’energia che si riflettono su diverse filiere e quindi, inevitabilmente, sui punti vendita. Dal survey dei manager e degli esperti delle cooperative aderenti, si rileva che questi professionisti “stimano un incremento medio dei prezzi alimentari superiore ai 3,5 punti percentuali con una ondata inflattiva che per il 63% del campione riguarderà sicuramente tutto il 2022”.
Dati che fanno prevedere “la ricerca di punti vendita e canali più convenienti e riduzione degli sprechi molti italiani fronteggeranno il carovita con un diffuso downgrading del carrello, soprattutto al Sud e nella lower class, segnando peraltro una nuova ancora più consistente divaricazione dei consumi rispetto ai ceti più abbienti”.
Approfondisci su ANCC.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.