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Disciplina Iva per le non profit, ci risiamo. Un altro pasticcio del Parlamento
Ecco il regalo del Parlamento alla vigilia della Giornata internazionale del Volontariato, è stato approvato ieri dal Senato il Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2022 che prevede di considerare soggette a Iva attività fino ora esenti. La norma va ritirata e riscritta tenendo conto dell’intero quadro normativo e dell’esigenza di fornire alle organizzazioni di Terzo Settore non l’ennesima bastonata ma un quadro stabile e ragionato sul piano tributario.
La disciplina dell’iva riferita alle organizzazioni non profit ritorna prepotentemente d’attualità. Ne avevamo scritto l’anno scorso, esattamente nello stesso periodo, quando una previsione contenuta nella Legge di Bilancio 2021 puntava a considerare commerciale ai fini iva tutte le prestazioni effettuate dalle Associazioni.
Quest’anno ci risiamo. È stato approvato ieri dal Senato il Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2022 (DL 146/2021 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili).
Nel maxi-emendamento approvato dal Senato e che ora attende il voto della Camera entro il 20 Dicembre 2021 c’è una disposizione che interviene sulla disciplina dell’iva con una serie di modifiche miranti a ricomprendere tra le operazioni effettuate nell'esercizio di impresa, o considerare in ogni caso avente natura commerciale, una serie di operazioni attualmente escluse. Tali operazioni sarebbero attratte nel campo delle operazioni esenti ai fini dell'imposizione iva.
Sulla base delle nuova disciplina saranno considerate in ogni caso effettuate nell'esercizio di imprese:
a) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici.
b) le cessioni di pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati, nonché le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dai partiti politici rappresentati nelle Assemblee nazionali e regionali.
c) la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari, dalle associazioni di promozione sociale (si tratta di spacci annessi ai circoli di enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno),
Inoltre, si prevede di far rientrare nell'esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, rese da associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché da associazioni politiche, sindacali e di categoria
L’esenzione Iva
La norma, come si diceva sopra, prevede di attrarre nel campo della esenzione iva (art. 10 DPR 633/72) le seguenti prestazioni a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'IVA:
1) le prestazioni di servizi e le cessioni di beni ad esse strettamente connesse effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, verso pagamento di corrispettivi specifici, da parte dei soci o tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
2) le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica verso pagamento di corrispettivi compresi quelli corrisposti da parte dei soci o tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali
3) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dalle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, organizzate a loro esclusivo profitto;
4) la somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti dalle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, sempreché tale attività di somministrazione sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e risulti effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale.
Disposizioni speciali per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale
Il comma 15-ter precisa che, in attesa della piena operatività delle disposizioni del titolo X del Codice del Terzo settore (decreto legislativo n. 117 del 2017) le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che hanno conseguito ricavi ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000, possono applicare, ai soli fini dell’imposta sul valore aggiunto, il regime speciale previsto per i contribuenti cosiddetti forfettari (articolo 1, commi da 58 a 63, legge n. 190 del 2014).
Si tratta del regime forfetario previsto per i contribuenti minimi il quale comporta una serie di semplificazioni tanto ai fini iva quanto ai fini delle imposte dirette (non addebitano l’iva in fattura ai propri clienti e non detraggono l’iva sugli acquisti, non liquidano l’imposta, non la versano, non sono obbligati a presentare la dichiarazione e la comunicazione annuale iva, non devono comunicare all’Agenzia delle Entrate le operazioni rilevanti ai fini iva né quelle effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list, non hanno l’obbligo di registrare i corrispettivi, le fatture emesse e ricevute).
Quali conseguenze per le organizzazioni non profit?
Per le organizzazioni colpite dalle nuove disposizioni non si tratta di un passaggio banale.
Qui in sintesi le principali conseguenze:
§ 1) Per le associazioni il passaggio dall’attuale normativa che prevede l’esclusione dei corrispettivi specifici dal campo di applicazione dell’iva al regime di esenzione dall’iva comporterà che i corrispettivi percepiti dai soci siano considerate operazioni commerciali, con il sorgere di una serie di adempimenti formali: apertura della partita iva anche per gli enti che non esercitano alcuna attività “puramente commerciale”, fatturazione e registrazione delle operazioni.
