Politica

Stop ai seggi nelle scuole: si può fare, ecco come

Entro il 15 luglio i Comuni devono comunicare gli edifici che utilizzeranno come seggi elettorali al posto delle scuole. Perché votare dentro le scuole, interrompendo l'anno scolastico a pochi giorni dall'avvio, non è qualcosa di inevitabile: non solo si può fare ma ci sono anche 2 milioni di euro stanziati ad hoc. Ad iniziare il cambiamento, l'anno scorso, 471 Comuni: dobbiamo farci trovare pronti per le prossime elezioni politiche

di Sara De Carli

Mancano pochi giorni al 15 luglio, data che il Viminale ha indicato come termine entro cui i Comuni possono individuare sedi alternative agli edifici scolastici da utilizzare come seggi elettorali nelle prossime tornate elettorali. L’obiettivo dichiarato, ovviamente, è quello di ridurre i disagi per l'attività didattica: le elezioni sono previste infatti nella finestra fra il 15 settembre e il 15 ottobre 2021, poco dopo l’avvio del nuovo anno scolastico. Entro il 20 luglio le Prefetture dovranno poi inviare al Viminale l’elenco dei Comuni che avranno individuato sedi extrascolastiche da adibire a seggi elettorali, «indicando la denominazione di ciascun edificio scolastico di originaria ubicazione, il numero dei seggi trasferiti, la cifra complessiva degli studenti la cui attività didattica non subirà interruzioni per effetto di tali trasferimenti, l'ubicazione delle nuove sedi e la quantificazione degli oneri necessari al loro adeguamento».

Che si sappia, così che questa volta i sindaci non possano dire con aria contrita che "ci spiace, ma non si può fare". Il Viminale ha creato un Tavolo di lavoro da ottobre 2020 e da febbraio sollecita i sindaci tramite i prefetti, ANCI ha dichiarato il suo favore, c’è un fondo ad hoc da 2 milioni di euro istituito con il decreto Sostegni (art 23 bis) per dare un contributo per allestire i seggi in altri edifici e c'è una chiara circolare con data 26 maggio che esordisce appunto ricordando come già «con la circolare del 23 febbraio le SS.LL. sono state invitate a sensibilizzare i sindaci sulla necessità di svolgere ogni opportuno intervento per individuare già in occasione delle prossime tornate elettorali – previste, come noto, tra il 15 settembre ed il 15 ottobre 2021 – il maggior numero di immobili come sedi alternative agli edifici scolastici da destinare a seggi elettorali, allo scopo di evitare il ripetersi di interruzioni della didattica, tenuto anche conto delle gravi problematiche esistenti nelle scuole a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19».

Già, perché anche quest'anno, come già a settembre 2020, il calendario è incredibilmente così: giusto il tempo di rientrare in aula e subito gli alunni se ne staranno a casa per le elezioni. Sono coinvolti oltre 1.300 Comuni per le amministrative, tutti i Comuni della Calabria per le regionali e alcuni Comuni in provincia di Siena e Arezzo per le suppletive.

I numeri sono sconfortanti. Come reso noto dal Ministero dell’Interno, oggi l’88% dei 61.562 seggi elettorali d’Italia si trova nelle scuole e in particolare, sono edifici destinati alla didattica il 75% circa dei fabbricati che ospitano uno o più seggi. Nelle consultazioni referendarie e elezioni amministrative del 20-21 settembre 471 Comuni hanno trovato sedi diverse, spostando 1.464 sezioni elettorali: appena il 2% del totale. Pochi, ma comunque il segno che il cambiamento è possibile. Fra quei 471 Comuni c’erano anche tre capoluoghi di provincia: Bergamo, Biella e Pordenone. Bergamo aveva “spostato” metà degli elettori nel Municipio e in centri giovanili, musei, centri per la terza età, mentre a Pordenone tutti i seggi elettorali per il referendum erano stati dislocati nei padiglioni della Fiera.

I requisiti necessari per adibire uno spazio a “sala delle elezioni” non sono poi così inarrivabili: fondamentalmente avere una porta d'ingresso aperta al pubblico per ogni seggio, da poter chiudere a chiave e sigillare; poter dividere la sala in due compartimenti, uno in comunicazione diretta con la porta d'ingresso e riservato agli elettori più un secondo in cui si entra solo per votare, trattenendovisi esclusivamente per il tempo necessario; porte e finestre nella parete adiacente alla cabina a distanza minore di 2 metri, che devono essere chiuse in modo da impedire la vista ed ogni comunicazione dall'esterno; spazio per 4 cabine di voto di cui una destinata ai portatori di handicap; cabine da collocare in maniera da rimanere isolate e munite di ripari che assicurino la segretezza del voto.

