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Comunità educanti: perché la partecipazione collettiva è la base della speranza
Con i Bambini ha presentato il nuovo bando per le comunità educanti: «Noi siamo consapevoli che per curare bisogna curare chi cura», ha detto Marco Rossi Doria. È intervenuto anche il ministro Patrizio Bianchi: «Dobbiamo agire dando non solo un intervento materiale, ma anche restituendo un elemento di partecipazione collettiva, che è la base della speranza. Dobbiamo ricostituire un futuro per i nostri ragazzi, dire che se anche questo momento è durissimo può essere superato, con il lavoro di tutti, con la dignità di tutti»
«La scuola è un grande presidio della Repubblica, anche in luoghi in cui non c’è niente. Può rappresentare la grande speranza di contrastare le povertà nelle loro diverse dimensioni. Però la scuola da sola non ce la fa. Ce la fa quando si allea con i comuni e con le moltissime agenzie che per fortuna ci sono del Terzo settore e del civismo educativo, che riescono insieme alla scuola a rispondere a grandi difficoltà»: così Marco Rossi Doria, vicepresidente di Con i Bambini ha introdotto questa mattina la presentazione del nuovo bando dell’impresa sociale, “Per le comunità educanti”. Si tratta di 20 milioni di euro stanziati nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile proprio per la crescita e la messa a sistema di comunità educanti territoriali.
«Dobbiamo dare una risposta adesso nella crisi sia perché quando usciremo dalla pandemia c’è da fare un grande lavoro di recupero, perché troppi bambini e ragazzi non sono stati raggiunti o sono stati raggiunti in maniera intermittente. Dobbiamo continuare e raggiungere tutti e ciascuno e aprire una nuova stagione per il recupero emotivo di tanti ragazzi, della socievolezza, della speranza di intere famiglie che sono e saranno colpite dalla crisi economica e sociale, che si riverbera sulle aspettative dei propri figli. Serve farlo attraverso una comunità educante che è già in campo ma che ha bisogno di essere educata. Noi siamo consapevoli che per curare bisogna curare chi cura. La circolarità di lessico e vedute, il prospettare nuove vedute e soluzioni, il curare il lavoro tra insegnanti, educatori, allenatori, psicologi… in un territorio le scuole insieme al comune e terzo settore devono poter dedicare tempo e denaro per fare meglio il proprio mestiere – uso mestiere perché il lavoro educativo ha forti elementi di artigianato. Per questo noi finanziamo questo bando dedicato alle comunità educanti, perché le comunità educanti possano rafforzarsi in un momento così critico».
All’incontro è intervenuto il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Qui il suo intervento.
«C’è un problema di un paese che deve ritrovarsi. I ragazzi, tutti, stanno vivendo una condizione che forse i loro bisnonni hanno vissuto, non i loro nonni. Siamo all’uscita, ne stiamo uscendo, siamo all’ultima curva, siamo estenuati ma non possiamo permetterci di non essere presenti. Abbiamo un Paese da ricostruire. Un paese che deve avere al suo centro la scuola e i bambini.
Con i Bambini è non solo una grande impresa sociale ma una grande impresa civica, quella che sta facendo Con i Bambini è un punto di riferimento per tutti
Certo la pandemia ha esasperato le situazioni, ma le disuguaglianze c’erano anche prima. Oggi sono insostenibili ma c’erano anche prima. Un Paese con il più alto tasso di dispersione, esplicita e implicita, con quel meccanismo che nasceva dalla povertà materiale ma la reiterava e condannava alla povertà materiale. Noi dobbiamo spezzare questo circuito infame. La via è quella che voi avete indicato: bisogna costruire la comunità, una comunità educante, fare un patto di comunità fra tutti coloro che assumono la responsabilità di costruire una comunità civile. Così facendo stiamo dando concretezza all’art 2 della Costituzione, che è il mio personale punto di riferimento: la Repubblica riconosce i diritti personali, delle persone, che sono inviolabili e vengono prima della Repubblica.
Ma questo richiede da parte di tutti l’inderogabile dovere della solidarietà. Una solidarietà competente, capace, organizzata, strutturata. Allora quello che noi chiamiamo Terzo settore deve tornare ad essere la struttura portante di un paese che si riconosce nella molteplicità della partecipazione alla vita collettiva, alla vita della Repubblica.
Noi siamo un Paese che ha ancora troppe diseguaglianze. Ci sono diseguaglianze di genere che non sono accettabili. Ci sono diseguaglianze fra i territori che non sono sostenibili. Ci sono diseguaglianze sociali che minano la nostra democrazia. Allora questo Bando arriva nel momento giusto, bisogna investire non solo sulle persone ma sulla loro partecipazione attiva alla vita collettiva. Un bando che non ha solo elementi di novità importanti rispetto al quadro italiano ma anche a quello europeo. Bisogna investire sulla capacità di disporre una partecipazione basata su un volontariato competente che ha bisogno di essere riconosciuto ma anche formato.
Il nostro obiettivo è costruire comunità educative. Abbiamo un enorme numero di soggetti che sulla base del principio di solidarietà, laica e repubblicana, sono oggi in grado di mettersi al servizio del Paese, ma bisogna che tutto il Paese si metta al servizio uno dell’altro, che tutte le persone sentano il dovere che “tutti" si coniuga con "ognuno”.
Però una considerazione va fatta: partiamo dall’emergenza, con aree di fragilità che erano presenti e che sono state esasperate. Lì noi dobbiamo agire. Agire dando non solo un intervento materiale, ma anche restituendo un elemento di partecipazione collettiva, che è la base della speranza. Dobbiamo ricostituire un futuro per i nostri ragazzi, dire che se anche questo momento è durissimo può essere superato, con il lavoro di tutti, con la dignità di tutti. Non ci sono gruppi di persone che hanno diritto rispetto ad altri, il diritto o è di tutti o non è, però ha delle declinazioni: c’è un diritto formale – e noi abbiamo una Costituzione che in maniera inequivoca li stabilisce – poi c’è un diritto materiale, sono in grado di esercitare quel diritto e poi le competenze per farlo. La scuola non è un accessorio o un diritto formale, è il modo in cui tutti sono in grado di esercitare le loro competenze perché hanno la parole per dirlo e per fare della loro opinione quella partecipazione attiva che fa la base dalla Repubblica».
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