Economia

La profonda crisi di fiducia? Serve un big bang comunicativo

Secondo l’indagine di Ipsos presentata al V Congresso Nazionale di Legacoopsociali il 64 per cento degli italiani non si fida più di nessuno e il 70 per cento vuole più cooperazione nell’economia. Come uscirne? «Serve un big bang comunicativo», sottolinea il gruppo nazionale Comunicazione Legacoopsociali

di Lorenzo Maria Alvaro

Bologna – Il 64 per cento degli italiani ha un forte senso di sfiducia verso le imprese e le banche. Il 60 per cento vuole riformare il capitalismo e chiede più mutualismo e cooperazione. Il 41 per cento ha rinunciato alle cure sanitarie e per il 40 per cento l’assenza delle cooperative peggiorerebbe l’assistenza agli anziani e alle persone più fragili.

Sono i dati in sintesi della ricerca “Gli scenari del cambiamento” presentata durante il V Congresso Nazionale di Legacoopsociali da Enzo Risso, direttore scientifico Ipsos. Uno scenario a tinte fosche in cui la crisi di fiducia sembra insormontabile.

Che fare? Una riposta ha provata a darla il professore Andrea Volterrani dell’Università Roma Tor Vergata con il suo panel in cui ha sottolineato come «l’era digitale è già qui, ed è un’occasione per la cooperazione sociale che vuole costruire comunità e popolarità».

In questo senso è nato ComunicAzione: una strategia di comunità per la cooperazione sociale di Legacoopsociali. «È il nostro manifesto della comunicazione», spiega Giuseppe Manzo responsabile comunicazione e progetti editoriali di Legacoopsociali dal palco della kermesse.

«La comunicazione, parafrasando una celebre frase sul giornalismo, è un’anarchia disciplinata. Creatività e fantasia, anarchiche, si uniscono alla professionalità e competenza, disciplinate. La cooperazione sociale ha un legame fortissimo con questo assunto: ha creato pezzi di welfare, economia e cittadinanza nel pieno rispetto di regole e competenze professionali», sottolinea Manzo.

Serve un cambiamento. «Serve un big bang che unisca queste due “sorelle”: comunicazione e cooperazione sociale», continua il responsabile, «L’emergenza Covid ha segnato una cesura di un’epoca rendendo più grave ciò che era escluso, dimenticato e sofferente e mostrando, però, la luna delle opportunità di cambiamento. La comunicazione diventa uno strumento fondamentale per non guardare il dito ma per mettere al centro dei nostri occhi la luna. L’era digitale non è un’epoca che sta per arrivare: è il presente, è già in atto nelle nostre attività quotidiane e bisogna solo esserne consapevoli».

L’esigenza è cambiare approccio culturale verso la comunicazione. «L’epoca della tecnologia digitale e delle “transizioni” ci spiegano che la comunicazione non è “altro” ma è dentro le imprese sociali. La comunicazione non è residuale ma partecipazione diretta alla costruzione cooperativa che ha bisogno delle azioni comunicative, sempre più complesse con la moltiplicazione degli strumenti e dei canali di comunicazione», continua Manzo, «La comunicazione sociale, la nostra comunicazione, non è neutra e, dunque, comunichiamo il “prendere parte” inteso sia come "partecipare" al racconto collettivo che come “schierarsi” sui temi degli ambiti di attività e nelle comunità. Comunicare è una dimensione del fare».

In questi anni la cooperazione ha affrontato emergenze, tempeste mediatiche «e timori di reagire, gestire, farsi protagonisti senza subire il racconto degli altri», chiarisce Manzo, «Il racconto siamo noi e c’è una forza che non può essere più sottovalutata: l’intera comunità della cooperazione sociale può esprimere intelligenze e capacità per una comunicazione che diventi condivisione, una strategia di comunità».

In questo senso l’innovazione digitale è una grande opportunità. «Nell’epoca degli influencer che hanno rivoluzionato la comunicazione con il marketing digitale rivolto a milioni di persone il racconto della propria vita, delle proprie azioni e dei propri punti di forza si trasforma in storytelling», sottolinea il responsabile, «Il nostro “racconto delle storie” ha un valore inclusivo e legato alle comunità che non sono più solo territoriali ma anche virtuali. La cooperazione sociale non è solo un progetto d’impresa ma propone un’idea di Paese: bisogna comunicarlo e per farlo occorre avere figure professionali adeguate, creative e pienamente integrate nella vita della cooperativa/associazione».

È indispensabile fare un salto di qualità: «parlare oggi di comunicazione efficace significa costruire e rendere unica e riconoscibile la “cifra” del nostro comunicare quotidiano come cooperative sociali», conclude Manzo che aggiunge, «Significa affiancare, nella progettazione dei servizi di cura, anche uno storytelling capace di superare la cornice cooperativa per sostenere e promuovere l’idea delle comunità che vogliamo abitare. Significa riconoscere le potenzialità che una comunicazione sociale trasparente e concreta ha nell’attivazione di processi inclusivi all’interno dei territori. Significa essere consapevoli che comunicare le buone pratiche del nostro lavoro quotidiano aggiunge valore non solo all’identità di ciascuna cooperativa sociale, ma sostanzia le regole di ingaggio della cooperazione sociale nel contribuire allo sviluppo dell’economia sociale nel nostro Paese».

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