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Dopo l’Afghanistan, un altro colpo per Biden: bocciata la sua politica sulle migrazioni
La Corte Suprema statunitense lo scorso 25 agosto ha deciso infatti di dare ragione a un giudice del Texas che qualche settimana fa aveva chiesto di ripristinare il controverso programma "Rimani in Messico”, concepito dall'amministrazione Trump
di Paolo Manzo
«I migranti che vogliono entrare negli Stati Uniti dovranno aspettare in Messico l’esito delle loro domande di asilo». Questo in estrema sintesi il nocciolo della decisione della Corte Suprema statunitense che lo scorso 25 agosto ha inferto un duro colpo all’esecutivo di Joe Biden. Il tribunale, di maggioranza conservatrice, ha deciso infatti di dare ragione a un giudice del Texas che qualche settimana fa aveva chiesto di ripristinare il controverso programma “Rimani in Messico”, concepito dall’amministrazione Trump. Con questa decisione decine di migliaia di richiedenti asilo dovranno attendere in rifugi sotto il Rio Bravo che sono sovente assai precari e, in alcuni casi come “El Chaparral” di Tijuana, addirittura controllati dalle gang, come denunciato ad inizio agosto dai quotidiani Milenio ed El Sol de Tijuana.
Il Migrant Protection Protocol (MPP), questo il nome ufficiale del programma, era stato uno dei cavalli di battaglia di The Donald e uno dei primi simboli trumpiani che l’amministrazione Biden aveva “abbattuto” quando era salita al potere. Tra i primi gesti subito dopo l’insediamento alla Casa Bianca, lo scorso 20 gennaio, il presidente democratico aveva detto di volere pensionare questa legge di Trump. Una dichiarazione che nelle intenzioni indicava il nuovo corso della sua politica sull’immigrazione e che ha consentito a più di 13.000 persone di continuare a rimanere negli USA in attesa del verdetto di asilo.
L’altro ieri i giudici della Corte Suprema hanno però ritenuto che Biden non abbia saputo spiegare con raziocinio il perché della fine del programma “Rimani in Messico”, soprattutto senza offrire un’alternativa sostenibile. Inoltre, si legge nella decisione della suprema corte, la chiusura comunicata in un semplice memorandum del Department of Homeland Security, il Viminale statunitense, sarebbe stata «arbitraria e capricciosa». Il ritorno del Migrant Protection Protocol di Trump è dunque una realtà, almeno per ora. Molto critici i democratici. «Questa decisione sorprendente costringe il governo Biden a ripristinare una politica disumana e crudele», ha affermato la deputata del Texas, Verónica Escobar. Anche i difensori dei diritti umani dei migranti non hanno nascosto il loro disappunto per la decisione. L’ACLU, una delle organizzazioni che ha intentato le prime cause contro il programma “Rimani in Messico”, ritiene che «il governo Biden non dovrebbe usare questa sentenza come una scusa per abbandonare il suo impegno a ripristinare un sistema di asilo equo», ha affermato Omar Jadwat, direttore del Programma per i diritti degli immigrati.
Altre 70 associazioni dedite alla protezione migratoria hanno chiesto al governo del Messico di respingere il ripristino del programma ma, adesso, di fatto la decisione della Corte impone si debba arrivare ad una nuova intesa tra Biden e il suo omologo messicano, Andrés Manuel López Obrador. Questo nel bel mezzo di un rapporto che è stato messo a dura prova dal gran numero di migranti che hanno attraversato il confine, un flusso di persone che a luglio con 212.000 persone ha battuto ogni record mensile negli ultimi 21 anni. Senza contare l’annoso problema dei minori non accompagnati, 19mila solo il mese scorso, questo invece un record assoluto. I funzionari di entrambi i paesi si incontreranno a Washington il 9 settembre per un dialogo ad alto livello. Parleranno soprattutto di economia ma la decisione della Corte Suprema del 25 agosto scorso rende inevitabile che Messico e Stati Uniti debbano discutere, con urgenza ed in modo serio, anche della questione migratoria.
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