Sostenibilità

Immaginare un nuovo paradigma di rete per uscire dalla fragilità

Ricostruire diventa urgente, inderogabile. Perché questo processo si realizzi, serve allora un modello di interazione che veda collaborare insieme sul territorio individui, aziende, istituzioni, enti e organizzazioni che promuovano una società eticamente matura. Dalla prospettiva del “io sono te” si passa al “noi siamo”, dove questo “noi” è la possibilità di portare il sacro nel concreto della quotidianità non come eccezione ma come qualità irrinunciabile di ogni vita

di Stefano Bettera

La fragilità è il tema che caratterizza oggi una condizione individuale e sociale, resa ancora più evidente dalla pandemia, ma con radici antiche. L’emergenza sociale, così come quella ecologica sono, infatti, il risultato della crisi di un modello di sistema non più sostenibile. Ricostruire diventa urgente, inderogabile.

Altrettanto urgente è il cambio di paradigma. Diviene imperativo investire su una nuova idea di comunità di relazioni uomo-territorio che superi il modello antropocentrico e punti, invece, su prospettive, prassi, linguaggi e immaginari capaci di curare la ferita. Se c’è la possibilità di immaginare e realizzare questa nuova società da una prospettiva “spirituale”, umana, senza che questa diventi moralisticamente punitiva, dogmatica o semplicemente pietistica, occorre superare lo schema dell’intervento solidale della sussidiarietà e puntare, invece, sul riscatto e sul merito. Sia come occasione di rivalorizzazione sia dell’individuo che, della comunità stessa in un’unica e contemporanea azione riparatrice. La ricostruzione, la guarigione è una cura integrale dell’intero sistema che parte da e sottende una visione interdipendente dove non esiste più un agente – l’essere umano – e un agito – la comunità, la società, l’ecosistema, il pianeta. Il nuovo modello di mente ecologica che ispira questo intervento di ricostruzione e su cui si fonda la comunità di relazioni affettive, si esprime attraverso alcuni punti cardine: in primo luogo nella dimensione di profonda interconnessione, che si traduce nella disponibilità al riconoscimento e alla testimonianza di una condizione di isolamento, frustrazione, alienazione cui risponde la rete sociale, intesa come modello fondato sulla relazione affettiva, sulla riscoperta dell’amicizia, sul bene comune.

Queste sono le porte di accesso per operare nella società, immaginata come luogo di ascolto, di apprendimento, di educazione a una compassione partecipata. Una rinnovata centralità creativa, quasi artistica, restituita al valore e al merito li presenta come riconoscimento di un diritto al riscatto, alla libertà dalla fragilità operabile dentro la relazione, dentro la comunità che se prende carico. Dalla prospettiva del “io sono te” si passa al “noi siamo”, dove questo “noi” è la possibilità di portare il sacro nel concreto della quotidianità non come eccezione ma come qualità irrinunciabile di ogni vita. Proprio il riconoscimento della potenzialità insita nella condizione di impermanenza che caratterizza la stessa dimensione di fragilità, fa si che questa non sia più uno status, uno stigma, una condanna. Ma la rende superabile, curabile, guaribile e uno stimolo per il cambiamento: la cura, la disponibilità individuale alla presa in carico del problema, sorretta da reali occasioni di sviluppo, agisce come motore di trasformazione individuale e sociale.

Perché questo processo si realizzi, serve allora un modello di interazione che veda collaborare insieme sul territorio individui, aziende, istituzioni, enti e organizzazioni. Che produca occasioni di sviluppo concreto nel micro e nel macro. Serve una rinnovata forma di riscatto che diventi prassi di azione umana e sociale prima e politica poi e che si ponga dunque l’obiettivo di costruire, in primo luogo, una società eticamente matura. Una società intimamente sacra.

*Stefano Bettera è autore e giornalista. Tra i suoi libri, i best seller "Felice come un Buddha", "Fai la cosa giusta" (Morsellini editore) e “Il Budda era una persona concreta” (Rizzoli)

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.