Welfare
Dipendenze: l’Italia immobile di fronte all’aumento dei consumi dei ragazzi
L'intervento del presidente della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche: «Negli ultimi cinque anni i minori in carico al servizio sanitario per problemi di dipendenza sono raddoppiati e il Covid ha acuito la tendenza. Occorre reagire : ecco 4 iniziative da prendere subito»
Questa pandemia è certamente tante cose. Prima di tutto una tragedia umana e sanitaria planetaria. Solo in Italia quasi 125mila vittime ed oltre 4 milioni di casi dall’inizio dell’epidemia. Ed il covid è senz’altro anche una tragedia economica. Le povertà sono in costante e preoccupante aumento, le persone che hanno perso il lavoro sono migliaia, così come sono altrettanti gli esercizi commerciali che hanno dovuto chiudere battenti. Ma questa pandemia sta anche segnando una frattura relazionale che sarà estremamente difficile sanare.
I nostri giovani, ed in particolare i ragazzi tra gli 12 ed i 17 anni, stanno vivendo, senza alcuna colpa, la negazione del proprio sacrosanto diritto all’incontro ed alla relazione con l’altro. Certamente la chiusura delle scuole, ed ora questa riapertura a singhiozzo, ha inciso non poco nella didattica e quindi nell’apprendimento. La sensazione però è che il ritardo più grave i nostri ragazzi lo stiano accumulando proprio nell’area relazionale. La scuola infatti è anche (e forse soprattutto) un punto di riferimento sicuro, un luogo di relazioni. Al termine di questa tragedia noi ci troveremo con giovani diciottenni che sono stati privati, in tutto o in parte, di un pezzo fondamentale del loro processo di crescita, quello non surrogabile “a distanza”: il contatto anche fisico e la possibilità di misurarsi con l’altro. I dati ci parlano di un’onda lunga di problemi psicologici che riguardano in particolare quella fascia di età. L’equipe del Prof. Stefano Vicari ci testimonia quotidianamente di come siano drammaticamente in aumento i casi di autolesionismo ed i tentativi di suicidio tra gli adolescenti.
Quando il disagio aumenta, parallelamente aumentano le dipendenze. L’isolamento, la paura del futuro, lo sgretolarsi delle certezze, la tensione in famiglia, ma anche a volte la semplice noia, sono tutti fattori ansiogeni e di stress che hanno prodotto nei ragazzi un aumento di comportamenti da consumo a rischio, spesso in forma di automedicazione. Ed ecco l’incremento dell’abuso di psicofarmaci e di alcol, soprattutto nelle fasce di età più giovani. E se è vero che sono diminuite le “occasioni” di acquisto legate alle uscite fuori casa, i giovani hanno scoperto sempre più i nuovi mercati on line, sono divenuti esperti navigatori nel dark web.
Peraltro la rete stessa è divenuta, soprattutto nel periodo di massima chiusura, un surrogato del gruppo di pari, generando ulteriori dipendenze da tecnologia, smartphone e social, in particolare in chi aveva già un rapporto non sano con i dispositivi prima della pandemia.
I dati “ufficiali”, gli ultimi disponibili e ripresi dalla Relazione al Parlamento, relativi al consumo di sostanze illegali da parte dei giovani in età scolare tra i 15 ed i 19 anni, ci parlano di 1 ragazzo su 3 che dichiara di aver usato almeno una volta sostanze illegali.
E purtroppo la rete dei nostri servizi ci racconta di numeri ancora più grandi. Riceviamo quotidianamente, nei nostri centri di ascolto, famiglie che ci chiedono aiuto per i propri figli, bambini di 12/13 anni che scoprono di avere problemi di dipendenza.
Nei nostri centri di aggregazione, nei servizi di prevenzione nelle scuole e nei territori, noi raggiugiamo circa 35.000 minori ogni anno ed intercettiamo diverse migliaia di casi che fanno uso strutturale di sostanze. Peraltro il male di vivere dei nostri giovani, acuito in tempo di Covid, è certificato dalla stessa OMS che documenta una chiara correlazione tra salute mentale e dipendenze. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, il 7- 10% di tutti i bambini e il 10-16% degli adolescenti è esposto al rischio di una malattia psichiatrica. Sono numeri enormi che fanno pensare ed ai quali si aggiungono ulteriori elementi dettati dall’esperienza quotidiana dei servizi.
Insomma un grido di dolore, reso ancora più drammatico dal covid, e che rischia di rimanere ancora una volta inascoltato.
Se è vero, infatti, che negli ultimi cinque anni i minori in carico al servizio sanitario per problemi di dipendenza sono raddoppiati, è purtroppo altrettanto tristemente vero che l’intero sistema di cura e riabilitazione per le dipendenze patologiche è scritto per altri, o meglio per un’altra epoca, quella della fine degli anni 80. Siamo infatti ancora fermi ad una legge, la 309 del 1990, nata come risposta all’eroinomane “classico”, costruita su un approccio ormai vecchio, incapace, come dimostrano i dati, di rispondere in modo adeguato alle esigenze di un fenomeno che è invece in costante evoluzione.
Del resto è evidente l’assoluto disinteresse, ormai più che decennale, di una politica sorda alle istanze che pervengono quotidianamente dalla rete dei servizi del pubblico e del privato sociale accreditato. Un problema, quello delle dipendenze, divisivo e poco produttivo in termini di consenso, quindi spesso trattato come polvere da nascondere sotto il tappeto. La pandemia, con la sua drammatica violenza, ci sta mostrando tutta l’inadeguatezza del nostro sistema di intervento educativo e riabilitativo, in particolare con le fasce più giovani.
In tal senso forse il covid potrà essere però un’occasione, l’ennesima, da non perdere.
Ed alcune priorità sono ferocemente attuali.
- Occorre riscrivere immediatamente, in modo condiviso con tutti gli attori del sistema, il modello di intervento, ricostruendo i luoghi del confronto, ad iniziare dalla Conferenza Nazionale attesa ormai da più di 11 anni.
- Ricostruire, il prima possibile, i luoghi della relazione per e con i nostri giovani, garantire sin da subito percorsi educativi strutturati ed in presenza, capaci, seppure nel rispetto delle necessarie misure di sicurezza anti covid, di restituire ai ragazzi, almeno in parte, il tempo perduto.
- Accompagnare le famiglie, supportandole per attraversare questo periodo d’ombra caratterizzato dalla mancanza di certezze e quindi di incapacità a fornire risposte educative coerenti ai nostri figli.
- Fornire adeguato accompagnamento e sostengo alle strutture educative specialistiche, diurne e residenziali, che si occupano di minori con dipendenze, con problemi comportamentali, e con patologie psichiatriche che in questa fase hanno dovuto approntare, nel silenzio e nell’abbandono generale, percorsi educativi-riabilitativi capaci di tenere conto delle mutate esigenze e dell’emergenza sanitaria, prevedendo, prevenendo, le possibili fasi successive.
Luciano Squillaci è intervenuto oggi nella Sessione Tematica FICT “Covid 19: minori, dipendenze e disagio psichico” (vedi allegato) nell'ambito del XXII Convegno dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute della CEI (in corso fino al 13 maggio)
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