Economia

Il “Social factor” che cambia l’economia e guarda al futuro

Il racconto dei progetti di nove giovani imprese sociali che, figlie della 381/91, hanno cambiato e stanno cambiando la società e le comunità sono state al centro dell'evento di fine anno di Vita. A trent'anni dalla legge le storie e le esperienze presentate hanno mostrato la dinamicità di un mondo proteso a un futuro economicamente sostenibile e inclusivo che pone al centro le persone

di Antonietta Nembri

Un racconto lungo due ore per raccontare 30 anni di cooperazione sociale, ma soprattutto per comprendere cosa le cooperative sociali possono dire per il nostro futuro. Questo è stato “Il Social Factor che cambia l’economia”, l’evento di fine anno di Vita realizzato, in collaborazione con Federsolidarietà e Legacoopsociali, per il trentennale della legge 381 che lunedì 13 dicembre ha portato a Base Milano le storie e i protagonisti di un mondo che nel nostro Paese è composto da 15mila cooperative sociale con un fatturato aggregato di 16 mld e che negli ultimi cinque anni hanno creato 50mila posti di lavoro. Imprese che danno lavoro a 480mila persone, di cui 78mila svantaggiate.
Un mondo che in questi trent’anni non è rimasto fermo, si è evoluto ha aperto strade e si è allargato alle imprese sociali, alle società Benefit a tutto quel sistema insomma che è l’economia civile, il Terzo Pilastro produttivo e comunitario.


da sx Lamberto Bartolé, Maria Grazia Campese e Riccardo Bonacina nel salone di Base Milano

A condurre la trama del racconto accanto a Riccardo Bonacina, fondatore di Vita, Maria Grazia Campese ella stessa una protagonista di questo mondo essendo la presidente della cooperativa sociale Spazio Aperto Servizi di Milano, una realtà con oltre mille dipendenti e che «ha intessuto in quasi tre decenni una storia d’amore intensa con la città». Prima di dare la parola alle nove storie che da nord a sud dell’Italia hanno portato esempi concreti del social factor che cambia l’economia, sul palco è salito l’assessore al Welfare del Comune di Milano, Lamberto Bartolé che ha riconosciuto come senza il Terzo settore «saremmo più deboli nel costruire reti e più poveri di idee» e che oggi per arrivare a vere coprogrammazione e coprogettazione «dovremo rapportarci al Terzo settore come a un partner, non come a un fornitore, ma serve un salto culturale».


Nell'immagine a sinistra Antonio Capece mostra la chiave simbolo del progetto su Villa Fernandes; Laura Gaspari con la valigia di "On the road"

La parola è poi passata alle esperienze e ai progetti che stanno creando comunità, innestando segni di cambiamento da Sondrio a Portici, da Torino a San Benedetto del Tronto, da Lecce a Empoli, a Milano e alla Puglia. Ciascuna esperienza è stata presentata con un filmato e un oggetto. E così dalla Valtellina Federico Marveggio ha portato un zaino simbolo del progetto “Vicinixcaso” di Forme Impresa sociale in cui alcuni ragazzi con disabilità portare spesa e medicinali a casa di anziani e fragili; una chiave antica è stato il simbolo scelto da Antonio Capece della cooperativa Seme di Pace che gestisce Villa Fernandes, bene confiscato alle mafie che da luogo chiuso è ora un centro aperto che crea comunità e lavoro per 50 persone. Un favo di miele «che lascia un’impronta» è l’oggetto scelto da Daniele Caccherano di Liberi tutti di Torino che opera nel campo educativo. Una valigia è invece l’iconico oggetto portato sul palco da Laura Gaspari della cooperativa On the road, esperienza nata dalle volontarie che tra Marche e Abruzzo aiutavano e aiutano le donne costrette a prostituirsi e che operano con Centri antiviolenza e Case rifugio per donne maltrattate. Benedetta Martalò per il progetto Cime di Rapa della leccese Meltemi Vacanze & Resort Soc. Coop. Impresa Sociale ha scelto la scatola del take away come simbolo di un lavoro sul riscatto sociale di giovani in abbandono scolastico, migranti e donne vittime di violenza che vengono formati per lavorare nella ristorazione e nella salvaguardia di prodotti del territorio. Per la cooperativa Semidiminerva che a Empoli si occupa di cultura la presidente Cristina Dragonetti ha scelto un ciuco, il pupazzo di un asinello, simbolo della città e della volontà di radicamento territoriale perché la cultura è ricchezza della comunità.
La stessa location dell’evento, o meglio il carroponte sospeso sulla testa dei presenti, è stato il simbolo scelto da Linda Di Pietro, chief cultural officier di Base Milano, impresa sociale che in un ex spazio industriale sta creando un luogo aperto in cui generare una nuova economia.

