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Da Salvini a Lamorgese, sui soccorsi in mare ora tocca a Draghi
Oltre 800 migranti respinti nelle ultime ore in Libia, barconi a rischio naufragio e sbarchi autonomi a Lampedusa dalla Tunisia. E con l’Ocean Viking con a bordo più di 400 persone, tra cui tanti minori. È quanto succede in queste ore nel Mediterraneo centrale. Dati e numeri a confronto che indicano una sola rotta possibile
Nelle ultime 24 ore sono stati respinti in Libia almeno 800 migranti dei circa mille partiti in questi giorni con imbarcazioni di fortuna. A confermarlo è l’Organizzazione internazionale per le migrazioni presente in Libia che vede impegnate le loro squadre nei punti di sbarco e ribadisce come la Libia non sia un porto sicuro. I migranti che vengono riportati indietro dalla cosiddetta guardia costiera libica finiscono inevitabilmente nei centri di detenzione dove per tentare il viaggio saranno costretti a subire altre estorsioni alimentando così il traffico di esseri umani.
Numeri dietro cui ci sono storie di uomini, donne e bambini che costituiscono il pesante faldone chiamato “Libia” che il nuovo governo Draghi, insieme alle tante emergenze sociali, economiche e sanitarie del Paese, dovrà affrontare. Non dimenticando i volti, le urla di dolore dalla lancia di salvataggio della Open Arms, come quelle della madre del piccolo Joseph, il bimbo di sei mesi morto a novembre e sepolto nel cimitero di Lampedusa.
L’operato dell’ex ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha per certi aspetti rappresentato una parziale modifica rispetto a quanto fatto dal suo predecessore Matteo Salvini in tema di soccorsi in mare: «Pensiamo ai casi di blocco con fermi amministrativi delle Ong non più configurabili come divieti di ingresso. Lamorgese ha fatto le sue scelte in virtù di un atto politico senza adottare scelte illegittime e arbitrarie imposte in precedenza da Salvini. Scelte supportate dal voto del Parlamento che in più occasioni ha confermato gli accordi con la Libia, a larga maggioranza», spiega l’esperto di diritto d’asilo Fulvio Vassallo Paleologo.
Guardando i numeri, raccolti da Eleana Elefante del team Advocacy & Communication di Mediterranea che costantemente monitora i flussi migratori del Mediterraneo Centrale, il numero di respingimenti in mare delegati ai libici è stato nel 2018 di 18900 persone, nel 2019 sono stati 9.225, nel 2020 invece 34.476. I morti in mare sono stati circa 1300 quando ministro dell’Interno era Matteo Salvini, 572 con Lamorgese (qui il report di gennaio 2021). «Si può prevedere anche che si apra la rotta tunisina a fronte della situazione assai critica che si vive in quel paese da un punto di vista economico e politico. E anche su questo punto cruciale dovrà esprimersi il nuovo governo», aggiunge Fulvio Vassallo Paleologo.
Intanto nel Mediterraneo Centrale ci sono altre 110 persone a rischio naufragio come segnalato da Alarm Phone che ha allertato le autorità presenti in zona. Sul posto l’Ocean Viking con a bordo più di 400 persone: due imbarcazioni per un totale di 180 persone sono state raggiunte oggi, mentre nei giorni scorsi il team di Sos Mediterranee aveva affettuato altri due salvataggi, la prima nei confronti di 121 persone, la seconda nei confronti di 116 persone che viaggiavano in un gommone strapieno e in pericolo. Tra i naufraghi ci sono tanti bambini.
Credit foto: In cover Hippolyte/Sos Mediterranee
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