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Bosnia, si fermi lo scacchiere della disumanità

Nel gelo e sotto la neve di fine anno alle porte dell'Europa è da tempo in corso una catastrofe umanitaria. Al momento sono 3000 le persone che vagano da giorni nel cantone di Una-Sana, costrette a vivere all'addiaccio con temperature sotto lo zero. 1500 provengono dal distrutto campo temporaneo di Lipa, a 30 km da Bihać. La situazione, già grave in termini di tutela dei diritti umani e rispetto della dignità personale, in Bosnia è precipitata

di Redazione

Sotto la neve di fine anno alle porte dell'Europa è da tempo in corso una catastrofe umanitaria (ne abbiamo parlato qui Rotta Balcanica, attraversare i confini è un game disperato e qui Rotta Balcanica, migranti trattati come gli animali). Al momento sono 3000 le persone che vagano da giorni nel cantone di Una-Sana, costrette a vivere all'addiaccio con temperature sotto lo zero. 1500 di esse provengono dal distrutto campo temporaneo di Lipa, a 30 km da Bihać, per le quali non vi è stata la volontà né dalle autorità locali né da quelle internazionali di trovare una soluzione.

RiVolti ai Balcanichiede l’immediato e urgente intervento di istituzioni europee, internazionali e locali nell’area di Bihać, e una soluzione di sistema a lungo termine che assicuri a migranti, richiedenti asilo e rifugiati il rispetto dei diritti umani fondamentali.

“Come cittadina della Bosnia Erzegovina sento il diritto di insistere e ottenere da tutte le rappresentanze politiche a tutti i livelli che assicurino immediatamente un’assistenza e un alloggio dignitosi a tutte le persone in movimento. E chiedo altrettanto alla comunità internazionale che ha ancora un protettorato in Bosnia Erzegovina che si assuma la responsabilità di questa situazione. Questo crimine contro l’umanità che si sta attuando deve finire subito. Le persone continuano a congelare per le strade e sulle montagne e la domanda è quando cominceranno a morire. Tanti cittadini aiutano singolarmente come possono, ma per fermare questa catastrofe è necessaria una soluzione di sistema che rispetti la dignità e i diritti umani di queste persone. Coloro che operano in istituzioni pubbliche locali e internazionali sono responsabili di questa catastrofe. Non voglio e non accetto che la Bosnia Erzegovina diventi di nuovo una valle di fosse comuni, sinonimo di crimini, morte e ingiustizia”.

“RiVolti ai Balcani” raccoglie e condivide l’appello che arriva da singoli cittadini e cittadine, attivisti e volontari bosniaci oltre che dalla rete regionale Transbalkanska Solidarnost, affinché si fermi la catastrofe umanitaria che si sta consumando specialmente nel Cantone di Una Sana.

Sono mesi che diverse organizzazioni internazionali, associazioni e volontari denunciano le condizioni insostenibili in cui vivono queste persone arrivate attraverso la rotta balcanica della migrazione. In primis nella tendopoli di Lipa, non predisposta per i mesi invernali, dove l’acqua veniva portata da una cisterna e la poca elettricità era prodotta da generatori. Come altri campi di transito in Bosnia, gestito dall’ Organization for Migration (IOM) BiH, ma la cui costruzione o adattamento è in capo alle autorità del paese.

Nonostante l’appello della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa e dell’Unhcr, e del successivo – vano – tentativo del Consiglio dei ministri bosniaco a spingere le autorità cantonali a prevedere un’accoglienza in strutture adatte, IOM ne ha deciso la chiusura e il 23 dicembre – giorno previsto per lo sgombero da parte di IOM – il campo è andato quasi completamente distrutto in un incendio.

Sta nevicando e la temperatura è scesa sotto lo zero. Centinaia di persone si trovano qui bloccate, con un solo pasto al giorno distribuito dalla Croce Rossa locale, altre centinaia si trovano sparse nei boschi senza assistenza.

“RiVolti ai Balcani” si aggiunge ad altri appelli resi pubblici negli ultimi giorni. Quello del 26 dicembre, firmato da Unhcr e IOM assieme a DRC – Danish Refugee e Save the Children che operano nel paese, in cui si chiede alle autorità locali di fornire l’immediata soluzione alternativa di alloggio e viene ribadita la disponibilità delle quattro organizzazioni a sostenere gli sforzi delle autorità locali e organizzare l’assistenza necessaria. Ma anche l’appello dei volontari e attivisti di No Name Kitchen, SOS Balkanroute, Medical Volunteers International e Blindspots rivolto all’Ue e ai suoi Stati membri.

La rete “RiVolti ai Balcani” – composta da oltre 36 realtà e singoli impegnati a difesa dei diritti delle persone e dei principi fondamentali sui quali si basano la Costituzione italiana e le norme europee e internazionali – chiede all’Unione europea, all’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, alla delegazione dell’Ue all’Alto rappresentante in Bosnia Erzegovina, all’International Organization for Migration, al Consiglio dei Ministri della Bosnia erzegovina, alle autorità del Cantone Una Sana e del Comune di Bihać, alle autorità delle due entità del paese – la Federazione e la Republika Srpska affinché: sia trovata una soluzione immediata all’attuale emergenza umanitaria nell’area di Bihać e in Bosnia Erzegovina in generale; siano individuate soluzioni di sistema a lungo termine che dotino la Bosnia Erzegovina di un effettivo sistema di accoglienza e protezione dei rifugiati; sia attivato un programma di evacuazione umanitaria e di ricollocamento dei migranti in tutti i paesi dell’Unione Europea.

Qui l'appello su change.org

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