Votare nelle scuole è una tradizione quasi solo italiana, probabilmente è una tradizione comoda ma certamente non è inevitabile. È utile cominciare a sperimentare alternative adesso, per farsi trovare pronti per le elezioni politiche

Adriana Bizzarri, Coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva


Si può fare, insomma, nulla di impossibile e soprattutto nessuna impossibilità normativa di vecchi regi decreti a cui tanti amministratori riconducono lo status quo. Per aiutare ad immaginare le alternative, il Viminale fa anche un lungo elenco di esempi di fabbricati che potrebbero ospitare sezioni elettorali, previa verifica dell'idoneità e del rispetto dei requisiti: uffici comunali e sale consiliari; biblioteche e sale di lettura; palestre ed altri impianti sportivi, comprese palestre scolastiche qualora abbiano un ingresso separato e la loro utilizzazione non impedisca l'attività didattica; centri e impianti polifunzionali; circoli ricreativi e sportivi; locali dopolavoristici; spazi espositivi e fieristici; ludoteche; ambulatori ed altre strutture non più ad uso sanitario; spazi non più adibiti a mercati coperti (qui la circolare).

Sulla questione "stop seggi nelle scuole" stanno lavorando da diversi mesi Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, e Vittoria Casa, presidente della commissione Cultura, entrambi M5S. È loro l’emendamento al DL Sostegni che istituisce il fondo da 2 milioni di euro (ne erano stati chiesti di più) per dare contributi in favore dei Comuni che entro il 15 luglio 2021 individueranno sedi alternative agli edifici scolastici da destinare a seggio elettorale e ora nell’esame del decreto Sostegni bis avevano provato ad ottenere più risorse per quel fondo. «Lavoriamo da tempo su questa innovazione e ora ci aspettiamo il massimo impegno dai Comuni. Serve un atto d’amore dei sindaci per la propria comunità e per i ragazzi e le ragazze. Non si può dire che “non si può fare”. Il cambiamento deve partire dal basso ma è accompagnato dal Governo e dal Parlamento con una attenzione inedita. È il primo passo di un percorso che dovrà farci trovare pronti alle prossime elezioni politiche, coinvolgendo tutti i Comuni d’Italia», afferma Brescia. «Solo in Italia l'attività di voto si svolge quasi esclusivamente nelle scuole, altrove in Europa e nel mondo non è così», annota Vittoria Casa: «i seggi si trovano ordinariamente anche in altri tipi di edificio. Ci stiamo dunque attivando per innescare un meccanismo di cambio di destinazione che cresca nel tempo e che sollevi studenti, studentesse, docenti, dirigenti, personale scolastico dagli inevitabili disagi connessi alle tornate elettorali».

La scuola è un servizio pubblico ed è assurdo dover sospendere un servizio di pubblica utilità quando è possibile trovare sedi alternative. Ancor di più in questa situazione di pandemia

Adriana Bizzarri, Coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva

Una battaglia di civiltà che anche Cittadinanzattiva presidia da mesi: «Innanzitutto per far capire che cambiare si può, che votare nelle scuole è una tradizione quasi solo italiana, probabilmente è una tradizione comoda ma certamente non è inevitabile. È utile cominciare a sperimentare alternative adesso, per farsi trovare pronti per le elezioni politiche», commenta Adriana Bizzarri, Coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva. «L’auspicio infatti è che queste sedi alternative agli edifici scolastici siano soluzioni definitive, che non significa sedi destinate in via permanente ed esclusiva al voto ma spazi che all’occorrenza possono essere utilizzate a questo scopo. C’è chi mi fa osservare che nelle scuole c’è la possibilità di utilizzare il personale scolastico, naturalmente pagandolo, per le pulizie… La stessa cosa però si può fare altrove pagando le ore in più del personale del Comune e molto opportunamente quindi è stato creato un contributo per i Comuni». Perché dire stop ai seggi nelle scuole? «Perché la scuola è un servizio pubblico ed è assurdo dover sospendere un servizio di pubblica utilità quando è possibile trovare sedi alternative. Proseguire con questa tradizione non è un segnale di civiltà. Ancor di più in questa situazione di pandemia, in cui non sappiamo ancora se e per quanto la scuola sarà in presenza. Togliere giorni ai ragazzi, a settembre, non è proprio cosa da fare».

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