§ 2) La norma prevede l’esenzione iva per le prestazioni di servizi sportivi rese da associazioni sportive dilettantistiche. Con questa formulazione le società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro (SSD) costituite ai sensi della Legge 289/2002 sarebbero escluse dall’agevolazione. La giurisprudenza della Corte di Giustizia europea infatti ha ripetutamente affermato il principio di tassativa interpretazione delle esenzioni iva. Si tratterebbe di un aggravio notevole per le SSD in contraddizione peraltro con la disposizione contenuta nell’articolo 132, lett. m) della direttiva 2006/112CE che in realtà reca l’esenzione iva per l’attività sportiva resa da organismi senza fini di lucro e non solo per le associazioni.
§ 3) Si opera un oggettivo restringimento per le prestazioni di somministrazione rese da associazioni di promozione sociale in quanto tali operazioni rientrano nel campo di esenzione iva solo se rese nei confronti di cittadini indigenti.
§ 4) Tra i soggetti destinatari dell’esenzione iva non vengono citati gli Enti del Terzo Settore costituiti ai sensi del D. Lgs 117/2017. Anche le disposizioni relative alle associazioni di promozione sociale si applicano a quelle ricomprese tra gli enti di cui alla legge 287/91, e non al tipo codificato dall’art. 35 del d.lgs. 117. La norma, esattamente come un anno fa, ripropone esattamente le tipologie associative presenti nel vecchio quadro normativo senza prevedere alcun aggiornamento con le nuove qualifiche previste dalla Riforma del Terzo Settore. Le associazioni culturali ad esempio vengono citate, nonostante che nei fatti non trovano alcuna precisa corrispondenza nell’attuale normativa, e non vengono espressamente inclusi gli Enti del Terzo Settore.
§ 5) Non si interviene sull’esenzione iva relativa alle prestazioni rese dalla Imprese Sociali costituite ai sensi del D. lgs 112/2017 con la conseguenza che le Onlus che si apprestano a diventare Imprese Sociali e che operano in determinati settori in cui la normativa ad oggi attribuisce il beneficio dell’esenzione iva si troverebbero a subire un aggravio notevole in termini fiscali
§ 6) Continuano a non essere ricompresi nel regime di esenzione le prestazioni previste dall’art. 132 lettera n) della Direttiva Europea relative ai servizi culturali e le cessioni di beni loro strettamente connesse effettuate da enti di diritto pubblico o da altri organismi culturali riconosciuti dallo Stato membro interessato.
Conclusioni
La norma è l’ennesimo pasticcio all’italiana. È a tutti noto che esiste una procedura d’infrazione dell’Unione Europea nei confronti dello Stato Italiano (Procedura d’infrazione n. 2008-2010) con la quale si contestano le modalità di recepimento della soggettività passiva nell’art. 4 del D.P.R. IVA ed in particolare l’aver escluso dal campo di applicazione iva operazioni rientranti nel campo di esenzione dell’iva.
Quello che però è insopportabile è la tecnica legislativa che in Italia viene adottata e l’assoluta mancanza di considerazione nei confronti delle decine di migliaia di organizzazioni che compongono l’economia civile di questo paese. Una modifica così rilevante non può essere infatti adottata in tutta fretta e utilizzando un paradigma che rivela l’assoluta incapacità tecnica del legislatore di ricomporre un quadro armonico tra la Riforma del Terzo Settore, la disciplina da essa prevista ai fini delle imposte dirette e la disciplina prevista per le organizzazioni escluse o che resteranno al di fuori del Terzo Settore.
La norma va ritirata e riscritta tenendo conto dell’intero quadro normativo e dell’esigenza di fornire alle organizzazioni di Terzo Settore non l’ennesima bastonata ma un quadro stabile e ragionato sul piano tributario.
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