Politica

Il Governo gioca col cashback: ma la cittadinanza etica si basa su scelte, non su app

Il meccanismo di controllo di flussi e premialità messo in campo dal Governo pone un problema radicale: possiamo trattare i cittadini alla stregua di clienti e ridurre la responsabilità a mero gioco tra incentivi e disincentivi? Il discernimento etico e civile salta quando si utilizzano schemi di gioco per indirizzare i comportamenti pubblici e privati in contesti che col gioco non hanno nulla a che fare

di Marco Dotti

Si chiama nudging e in italiano l'hanno tradotta "spinta gentile": indurre comportamenti virtuosi, progettando ambienti, anche digitali, che premino quei comportamenti e disicentivino quelli di segno opposto e contrario.

Tutto chiaro? Non proprio, soprattutto guardando oltre i dibattiti sul "funziona/non funziona" relativi all'app IO con cui il Governo ha cantato vittoria grazie ai più di 8 milioni di download in 3 giorni.

Il meccanismo del cashback (più spendi con moneta digitale, più ti rimborso) pone un problema di fondo. Un problema etico e politico al tempo stesso. Difetti di progettazione, crash dell'app e via discorrendo vengono dopo. Molto dopo.

Problema etico: perché consegnare a processi di gamification (ma qui, visto il contesto e il mal funzionamento dell'app, parlerei di gamblification), riducendo dentro schemi di gioco, quello che un gioco non è? Per capirci, i meccanismi di cashback sono utilizzati per attrarre e fidelizzare le prede proprio da quei dispositivi dell'azzardo di massa che questo governo si vanta (a parole) di voler contrastare: slot e gratta e vinci, in particolare. Non a caso, negli anni scorsi, c'è chi ha pensato di servirsene (dopo tutto, anche i dispositivi dell'azzardo di massa… funzionano) a fini sociali e mutualistici…

Ma torniamo al problema etico: affidarsi a processi di gamification per indurre comportamenti virtuosi – ammesso sia questo lo scopo reale del cashback di Stato – è tanto più pericoloso quanto più "funziona".

«Eppur funziona!», gioiscono i sostenitori del provvedimento… Funziona? Forse sì, ma il prezzo da pagare è alto. Il prezzo sono educazione condivisa, libertà e discernimento: i miei comportamenti virtuosi sono tali perché credo in quei comportamenti e me ne assumo la responsabilità o perché li scelgo unicamente per ricevere un premio come davanti a una slot machine e, quindi, senza alcuna assunzione reale di responsabilità?

Si apre un doppio problema politico. Primo lato del problema, messo in evidenza da chi ha considerato quanto poco sia piaciuta la app Immuni agli italiani, una app impostata su un principio di responsabilità e non di premialità (anche qui, prescindiamo per un momento dai pur più che legittimi dubbi sulla progettazione e l'efficacia di Immuni): più procederemo sulla strada della ludocrazia, ovvero della gamification per mano pubblica e meno responsabilizzazione avremo. Meno responsabilizzazione significa meno senso civico. Meno senso civico significa più delega. Una democrazia del sorteggio, insomma.

Il discernimento etico nella gamification salta. Non servono task force per capirlo.

Secondo lato del problema politico: illudersi che basti la suddetta logica binaria "funziona/non funziona" per risolvere problemi complessi come il riciclaggio e il contrasto all'illegalità finanziaria. Il cosiddetto "nero", che oggi circola molto più sulle piattaforme che per strada.

Stiamo assistendo all'imbarazzante deriva: il moltipicarsi dell'esternalizzazione delle scelte di governo attraverso la moltiplicazione dei pani (i tavoli) e dei pesci (task force), dalla lotteria degli scontrini, fino all'assegnazione di colori e categorie di rischio alle Regioni attraverso un fantomatico algoritmo di cui nessuno ha mai visto codici e struttura. E ora anche il cashback che vorrebbe esternalizzare anche le scelte etiche dei cittadini.

Il tutto per via tecnica. Pensare che quello del cashback sia un tema tecnico e che la tecnica sia neutrale rispetto alla politica è "il" problema. Un problema macroscopico di governance e indirizzo.

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