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«Ci sono persone che fanno la differenza, l’ambasciatore Attanasio era tra queste»

La morte dell'ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo sta scuotendo la comunità internazionale. Non solo per la gravità del fatto ma, spiega il missionario congolese Ghislain Nkiere, per «la dimensione umana di Luca Attanasio, un uomo coraggioso, generoso, sempre pronto ad aiutare il prossimo»

di Marco Dotti

Molti sono i dubbi sulle circostanze in cui hanno trovato la morte l'ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci che lo scortava e il loro autista congolese.

A ucciderli, mentre si recavano in visita a una scuola gestita dal World Food Programme, nei pressi di Rutshuru, pare siano stati sei miliziani. Forse li hanno portati via, verso la città di Goma, prima di ammazzarli.


Dubbi a parte, su Luca Attanasio, 43 anni, ci sono delle forti certezze: era un uomo votato alla solidarietà, all'empatia, all'aiuto disinteressato. Non si risparmiava.

«L'avevo incontrato appena un mese fa, posso dire che era un uomo generoso, che ha voluto sempre aiutare il prossimo», racconta il salesiano don Ghislain Nkiere, referente locale di Missioni don Bosco. Perché si stava recando nei pressi di Goma, una zona ritenuta pericolosa? «Era un uomo che non si faceva raccontare le cose, ma voleva vedere da vicino le difficoltà in cui vive quella popolazione tenuta in scacco dai gruppi armati. Era normale, per lui, muoversi per il Paese anche in zone come quelle dell'est del Congo che, in certe aree, sono pericolose».

«L'ambasciatore Attanasio ha aiutato la nostra casa per i ragazzi e le ragazze di strada», spiega ancora padre Nkiere. «Ci è venuto a trovare per portare cibo, ma soprattutto per incontrare i ragazzi. Era una persona vicina alle persone. Proprio questa volontà di stare vicino alle persone, vivendo quello che loro vivono, lo ha portato vicino al pericolo».

«L'agguato è avvenuto a tre chilometri dalla città di Goma lungo l'asse di territorio che va verso l'Uganda. Una zona da tempo problematica per la presenza di gruppi ribelli», spiega Monica Corna, capo missione del VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) che da diciotto anni lavora in appoggio ai progetti salesiani in quest'area.

«Conoscevo l'ambiasciatore dal 2017, quando è arrivato nella Repubblica Democratica del Congo». Giovane, pieno di voglia di fare. Subito, spiega Monica Corna, «è venuto a visitare il lavoro dei salesiani, voleva vedere con i propri occhi e capire se c'era bisogno del suo aiuto».

Anno dopo anno, «tornava a Goma e dava del "tu" a tutti. Trattava tutti come amici, non solo gli italiani, ma anche i congolesi. Era una persona estremamente loquace: gli piaceva dialogare e parlare con la gente e da questo dialogo capiva molte cose che, altrimenti, gli sarebbero sfuggite».

Quello che è successo ha scioccato tutti. Ma, soprattutto, «ha colpito i congolesi che sono addoloratissimi perché, ancora una volta, il loro Paese viene macchiato dalla violenza». Ma, nonostante la perdita, «non dobbiamo dimenticarci che l'ambasciatore Attanasio stava facendo qualcosa di importante: voleva conoscere e vedere con i propri occhi una realtà che, in questo momento, è problematica e contribuire a cambiarla in meglio».

La sua eredità? Monica Corna non ha dubbi: «la relazione. Non era solo una sua qualità personale, era un metodo». Anche in situazioni complesse, conclude Monica, «la persona fa ancora la differenza e lui faceva tutta la differenza del mondo».

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