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Italia condannata dalla Corte di giustizia europea per la Carta famiglia

Dopo la sentenza di settembre relativa alle discriminazioni previste dal bonus bebè e dalla indennità di maternità, ora il Parlamento deve immediatamente modificare la normativa risalente all’Esecutivo “Conte I”, che limita la prestazione ai soli cittadini italiani e comunitari. Escludere i cittadini non comunitari dalla “Carta della famiglia” è contrario al Diritto dell’Unione Europea. Il ricorso – promosso davanti al Tribunale di Milano – ha visto protagoniste le associazioni Avvocati per niente, ASGI e NAGA

di Redazione

È la stessa Corte di Giustizia UE con una sentenza (la n˚ C-462/20 del 28 ottobre 2021) a evidenziare come, la “Carta della Famiglia”, pur non costituendo una “prestazione” (infatti non vede attribuita una specifica somma ma il riconoscimento di uno sconto), è un “servizio” e pertanto deve essere rispettata la parità di trattamento tra cittadini comunitari e cittadini extracomunitari nell’accesso a beni e servizi.

Il ricorso – promosso davanti al Tribunale di Milano – ha visto protagoniste le associazioni Avvocati per niente, ASGI e NAGA ed è stato patrocinato dagli avvocati Alberto Guariso, Livio Neri e Ilaria Traina.

Pur a fronte di uno scarso utilizzo – ad oggi- della Carta (sono infatti solo 270 i negozi o servizi convenzionati sul territorio nazionale) emergeva evidente la discriminazione dei cittadini extracomunitari da un servizio riconosciuto anche durante la pandemia a famiglie italiane, indipendentemente dal reddito.

La Carta della famiglia è stato un provvedimento fortemente voluto dall’allora Ministro per la Famiglia e la Disabilità Lorenzo Fontana durante l’Esecutivo “Conte I”. Ora l’Italia è chiamata immediatamente a modificare la normativa eliminando la disposizione che limita la prestazione ai soli cittadini italiani e comunitari.

“Dopo la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE degli inizi di settembre che riconosce ai cittadini di paesi terzi di beneficiare di un assegno di natalità e di un assegno di maternità previsti dalla normativa italiana, giunge per l’Italia una seconda, cocente condanna in sede di giustizia europea. Quando domina una impostazione ideologica e propagandistica per nulla riflettente le disposizioni comunitarie in vigore arrivano condanne come queste capaci di riportare la bussola su politiche realmente egualitarie e inclusive. Avevamo la certezza che vi fosse un giudice, non tanto a Berlino, ma in Lussemburgo”, dichiara l’Avvocato Alberto Guariso per Avvocati per niente.

“Le condanne sono ancora più interessanti considerando come quei provvedimenti discriminatori hanno riguardato famiglie bisognose che si sono viste escludere da concreti aiuti anche e soprattutto in occasione della pandemia. Ci auguriamo che il nostro Parlamento dia sollecita attuazione alle indicazioni della”, evidenzia il Presidente di Avvocati per niente Antonio Papi Rossi.

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