Non profit

Il lobbismo del Terzo settore? C’è già e molti cittadini e ETS lo fanno da soli

Il lobbying civico non è una novità per la società civile organizzata. Un'esperienza che, sia in termini di attivazione che di partecipazione alle scelte collettive, ha una tradizione oramai consolidata nel nostro Paese

di Maria Cristina Antonucci

Il recente articolo di Marco Dotti sul lobbying civico presenta una lettura in chiave di rappresentanza di interessi, dell’azione a tutela di interessi collettivi, rilevando come tale fenomeno appaia innovativo per l’Italia tanto per gli Enti di Terzo settore, quanto per le organizzazioni civiche.

La questione della rappresentanza di interessi collettivi presso il sistema istituzionale è in realtà da tempo affrontata da parte del Terzo settore italiano. In ambito tematico e su base nazionale, questo attivismo nei formati di relazione istituzionale, si è tradotto in risultati di politiche pubbliche, portati avanti da soggetti rilevanti quali l’Alleanza contro la povertà, il Network sulla Non Autosufficienza, l’Alleanza per l’Infanzia, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, AICCON, Labsus, Forum Diseguaglianze e Iris Network. L’interlocuzione istituzionale non meramente formale di tali soggetti di rete attivi in ambiti plurali del sociale italiano ha prodotto risposte politiche tematiche importanti, quali, solo per restare in tempi recenti: redditi di inclusione, cittadinanza, emergenza; assegno universale per i figli; innovativi formati di assistenza domiciliare, anche in housing di tipo sociale, per le non-autosufficienze; interventi dedicati alla sostenibilità all’interno delle politiche industriali, regolamenti per la gestione dei beni comuni.

Questa serie di soggetti collettivi tematici del Terzo settore italiano ha svolto un’azione di relazione diretta con le istituzioni attive nelle arene di policy; ha prodotto documentazione, report e dossier sulle materie di interesse; ha organizzato momenti di confronto e studio tra attivisti, beneficiari di servizi, organizzazioni di mercato, esponenti politici e istituzionali, think tank ed esperti; ha curato l’iscrizione delle proprie battaglie nell’agenda mediatica e ha prodotto comunicazione dedicata sui social. Ha fatto, in altre parole, attivamente lobbying per il sociale, ottenendo in molti casi l’inserimento di misure e azioni orientate ai temi di interesse collettivo in provvedimenti quali le leggi di bilancio, i decreti milleproroghe, e, da ultimo, nel PNRR.

In termini di politiche settoriali, non è possibile non segnalare il ruolo chiave di advocacy e promozione del non profit presso il sistema decisionale pubblico italiano, soprattutto durante i lunghi e complessi passaggi della riforma del Terzo settore, svolto da reti di terzo e quarto livello (alla stessa stregua delle organizzazioni ombrello del lobbismo for profit), quali Forum Terzo Settore e CSVNet. Senza una costante attività di public affairs dei grandi soggetti di rete del Terzo settore, di dimensione adeguata e diffusione capillare tale da garantire rappresentanza e rappresentatività di interi mondi, non sarebbe stato possibile portare a compimento un lungo e difficile processo di riforma. Non solo: i grandi ETS di dimensione e diffusione nazionale (Anteas, AOI, Fish, MCL, Misericordie, FIDAS, UISP, ARCI, ACLI, AIBI, AGESCI) hanno colto, nel processo di riforma, le occasioni per affiancare alla tradizionale attività di relazioni istituzionali condotta in proprio, come la partecipazione al Consiglio Nazione del Terzo settore, venue importante per una serie di questioni di impatto sul sistema del non-profit italiano.

Infine, non solo il tema della relazione con le istituzioni è praticato e ha prodotto risultati a livello nazionale nell’ambito degli ETS, ma esso ha avuto modo di essere affrontato all’interno di alcuni contesti territoriali da soggetti quali i Centri servizio per il volontariato di Marche, Messina e Milano, che sul tema del lobbying ha prodotto un V-dossier dedicato già nel 2012 e come il CESVOT, che nel 2016 ha realizzato un glossario dedicato alla rappresentanza e alla partecipazione del Terzo settore.

A fianco di questo mondo – riferibile ad un Terzo settore istituzionalizzato spesso tentato dal circuito che ho definito della doppia rappresentanza, in cui si verificano passaggi dall’attività di relazioni con le istituzioni a ricoprire posti e responsabilità in esse – si colloca un intero universo civico di interessi meno organizzati e strutturati, attivi specialmente (ma non solo) nella dimensione locale. Difficile accomunare questo universo articolato e complessissimo, che in letteratura Berry descrive come “comportamento politico di gruppi di interesse civico” e Walker designa come cambiamento civico mediante movimentismo di base”, al mondo del lobbying, in cui i gruppi devono essere dotati di organizzazione, rappresentatività, numerosità, risorse cognitive e di accesso e di capacità di iscrizione dei propri temi nelle agende pubbliche di media e politica. Obiettivi di breve-medio termine, localizzazione della sfera di intervento, ambiti tematici molto segmentati non contribuiscono al trasferimento in termini di lobbying delle istanze di queste soggettività, che, in un contesto di orizzontalità della comunicazione digitale, praticano la disintermediazione nei confronti del sistema istituzionale su cui intendono incidere, almeno nei termini dell’impatto previsto.

Laddove tali gruppi limitano le proprie pratiche e relazioni con le istituzioni al livello locale, essi assumono la forma di comitati locali, a fianco dei quali si sviluppano spesso realtà movimentistiche tematizzate su beni comuni (diritto all’abitare, acqua pubblica, limiti alle grandi opere pubbliche, articolazioni del movimento ambientale globale Fridays for future), in grado di auto-rappresentarsi nella sfera pubblica e relazionarsi con il sistema istituzionale in autonomia.

Vale la pena quindi presentare una serie di distinzioni e specificazioni quando si parla di lobbying sociale e civico, tenendo a mente che la capacità di attivazione politica e relazione istituzionale del Terzo settore ha manifestato esperienze, pratiche e strumenti solidi e che il citizen lobbying, nei casi più localizzati, è capace di auto-rappresentanza e relazione istituzionale su obiettivi e termini definiti, mentre nella dimensione legata a beni comuni (acqua, ambiente, diritto alla salute) impiega con profitto gli strumenti e le tecniche di azione dei neo-movimenti collettivi. Solo con questa consapevolezza di storie, percorsi, cassette degli attrezzi, pratiche ed esperienze differenziate tra Terzo settore e mondo civico, è possibile aprire una nuova stagione di riflessione su questo importante ambito di attivazione politica di gruppi a sostegno di interessi collettivi.

* Ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche e docente in Sapienza, ha dedicato a lobbying e public affairs nel terzo settore e in ambito civico parte dei suoi studi, pubblicando due volumi Lobbying e Terzo settore (2014), e Democrazia dal basso. Cittadini organizzati a Roma e nel Lazio (con Alessandro Fiorenza, 2016). Sul tema della comunicazione pubblica e promozionale degli ETS è in uscita il suo volume Comunicazione e advocacy per il Terzo settore, presso Elena Zanella Editore (giugno 2021).

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