Non profit

Servizio civile, perché non c’è spazio per Lara?

Ci scrive la mamma di una giovane di Torino con la sindrome di Down. Racconta le peripezie della figlia 24enne, che non riesce a impegnarsi per il Servizio civile

di Pina Vitiello

«Egregio Direttore,

Le scrivo a distanza di qualche mese da quando io e mio marito abbiamo pubblicato sui social media una lettera di denuncia in merito all’ingiustizia subìta da nostra figlia Lara, una ragazza di 24 anni con la sindrome di Down. Lara desiderava dare il suo contributo alla società come volontaria, “ora che sono adulta, dopo che tanti ragazzi/e volontari mi hanno aiutato a crescere”, e cioè fare il Servizio civile. Aveva già operato come volontaria per più di un anno nella biblioteca di un Istituto scolastico torinese e, quando ha sentito pubblicizzare in tv il Servizio civile, ha voluto parteciparvi con entusiasmo. Abbiamo però scoperto che la partecipazione dei “disabili” a Torino era limitata ad un solo progetto, espressamente loro dedicato, gestito da una scuola privata. Le mansioni richieste: imburrare panini e pulire gli stivaletti dei bambini.

Lara si è diplomata in un Istituto alberghiero, da anni cucina sia in casa che nella sua Associazione. Quanto alle pulizie, è abituata a farle in casa sin da piccola ed il suo percorso di autonomia ha come obiettivo la vita indipendente. Sta infatti cercando casa. Il Servizio civile aiuta la formazione della persona, ma avere come unica possibilità di inserimento il progetto suddetto è una palese violazione dei diritti della persona disabile stabiliti una volta per tutte dalla Dichiarazione ONU del 2006. Anche i ragazzi come Lara hanno il diritto di fare esperienze che arricchiscano la loro formazione, ma questi diritti restano sulla carta. Lara si è comunque candidata per il progetto delle Biblioteche civiche ed è stata messa esattamente sullo stesso piano degli altri candidati, senza alcuna facilitazione, ma sappiamo bene che non esiste eguaglianza tra diseguali. Così è avvenuto: è stata esclusa, le strade verso una effettiva cittadinanza continuano per i ragazzi e le ragazze come lei ad essere quasi sempre sbarrate, che si tratti di Servizio civile o di avere un vero posto di lavoro, diverso dai mille eterni tirocini senza sbocchi.

Le effettive capacità non interessano perché si viene etichettati sempre allo stesso modo. Gli unici diritti che Lara ha e che vuole avere deve letteralmente strapparli lottando con chi la sostiene: la famiglia, gli amici e le associazioni – per ora lo Stato continua a non dare delle risposte degne.

In questi giorni ci troviamo in Sardegna, a Cagliari, invitate e ospiti dell’ASCE, un’associazione sarda che lotta contro l’emarginazione sociale, che ha ascoltato la nostra denuncia e ci ha dato solidarietà. Vogliamo metterci in rete ed essere in tante/i a lottare contro queste discriminazioni, ovunque. Invitiamo le persone etichettate come “disabili” e chi sta al loro fianco a non rassegnarsi, anzi a pretendere a gran voce il rispetto dei diritti: il diritto di poter scoprire e sviluppare le proprie capacità, a qualunque livello, il diritto a cercare di realizzare i propri sogni, e il diritto ad un lavoro degno e ad una vita degna.

Cordiali saluti»

Pina Vitiello

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