In questo campo largo del social factor rientrano anche società benefit e startup innovative a vocazione sociale. Per questo sul palco sono saliti Camilla Serra, manager Nord Ovest Italia di Too Good to Go, benefit corporation, nata nel 2015 in Danimarca presente nel nostro Paese dal 2019 dove conta oggi 5 mln di utenti all’app dedicata a evitare lo spreco alimentare; e Francesco Inguscio, ceo e founder di Rainmakers e di “Chiodiapaga” startup attiva contro l’odio online e che aiuta le vittime di cyber bullismo, hate speach o revengeporn a denunciare e farsi risarcire.


da sx con Bonacina e Campese Eleonora Vanni e Stefano Granata

Sul palco nel corso dell’evento non sono saliti solo i protagonisti dei progetti ma anche i presidenti di Legacoopsociali e di Confcooperative Federsolidarietà, Eleonora Vanni e Stefano Granata, presidente, Marco Morganti, responsabile della direzione Impact di Intesa Sanpaolo, Stefano Arduini direttore responsabile di Vita, Flaviano Zandonai, Enzo Durante di Invitalia e Gianluca Salvatori, segretario generale di Euricse e Fondazione Italia Sociale.

Occorre «guardare al futuro e alle nuove generazioni» ha sottolineato la presidente di Legacoopsociali che ha indicato l’impresa sociale come un’opportunità perché la sostenibilità sia economica e sociale e quindi «elemento fondamentale è l’investimento nell’educazione», sulla stessa lunghezza d’onda Granata che dopo aver sottolineato come «il fatto che siamo qui insieme abbia un significato». Anche da lui è arrivato l’invito a «creare un appeal verso le nuove generazioni». Da entrambi l’invito a generare alleanze e contaminazioni positive. Morganti da parte sua non solo ha ricordato come tra le Imprese Vincenti quest’anno vi siano state anche 14 cooperative sociali. «L’impatto delle imprese sociali per non vederlo occorre non volerlo vedere», ha aggiunto ricordando che «pur non essendoci ancora una metrica condivisa la banca ne ha trovata una sua per la sostenibilità finanziaria e l’impatto generato».

Impatto e sconfinamento sono stati due concetti richiamati da Arduini che ricordando come anche Vita sia un’impresa sociale che si pone come un ponte verso altri mondi, raccontando quello di cui si fa parte. Contaminazione per Zandonai è quella dei servizi perché il «welfare oggi è educativo e culturale». Durante ha annunciato che da gennaio sarà online il progetto Italia economia sociale, di finanza agevolata. Mentre Salvatori ha chiuso sottolineando il grande passo avanti fatto a livello europeo dove nella strategia industriale si è inserito il Terzo pilastro, un capitolo dedicato all’ecosistema per l’economia sociale e di prossimità «un riconoscimento di pari dignità rispetto alle altre imprese». Con un unico rammarico «l’Italia avrebbe potuto guidare questo processo e avere un ruolo, ma ha atteso che gli altri facessero il primo passo».

A questo link la registrazione dell'evento

Nell'immagine in apertura i protagonisti delle storie di social factor – Tutte le foto sono di ©Stefano Pedrelli

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